Sciarpe, maglioncini, zucchetti cardinalizi, sindacalisti bianchi, giovani turchi tempratisi ai quiz di Mike Bongiorno e vecchi saggi con barba bianca, si sono mossi decisi a bloccare qualsiasi iniziativa di cambiamento. Nulla dei privilegi, dell’evasione, dei patrimoni, delle ricchezze opache verrà toccato, ma si prenderanno ancora soldi dal sistema pensionistico che non è affatto in difficoltà, per fare qualcosa per i giovani. Anche se non si sa né cosa, né quanto. Si potrebbe sperare in salario di disoccupazione, come quello che esiste da quarant’anni in tutta Europa, ma temo che si tratterà di briciole perché non andando a cercare i soldi dove ci sono, si va solo a raschiare il fondo del barile. Per non parlare dei licenziamenti facili, delle svendite, della riduzione dei servizi che dentro a una crisi di domanda dell’economia reale non servono a rilanciare nulla, se non a mettere ancora più denaro in tasca al 10% della popolazione. Keynes direbbe che ci sono o ci fanno. E sbaglierebbe perché entrambe le cose, tristemente, sono vere.
Sperare di uscirne fuori con qualche macelleria sociale lasciando intatto il modello paese è una pura illusione perché è evidente che la crisi del debito può essere risolta sole se la Ue comprende di dover garantire collettivamente il debito pubblico dei Paesi dell’area euro oppure per alcuni di essi si dovrà arrivare o al fallimento o alla ristrutturazione concordata del debito. In questo periodo è in corso una battaglia ideologica tra quelli che aborriscono il default per principio, paventando disastri immani e quelli che, sempre per principio, non vogliono pagare i debiti fatti da altri e finiti in gran parte in poche tasche.
Ma questa contrapposizione ha solo un senso ideologico perché in realtà ci sono tantissime situazione intermedie: per esempio una ristrutturazione del debito che non tocchi i risparmi privati, né i fondi previdenziali, ma faccia l’haircut ai protagonisti della speculazione, banche private in testa, non sarebbe di per sé catastrofica e anzi fornirebbe risorse, sia per pagare il debito, sia per cercare una via di sviluppo.
Ma non c’è solo questo: i risparmi assurdi e autolesionisti su scuola e ricerca, la polverizzazione aziendale e la struttura stessa del Paese non danno fiducia. Perché vero che a fronte di 1900 miliardi debito ci sono circa 8600 di ricchezza dei cittadini. Ma quasi la metà di questo “tesoro” è in mano al 10% delle famiglie. Senza parlare di ciò che c’è all’estero. Un Paese che non cerchi in questa situazione di riequilibrare i redditi recuperando risorse, semplicemente attuando la fiscalità che esiste in tutto il mondo, non ha molte chances di essere solvibile alla lunga.