Anna Lombroso per il Simplicissimus
Non si resiste a lungo sull’autobus n.3 che sostituisce la vecchia e sferragliante circolare. Non è questione di etnie, non distingui tunisini, romeni, cingalesi, quelle sono le facce tutte uguali del popolo universale dei poveri, tese e impaurite, regolari o irregolari, le unisce, in fattezze e sguardi tutti precisi degli occhi bassi, uno spavento diffidente di noi, del nostro prepotente potere di padroni di casa e delle loro vite. Non si resiste a lungo. Eppure c’è silenzio nel bus n.3, tutti sembrano intenti ai loro tormentosi e antichi rovelli, quelli dei poveri di sempre, i contadini diventati manovali dei tram del boom di Milano o di Torino. Ogni tanto uno scoppio di voce dentro un cellulare ansioso, lamentoso o aggressivo, poi di nuovo il silenzio della tribolazione assidua e travagliata degli esclusi. Non si resiste a lungo, c’è quell ‘acre odore di fritto irrancidito che impregna gli abiti dei ragazzi che lavano le stoviglie nelle hosterie romane, dal “bujaccaro” che ormai propone insieme alla coda alla vaccinara il kebab e il sushi. Certo, dormono vestiti nelle stanzone dove si avvicendano in miserabili turni su miserabili letti affittati da miserabili profittatori.
Sul n.3 anche oggi c’era silenzio, mica si parla dei disperati a Bari, delle loro rabbiose interminabili attese delle risposte alle richieste di asilo del numero crescente di dinieghi, dell’inciviltà dei centri di accoglienza. Per quelli che viaggiano sul 3, col biglietto perchè si ha paura anche del controllore, quelli delle legittime rivolte sono un pericolo, quelli che si ribellano al sopruso costituiscono un rischio, richiamano l’attenzione sulle schiere di “nascosti”, di sottomessi, di clandestini anche quando si è regolari, di invisibili, come li vogliamo noi.
Anche per quello non si resiste a lungo sul n.3, per non guardare come stiamo diventando? Spaventati, rassegnati, assoggettati, ubbidienti perché dobbiamo tenerci cara una sottospecie di cittadinanza, quella del lavoro anche precario, dei piccoli privilegi, della sopravvivenza, di una sicurezza fatta di garanzie a spese degli altri e della protezione di potenti.
Così come sul n.3 si sta separati in casa: coesistenza senza convivenza, ostili e intrisi di pregiudizio, incerti, impauriti gli uni degli altri. Se proprio vengono, se proprio non si riesce a fermarli alle frontiere, se proprio non si può ricacciarli, se proprio ci è utile impiegarli in quote a fare quello che non vogliamo fare noi, allora stiano per conto loro, seguano di soppiatto come una colpa usi, tradizioni, religione. Se ci prendono malvolentieri, se ci trattano come invasori mal sopportati, se guardano a noi come a un bubbone che puzza beve trasgredisce violenta, brutto e minaccioso, allora sono nemici, ci negano e noi neghiamo loro, sono gelosi della loro identità e noi teniamo chiusa dentro di noi, ben custodita la nostra insieme alla nostra collera.
Non è bello un Paese che si vive come il bus n.3. Dove tutti sono clandestini del futuro.