Capannoni ed edifici industriali, ma anche uffici, abitazioni private e scuole: da Casale Monferrato a Siracusa. A più di 20 anni dalla legge nazionale, l’Italia non si è ancora liberata dall’amianto. Le stime parlano di quasi 34mila siti ancora da bonificare per oltre 32 milioni di tonnellate di amianto sparso in tutto il Paese. Secondo l’Ispra, con gli attuali ritmi di bonifica, serviranno ancora 85 anni per liberare il paese dalla fibra killer. Non fanno eccezioni luoghi simbolo come la sede storica dellaRai di viale Mazzini, mentre i picchi più alti si registrano in Abruzzo e Marche.
La mappatura dell’amianto presente in Italia
Quasi 34 mila i siti di amianto in Italia, in Sicilia e Calabria nessuna rilevazione. Sono 33.610 i siti di amianto in Italia, o meglio, sono quelli censiti, perchè da Calabria e Sicilia (salvo scarsissimi dati) persiste da anni un black out di informazioni. Per la verità sulla mappa del ministero dell’Ambiente anche la Campania risulta “pulita”, ma sembra che qualche dato sia emerso. E di queste migliaia di puntini del cosiddetto Piano nazionale amianto, aggiornato al luglio 2014, la maggiore concentrazione è soprattutto nelle Marche e nell’Abruzzo (50% dei dati), e un po’ su tutto il versante adriatico. “Ma moltissime aree di impianto particolarmente rilevanti in termini di necessità di intervento, quali, ad esempio, lo stabilimento ex Isochimica di Avellino o l’ex stabilimento Cemamit a Ferentino (FR) – osserva il ministero – non rientrano tra i dati censiti”. La mappa sullo Stato delle bonifiche indica che solo 832 sono i siti bonificati, 339 quelli parzialmente bonificati (con prime misure di messa in sicurezza con le risorse economiche disponibili) e 30.309 quelli ancora da bonificare.
La presenza di amianto nelle scuole, in edifici pubblici, industrie, ospedali e residenze. La presenza di eternit o di cemento-amianto riguarda scuole (che per le Regioni hanno la priorità nei finanziamenti per la bonifica), tetti di edifici anche pubblici, ospedali, case di riposo, aree residenziali e industriali attive o dismesse (779 in totale). Ma la mappatura non è proprio fedele alla realtà perchè c’è disomogeneità nei criteri di raccolta dati da parte delle Regioni e delle Province autonome – che entro il 30 giugno di ogni anno hanno l’obbligo di trasmettere i dati sulla presenza di amianto – nonostante le modalità di esecuzione della mappatura siano state concordate e definite a livello nazionale.
I siti di interesse nazionale da bonificare dall’amianto: Broni-Fibronit (PV), Priolo-Eternit Siciliana (SR), Casale Monferrato-Eternit, Balangero-Cava Monte S.Vittore (TO), Napoli Bagnoli-Eternit, Tito-exLiquichimica (PO), Bari-Fibronit, Biancavilla-Cave Monte Calvario (CT), Emarese-Cave di Pietra (AO). Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha presentato una richiesta di quasi 360 milioni a valere sul Fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Il numero totale delle discariche operative, nel 2010, che hanno smaltito rifiuti di materiali da costruzione contenenti amianto, sono 22 (10 al Nord, 4 al Centro e 8 al Sud). Delle 90 mila tonnellate (90,2% del totale) di questi rifiuti smaltiti in discarica per rifiuti non pericolosi (secondo l’Ispra) circa 60 mila vanno nel Nord del Paese, poco più di 23 mila al Centro e 7 mila al Sud. La regione che smaltisce la quantità maggiore è il Piemonte, con oltre 39 mila tonnellate (39,3%). In questi ultimi tempi, a causa dell’esaurimento di queste discariche e la mancata costruzione di nuove, spiega l’Ispra, molti rifiuti sono stati esportati in paesi comunitari, come Germania e Austria.
In sospeso il Piano Nazionale Amianto, il caso della Cemamit di Ferentino. Il Piano Nazionale Amianto è stato predisposto dal governo all’inizio del 2013, ma mancano le coperture finanziarie. Ritardi, blocchi che hanno dato il via libera a vere e proprie discariche a cielo aperto, come quella di Ferentino. E’ qui che la ex Cemamit ha prodotto manufatti in cemento amianto dal 1965 al 1984. Un ex lavoratore, Antonio Filonardi, riferisce che nella Cemamit “consumavamo circa 200 quintali al giorno. Un’esposizione enorme. C’erano circa 10mila fibre litro di esposizione”. E le conseguenze si sono fatte sentire. Franco Carini racconta che su 200 lavoratori “73 sono morti quasi tutti per malattie asbesto correlate”. A distanza di 30 anni i cittadini continuano a respirare la stessa aria.
La sede Rai di via Mazzini e l’annoso problema dell’amianto. Secondo quanto riferisce Roberto Rao, ex parlamentare Udc e ex membro della commissione di vigilanza Rai, “l’idea della Rai era di spostare definitivamente la sede della direzione generale e che stavano cercando sul mercato un palazzo e degli immobili in grado di ospitare quella che fino ad oggi è stata la sede storica della Rai”. Ma il progetto annunciato dal direttore generale, Luigi Gubitosi di traslocare in altra sede, entro gennaio 2014, per avviare le bonifiche resta disatteso a quasi un anno di distanza. Una situazione che preoccupa i sindacati che denunciano una messa in sicurezza parziale che interessa solo l’ingresso di viale Mazzini “a tutela solo di ospiti e conduttori” mentre i lavoratori restano ostaggio degli altri 8 piani ancora da bonificare.