L'Italia di oggi secondo gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Nel numero di Sette in edicola venerdì, i due creatori di moda parlano dell’Italia di oggi, poco concentrata sulle proprie eccellenze, dei loro inizi, quando per risparmiare mangiavano «focacce e latte», del lavoro, e della sfera più intima: il rapporto con i genitori, la scoperta dell’omosessualità, il rapporto che ancora li unisce. IL DURO LAVORO - Alla radice del loro successo, sempre una grande capacità di lavorare duro. «E vogliamo insistere, puntando sulla specificità dell’Italia: la bellezza», dicono all’unisono i due stilisti stanchi di un’Italia che disconosce le proprie maestrie: «Gli artigiani, la manualità sono un patrimonio enorme, tutto nostro, italiano, che stiamo buttando via. Perché tutta l’attenzione deve essere concentrata sulla grande industria? Il nostro è il Paese delle specialità. Della perizia artigianale. Noi non siamo la Germania», dice Domenico Dolce al quale si aggiunge Stefano Gabbana: «Non c’è nessuno che difenda queste eccellenze. Divento matto a veder un marchio storico come Richard Ginori che chiude. Perché devo comprarmi della roba tedesca se ho la Richard Ginori che ha una tradizione e un nome straordinari?». IL MINISTRO DOLCE - Se fosse ministro, Dolce «sgraverebbe gli artigiani dal carico fiscale che è davvero eccessivo” e aiuterebbe i giovani “a puntare su se stessi e sul lavoro artigiano per tornare a un’economia su misura della nostra tradizione». Gabbana invece ricorda il suo percorso personale. La scoperta dell'omosessualità, il trauma di un tentato stupro da parte del padre di un compagno di classe quando frequentava le elementari. E l'amore con Domenico Dolce: «Quando la nostra storia è finita abbiamo continuato a lavorare uniti. Questa cosa, Dolce & Gabbana, l'abbiamo creata insieme. E insieme restiamo».
L'Italia vista da Dolce e Gabbana su Sette Magazine
Creato il 01 febbraio 2013 da Dg_victims @DG_VICTIMSL'Italia di oggi secondo gli stilisti Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Nel numero di Sette in edicola venerdì, i due creatori di moda parlano dell’Italia di oggi, poco concentrata sulle proprie eccellenze, dei loro inizi, quando per risparmiare mangiavano «focacce e latte», del lavoro, e della sfera più intima: il rapporto con i genitori, la scoperta dell’omosessualità, il rapporto che ancora li unisce. IL DURO LAVORO - Alla radice del loro successo, sempre una grande capacità di lavorare duro. «E vogliamo insistere, puntando sulla specificità dell’Italia: la bellezza», dicono all’unisono i due stilisti stanchi di un’Italia che disconosce le proprie maestrie: «Gli artigiani, la manualità sono un patrimonio enorme, tutto nostro, italiano, che stiamo buttando via. Perché tutta l’attenzione deve essere concentrata sulla grande industria? Il nostro è il Paese delle specialità. Della perizia artigianale. Noi non siamo la Germania», dice Domenico Dolce al quale si aggiunge Stefano Gabbana: «Non c’è nessuno che difenda queste eccellenze. Divento matto a veder un marchio storico come Richard Ginori che chiude. Perché devo comprarmi della roba tedesca se ho la Richard Ginori che ha una tradizione e un nome straordinari?». IL MINISTRO DOLCE - Se fosse ministro, Dolce «sgraverebbe gli artigiani dal carico fiscale che è davvero eccessivo” e aiuterebbe i giovani “a puntare su se stessi e sul lavoro artigiano per tornare a un’economia su misura della nostra tradizione». Gabbana invece ricorda il suo percorso personale. La scoperta dell'omosessualità, il trauma di un tentato stupro da parte del padre di un compagno di classe quando frequentava le elementari. E l'amore con Domenico Dolce: «Quando la nostra storia è finita abbiamo continuato a lavorare uniti. Questa cosa, Dolce & Gabbana, l'abbiamo creata insieme. E insieme restiamo».
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