Il processo mediatico a lui dedicato, si apre con la riflessione legata alla sua assenza ai funerali di Alessandro Romani, il tenente ucciso in Afghanistan per motivi “strettamente personali” ( pare che proprio quella sera si tenesse una festa ad Arcore) e quasi in chiusura di trasmissione il capo del governo ha preso la linea e dopo un pacato ”sono stato invitato a sintonizzarmi su di voi” ha iniziato una lunga serie di improperi nei confronti della trasmissione – definita ”un postribolo televisivo” e sul conduttore. ”Ho visto una conduzione spregevole, turpe, ripugnante”, per finire invitando l’europarlamentare del Pdl, Iva Zanicchi, presente in studio (che peraltro accanitamente e per tutta la puntata aveva tentato una sua difesa), ad abbandonare il programma. Anche questo sembra uno stile distintivo adottato recentemente dei parlamentari del Pdl…
Non volendo schierarmi dall’una o dall’altra parte (in attesa che la giustizia svolga il suo compito), mi abbandono ad alcune riflessioni partendo dall’idea di potere che accompagna la scelta degli italiani che ancora credono e votano un “Berlusconi”. Egli suscita invidia nell’immaginario collettivo e di conseguenza consenso, avvalorando la formula postmoderna che lo “sciupafemmine e il conquistatore” sono concetti fortemente radicati nella mentalità italiana. I suoi eccessi suscitano ammirazione, nonostante le parole del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che nell’intervento con cui ha aperto il Consiglio episcopale permanente ha lanciato un monito chiaro: ”La collettività – ha detto Bagnasco – guarda sgomenta gli attori della scena pubblica, e respira un evidente disagio morale”. E ancora: ”Si moltiplicano notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza, mentre qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine”.
La situazione è amara e l’immagine di un “uomo di potere” che si rende “unico” e “indimenticabile” come un moderno sultano, dalla discutibile “generosità” continua a far durare nel tempo quei concetti di donna merce e di oggetto sessuale, che “ottiene”, grazie alla sua disponibilità opportunista. E ancora più pericolosa è la mancanza di indignazione, uno spartiacque fondamentale in questi tempi in cui l’immagine della donna sembra aver percorso a ritroso sentieri che si credevano ormai superati. Non è più una questione di costume: è una questione di sostanza.