A volte, c’è chi la sua strada la trova da subito. Grazie a un regalo. Così Enrique Metinides, il fotografo della morte e delle tragedie, riceve in dono da suo padre una macchina fotografica che è ancora un bambino. E da subito, le sue foto ritraggono quel che un James Graham Ballard descrisse in Crash decine di anni dopo e che David Cronenberg trasformò in un film: la morte violenta, le carcasse di auto, il sangue. Perché Metinides, fin da bambino, si specializza nelle foto di incidenti stradali, e da bambino vede i primi morti assassinati e i primi cadaveri.
Città del Messico, 29 aprile 1979. Adela Legarreta sta correndo alla presentazione di un libro e viene investita da un’auto in Avenida Chapultepec. Questa immagine non fu pubblicata sui giornali il giorno seguente. È troppo forte, troppo perturbante.
Quando Metinides comincia, siamo nella seconda metà degli anni Quaranta. La sua prima foto è pubblicata che lui ha 12 anni e a 13 viene accolto nella squadra di La Prensa, quotidiano di Città del Messico, come assistente. Da allora, sulla sua strada si accumulano innumerevoli corpi, tant’è che in un’intervista video dichiara: «Credo che se si potessero ammassare tutte le vittime e i cadaveri che ho visto in questi incidenti, il mucchio sarebbe alto come una montagna. Non avete idea delle migliaia di incidenti di cui sono stato quotidianamente testimone in 50 anni!». Per anni, 24 ore al giorno, Enrique Metinides ha incrociato la morte nelle sue forme più tragiche: ribaltamenti di autobus, incendi, deragliamenti di treni, precipitare di aerei, «catastrofi da 90, 100, 120 morti».
Città del Messico Colonia Doctores, Niños Heroes, 1966: Questa donna non ha avuto soldi per comprare una bara per sua figlia, che era stata ucciso quando un autobus la investì. Andò in un negozio di bare vicino all’ospedale e iniziò a pregare, gridando aiuto. La gente fece una colletta, e lei fu in grado di seppellire sua figlia con una certa dignità.
E poi gli omicidi, ovviamente. «Sono stato testimone dell’odio e del male, dell’istinto omicida fine a se stesso. Ho visto crimini incredibili commessi da ragazzini o da adulti. Magari per rubare un nonnulla». Una sua passione sono i film di gangster e così, fin da subito, trasporta un po’ del sentire cinematografico sulla scena dei delitti veri: «Trattavo tutte le morti come se fossero l’inquadratura di un film».
Sono foto difficili, che spesso non hanno un mercato. I quotidiani messicani ne rifiutano molte e il valore, anche artistico, del suo lavoro è riconosciuto soltanto all’estero. Le sue foto, infatti, sbarcano anche sul New York Times, vengono organizzate personali e pubblicati libri che raccolgono i suoi lavori migliori, come 101 Tragedies of Enrique Metinides.
Città del Messico, 19 settembre 1985: Il crollo dell’hotel Regis in seguito a un terremoto.
In un salottino tappezzato di crocifissi e pieno di faldoni di materiali archiviati, Metinides racconta la storia di alcune delle sue foto più note. Una donna povera, con una piccola bara bianca sottobraccio dove riporrà il corpo di sua figlia, percorre chilometri e chilometri a piedi, con il peso del suo dolore, perché non ha i soldi per pagare il trasporto del feretro. Il volto bellissimo di Adela Legarreta, una giornalista che stava andando alla presentazione di un suo libro (altrove si legge che era un’attrice) e che morì investita da un’auto in Avenida Chapultepeq: gli occhi liquidi, qualche traccia di sangue, i boccoli biondi e una mano elegante con le unghie appena smaltate. Una foto da tabloid di moda, quasi, incredibilmente sensuale e proprio per questo profondamente perturbante. «Non sembra morta».
Città del Messico, Lago Xochimilco, 1960: Il corpo di un uomo assassinato è scaricato nel canale Xochimilco. Un soccorritore legato a un cavo di sicurezza si occupa del recupero. Sulla sponda opposta, una folla di curiosi.
E poi moltissime foto dove la morte è vista dalla parte dei vivi, il pubblico. Perché la morte è spesso uno spettacolo cui assistere. Una delle foto di Metinides la racconta benissimo, questa cosa. C’è il cadavere di un uomo che galleggia nell’acqua. C’è un uomo che sta nuotando per recuperarlo. E riflessi nello specchio dell’acqua ci sono loro: uomini e donne accorsi per guardare la scena, spinti da una morbosa curiosità.
Classe 1934, ora Metinides non esercita più. Ha subìto due infarti, il dito di una mano è parzialmente immobilizzato, e sulle ossa porta le conseguenze di 19 incidenti avuti sulle autoambulanze o sulla sua moto, mentre cercava di raggiungere i luoghi degli incidenti. I suoi, sono acciacchi diversi da quelli di una vecchiaia “normale”. Ma di ogni foto è in grado di ricostruire meticolosamente la storia: la morte gli è rimasta dentro e non può non toccare chi, a distanza di anni, osserva i suoi scatti. Perché gli occhi spalancati di Adela Legarreta non possono non rimanere impressi. L’incidente più spettacolare? Quello che non ha fotografato. New York, 11 settembre 2001.
di Silvia Ceriani
25 maggio 1969: Centinaia di persone si radunano intorno a un autobus ribaltato nel fiume San Esteban sulla strada fra Città del Messico e Huixquilucan. Dentro c’erano 23 bambini, uno dei quali morì.