Mentre aspettavo che chiamassero il mio numero come in salumeria, mi sono premurata di nascondere il giornale in borsa, certa che mi sarebbe toccata la solita infermiera cattiva ed enorme che mi provoca sempre ematomi color viola e verde smeraldo nell’incavo del braccio. Invece al box prelievi 16 c’era un ragazzo pelato che mi ha accolta sorridente.
Mi sono tirata su la manica sinistra e ho aspettato guardando dritta davanti a me.
“Tutto bene?”
E’ che non sono una di quelle che sviene quando vede un ago, ma nemmeno una maniaca di cose appuntite che ti conficcano sottopelle.
Mentre mi sottraeva preziosi litri di sangue… “Cosa fai di bello nella vita?”
A parte che mi devono spiegare perché si usa dire “di bello” o “di buono”, come fosse scontato che ciò che uno fa o mangia sia di necessità gradito o benaccetto.
“Studio lettere classiche”, sempre guardando il muro verdino.
“In questo mondo di veline una ragazza intelligente?”, chiede ridendo.
Allora lì ho dovuto farmi violenza e girarmi verso il braccio emostatizzato perché non potevo che guardarlo in faccia, dicendogli: “Mi mancano 20 centimetri di altezza e due taglie abbondanti di reggiseno, per fare la velina. Buona giornata”.
E poi non chiedetemi perché io stia facendo centinaia di esami e controlli; tanto so che non c’è nulla che spieghi perché se vedo una coppia che si bacia alla fermata dell’autobus alle otto del mattino mi viene da vomitare;
perché se un’altra coppia ostruisce l’intero marciapiede tenendosi abbracciata e facendomi schiantare sulla ringhiera, non volendosi lasciare nemmeno per un secondo, mi viene una gran voglia di picchiare lei, lui e la ringhiera;
perché se l’architetto che ci illustra la mostra di Matisse da lui allestita sostiene che “lo schiavo morente di Michelangelo ha un’espressione non sofferente ma di uno che è vicino, scusate la parola, all’orgasmo” io riesca a rispondere solo che purtroppo il suo ruolo gli dà diritto a dire qualsivoglia, mi scusi la parola, cazzata;
perché non tollero fisicamente il fatto che – ben conscia della globalizzazione – una che sta al gazebo-iscrizioni del pdl abbia il mio stesso cappotto rosso.
Certo poi lei ha pure una pettinatura curatissima e all’ultima moda, stivali firmati e una taglia 38.
Ma se al tuo gazebo ci sono solo altri due figli di papà e quasi tutta la gente del sabato pomeriggio in centro città blocca il passaggio degli autobus per sentire la coordinatrice bresciana di L&G, allora forse non m’importa il perché della rabbia, dei pianti, della gastrite e del mio dolore non solo fisico; e tu, tu puoi pure prendere il tuo cappotto e baciare il mio regale sedere.
Taglia 42.
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