Ci avevo pensato diversi giorni fa quando ho letto della notifica del decreto di carcerazione (esecuzione sospesa) contro Sallusti e della immobilità della nostra politica, che non si decide in questi giorni a depenalizzare il reato di diffamazione, tentando peraltro di inserire nel disegno di legge, norme che escludevano l’incompatibilità tra Presidente di Regione e Presidente di Provincia da una parte e l’essere Parlamentare dall’altra(tanto per rimanere nei vizi schifosi dei nostri poltiicanti).
Sallusti ha più volte dichiarato che non intenderà ricorrere alle misure alternative alla pena. È nel suo diritto finire in carcere, anche perché le misure alternative vanno bene per un delinquente, per qualcuno che ha realmente e concretamente commesso un reato, e non certo per chi ha solo la colpa di aver espresso o di aver fatto esprimere una opinione, che per quanto possa non essere condivisibile, è comunque frutto di quel principio tanto caro – a parole – a noi italiani: l’art. 21 Cost. Un principio che ci è sacro solo e se lo si debba far valere per se stessi e non per gli altri, ai quali magari riserviamo la querela per diffamazione.
Sallusti però potrebbe ricorrere alla Corte di Strasburgo, cioè alla Corte europea per i diritti dell’uomo, e allora per l’Italia sarebbero guai, perché già altre volte la Corte si è espressa in merito all’assurda e liberticida norma italiana che punisce le opinioni con il carcere o con pene pecuniarie pesantissime rispetto alla diffamazione eventualmente subita. È il caso di Claudio Riolo, condannato in Italia per diffamazione e “assolto” dalla Corte di Strasburgo, che ha condannato il nostro paese a risarcirgli 60 mila euro oltre 12 mila euro di spese legali per violazione dell’art. 10 del Trattato.
Non so cosa intendano fare i nostri politici, ma è chiaro che se avessero dovuto risarcire Sallusti (e prima di lui Claudio Riolo) di tasca propria, probabilmente a quest’ora la legge sarebbe già stata approvata da un pezzo. E invece niente. Ora il rischio è che il nostro paese – se mai il giornalista dovesse ricorrere a Strasburgo (e glielo consiglio vivamente) – debba pagare l’ennesimo risarcimento stratosferico oltre le spese legali a chi è stato represso nelle proprie libertà fondamentali. E tutto perché forse a qualcuno fa ancora comodo lo spauracchio del carcere e dei risarcimenti milionari per tenere buoni i giornalisti scomodi (e non solo i giornalisti).