Nelle partite equilibrate per raggiungere la vittoria devi saper sfruttare i tuoi punti di forza e/o i punti deboli dell’avversario. Un po’ di sano cinismo. E’ questo ciò che l’Italrugby ha saputo avere ieri sera al BMO Field di Toronto. Di sicuro più di qualcuno storcerà il naso, parlando di ugly win, ma quante volte si è parlato della necessità di abituarsi a vincere, anche giocando male? Che non c’è miglior allenamento alla vittoria che la vittoria stessa? Forse in giro c’è ancora chi pensa che al Canada si possa rifilare un trentello, dimenticandosi come ci siano subito dietro nel ranking, e che in caso di vera figura da cioccolatai ci sarebbero passati davanti. Io son andato sugli spalti aspettantdomi personalmente una partita equilibrata e sperando di vedere qualche giovanotto mettersi in luce.
Gli azzurri han giocato con buona intensità. All’inizio non han avuto il controllo dell’ovale, con i canadesi a manovrare a folate. I primi 10 minuti non son stati di buon auspicio: canadesi più efficaci, un paio di placcaggi non chiusi e di scelte non azzeccatissime (un calcio di Benettin che non trova la touche) han fatto temere il peggio, ma l’Italia è riuscita a rimanere disciplinata ed a non concedere molto, se non una punizione dopo una touche. E’ poi salita pian piano di tono e fatto capire che spazio in mezzo non ce ne sarebbe stato. Han mostrato la via gli avanti ed i centri che han ridotto i placcaggi a indietreggiare bloccando tutto quello che passava da quelle parti (o quasi, Sgarbi e Pratichetti han mancato sì e no un placcaggio a testa). Non riuscendo a guadagnare molto spazio palla in mano, al Canada rimaneva solo il piede di Evans per guadagnare terreno, con un paio di belle touche trovate nei 22.Serrando i rubinetti canadesi, l’Italia guadagnava fiducia anche in attacco.
Attacco fatto di cose molto semplici. Ball carrier a sfondare la linea avversaria, andando dritto per dritto, pochi fronzoli dei nostri backs, con entrambi i centri solo a sfondare, le nostre ali han visto ben pochi palloni, Venditti un paio, Benvenuti giusto qualcuno di più, compreso un passaggio da ospedale di Tebaldi che ha optato per il lato chiuso difeso da ben 3 canadesi in ritardo sul ripiazzamento difensivo dopo un ruck a cui non è parso vero di trovarsi in 3 contro l’azzurro. Bravo Benvenuti in questo caso (buona prestazione, solida e sempre presente, unico nella linea arretrata a provare linee di corsa diverse da quella retta a sfondare) a cambiare direzione e cercare il sostegno in mezzo senza perdere il pallone.
L’Italia ha cominciato ad alzare il ritmo con gli avanti mettendo pressione nei 22 Canucks, approfittando della superiorità assoluta in mischia, chiamata in causa spesso e volentieri per gli errori di handling di ambo le parti e che è stata la vera croce canadese e la delizia italiana. A dire il vero la prima linea italiana ha fatto davvero un buon lavoro anche in campo aperto sia in attacco che in difesa. Menzione d’onore per D’Apice, davvero impressionante nei suoi sfondamenti, come fosse un veterano. Al di là della meta nel secondo tempo da maul avanzante, si è fatto notare in più di un occasione come ball carrier alla Servat. Da migliorare un po’ i lanci, la touche ha sofferto un po’, ma ce lo si immaginava senza un capitano delle rimesse. E se si confronta la prestazione del disastroso tallonatore canadese Pletch, il raffronto tra i due hooker è impietoso.In match serrati e chiusi come questo a fare la differenza può essere un colpo di genio o una vaccata. O meglio due. La mediana italiana ha letteralmente regalato la meta canadese, prima con una scriteriata scelta di Burton di calciare un up and under unsensible lungo direttamente nei 22 per il mark di Trainor. Poi sul rilancio dai 22, Tebaldi manca prima il pallone e poi serve sempre a Trainor (un fulmine, le due ali canadesi pur non essendo grossi come North e Venditti avevano una velocità di base incredibile nei loro chase) la palla perché si involi in mezzo ai pali. Invece di ammazzare la partita, l’Italia è riuscita a mettersi con le spalle al muro da sola.
Nel secondo tempo l’Italia ha avuto ancora una volta il merito di non scollarsi, di restare unita e di continuare con le fondamenta gettate nel primo tempo. Tanto gioco degli avanti e superiorità in mischia. Così da una maul avanzante dopo una line out è arrivata come detto in precedenza la maeta di D’Apice (poi sul calcio di rinvio però gli azzurri han concesso subito una facile punizione che Pritchard non ha sbagliato), e poi la mischia si è guadagnata un altro paio di punizioni che Burton ha infilato per incrementare il divario fino al 25-16 finale.
Che dire? I critici diranno che si è giocato male, che la mediana è stata pessima, che i nostri backs non si son visti. Tutto o quasi vero. Ma rimango dell’idea che se voglio vedere del gioco tutto corsa e velocità e rugby champagne con il French flair mi guardo altre squadre. Avevamo una netta superiorità e la abbiamo sfruttata.Per parlare dei singoli: menzione speciale per Benvenuti, D’Apice, ma anche Benettin, bei rilanci palla in mano, diversi dallo sfondatore Masi. Bene Rizzo, Castrogiovanni meno potente ed impulsivo del solito (sarà la captaincy?) ma sempre presente, così come Favaro e Sgarbi che non si risparmiano per niente. Bene Gori quando è entrato che ha ravvivato le uscite dalle ruck, mentre Tebaldi non è piaciuto: poco incisivo, piuttosto lento, e molto nervoso, è entrato in un paio di zuffette subito dopo l’errore, si vede che il nervosismo lo ha fregato un pelo. Burton non malissimo, ha piazzato, nel primo tempo ha fatto un paio di scelte sciagurate ma nel secondo tempo ha trovato un paio di belle touche profonde, certo non ha fatto giocare i centri e le ali, ma con quel che passa il convento… Statico Venditti, ogni volta che un’ala agile passava da quelle parti tremavan le vene ai polsi: non ha ispirato molta sicurezza.
Nota finale: strano da capire il nervosismo al termine di Mauro Bergamasco. Entrato in campo si è dato più da farea ad azzuffarsi con gli avversari che a giocare. Ma chissà cosa succedeva in quelle ruck…@elpigna