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L’Italia e i poteri forti

Creato il 16 settembre 2011 da Casarrubea

Questo articolo di Palmiro Togliatti sull’Italia e l’ingerenza straniera ci pare molto attuale. Comparve su “L’Unità” il 4 maggio 1947, nei giorni successivi alla strage di Portella della Ginestra, e qualche mese dopo il viaggio di Alcide De Gasperi negli Usa.

L’intervento straniero

L’Italia e i poteri forti

Palmiro Togliatti

Quello che vi è di grave nella situazione odierna del nostro Paese – e ammetto che qualcosa di grave, oltre a ciò che deriva dalle distruzioni di guerra e da altre difficoltà oggettive, veramente c’è – mi sembra sia da porre essenzialmente in relazione con due fattori. Il primo fattore è un’aspra lotta dei gruppi possidenti più ricchi contro la grande massa della popolazione che vive di indigenza e di stenti. Il secondo è un tentativo sempre più aperto, che è difficile però dire se sia diretto o indiretto, di intervento straniero nelle cose nostre.

La lotta dei ricchi contro i poveri (così chiamerei, tanto per intenderci, quello che ho indicato come il primo fattore) è nella sua essenza una lotta contro la democrazia. E ben si capisce il perché. La grande maggioranza del popolo italiano non soltanto sta male perché non ha di che soddisfare le necessità elementari della sua esistenza, ma è in esso anche la coscienza oscura del modo come sarebbe possibile farlo stare, se non bene del tutto, per lo meno meglio di quanto non stia ora. E’ convinzione diffusa in tutti gli strati del popolo che per ottenere questo risultato sarebbe necessario e forse anche sufficiente introdurre un po’ più di ordine e un po’ più di giustizia nelle nostre cose economiche: e questo vuol dire  essenzialmente combattere e sradicare la speculazione, far contribuire i ricchi, nella misura delle loro ricchezze, alle spese della ricostruzione, eliminare la corruzione, e pur senza soffocare la iniziativa privata, dare alla attività produttiva e agli scambi, un impulso e indirizzo tali che assicurino il massimo di vantaggio per la collettività nazionale, e non soltanto per singoli ristretti gruppi di privilegiati. Un programma di misure concrete ispirato a questi punti essenziali riscuote il consenso, ripeto, della grande maggioranza della popolazione, disposta non soltanto a sostenere senza riserve un governo che lo applichi, ma a lavorare con impegno e sacrificarsi per ricostruire rapidamente tutto ciò che è stato distrutto dal fascismo e dalla guerra.

Ma è proprio a un programma simile che si oppone la piccola minoranza dei ceti più ricchi, degli speculatori, dei privilegiati. Sul terreno della democrazia, sul quale sono eguali tutti gli uomini e non conta un miliardo di più chi ha speculato per un miliardo, questa piccola minoranza è battuta. La sua forza sta nella sua ricchezza che le permette, appunto, di gravare la mano sul Paese e sul suo governo manovrando le leve della speculazione organizzando ostacoli e sabotaggio di una razionale ripresa economica, facendo ricorso senza scrupoli all’arme del panico e -  t’insegni la Sicilia!- persino a quella della provocazione.

Un governo stabile, che goda come l’attuale di una larga base nell’Assemblea elettiva e nel Paese, ma per di più abbia una buona direzione e i nervi a posto, si attenga a un programma anche limitato, ma quello applichi con serietà e tenacia, potrebbe aver ragione senza eccessive difficoltà di una simile opposizione e ridurre anche i più ricchi alla disciplina nazionale [Togliatti evidentemente si riferisce ai comunisti allora al governo].

I guai incominciano quando vengano a mancare al governo alcune di queste qualità, o quando dall’esterno sopravvenga qualcosa che tenda a privarnelo. E qui si pone la questione dell’intervento straniero.

Ho già osservato a questo proposito, ch’è difficile a noi dire se questo intervento sia diretto o indiretto, se si compia cioè attraverso passi e richieste quasi ufficiali (De Gasperi lo scorso gennaio ebbe a negarlo), oppure soltanto attraverso manifestazioni ufficiose di ambasciatori, giornali e giornalisti agli ordini e allo stipendio, e così via. Certo è che l’intervento c’è, e si manifesta, in sostanza, come un invito assurdo a sfasciare il governo per far andar bene le cose. Che cosa infatti vorrebbe dire,  se non sfasciare il governo, il fare una crisi ogni tre o quattro mesi, o il cacciare dalla compagine governativa i partiti, come il nostro, più strettamente legate alle masse lavoratrici?

Perché poi questi partiti dovrebbero esser cacciati dal governo nessuno l’ha detto ancora; e quando qualcuno ha cercato di dirlo, ha messo assieme tante cose sceme e contrarie al vero, da screditare se stesso piuttosto che noi. Fa ridere, ormai, in Italia, sentir questi pseudo americani o filoamericani gridare che i comunisti sono sovvertitori dell’ordine e organizzatori della guerra civile, e distruttori dell’economia. Se questo veramente fossero i comunisti italiani, dietro ai quali sta la maggioranza degli operai e la maggioranza del popolo in regioni intiere, è un pezzo che l’Italia di questo angoscioso dopoguerra sarebbe andata a pezzi. Se non è andata a pezzi, è proprio perché noi lo abbiamo impedito. Ma è forse questo che dà noia a certi signori?

L’intervento straniero è, al pari della lotta dei ricchi contro i poveri, offesa e minaccia alla democrazia. I paesi veramente democratici, com’è l’Unione Sovietica, nemmeno si sognano d’intervenire per chiedere che l’uno o l’altro partito, l’una o l’altra corrente democratica sia esclusa dal governo o no. Purché il fascismo sia distrutto e impedito di rinascere, i popoli devono essere liberi di scegliersi la propria strada e governarsi da sé. Ma qualcuno si impressiona perché noi di un aiuto straniero abbiamo bisogno per uscir dalle secche e avviare l’opera della nostra ricostruzione, e a chi ci aiuterà dovremo pur dar garanzie.

Ma chi le vuol rifiutare queste garanzie? La principale, fra tutte, del resto, è quella d’aver un governo stabile, e governo stabile vuol dire oggi in Italia, essenzialmente e prima di tutto, governo nel quale abbian fiducia le grandi masse del popolo da poco risvegliate alla vita politica: e c’è poco da dire, tutti lo sanno quali sono le organizzazioni e i partiti nei quali queste masse hanno fiducia. Lo ha dimostrato il suffragio universale, norma suprema della democrazia.

Questo, sembra a me, bisognerebbe dire e far capire a quegli stranieri che pensano a intervenire in modo così sguaiato nelle cose nostre. Ma per questo occorre calma, serenità, fermezza: occorre senso di dignità nazionale e fiducia profonda nelle qualità e capacità di un popolo che è stato tratto a rovina dai suoi dirigenti, ma oggi aspira soltanto a essere ben diretto, in libertà e con senso di giustizia, sulla via della sua rinascita. Occorrono quelle qualità che oggi dovrebbe possedere nella più alta misura l’on. De Gasperi, dato che oggi a lui spetta svolgere quest’opera di direzione.

 


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