Da Spotanatomy
Sembra una delle odierne pubblicità sessiste, o meglio, mi ha dato questa impressione alla prima occhiata.
Questa pubblicità risale al 1976 e appariva in quegli anni in cui le donne rivendicavano i loro diritti e quando non esisteva ancora il modello della Velina.
Questa appariva nell’edizione del 23 dicembre del Corriere del Mezzogiorno, come cita la fonte.
C’è da dire che il mondo pubblicitario non sia cambiato nel modo di rappresentare le donne nonostante il ruolo delle donne fosse cambiato. Immagini simili continuano ad invadere le nostre strade, i nostri quotidiani e i nostri palinsesti televisivi.
Sembra che il ruolo femminile sia rimasto intrappolato dentro degli schemi precisi, quelli che poi hanno influito talmente tanto da contrastare il movimento femminista.
Queste immagini hanno iniziato a diventare assidue a partire dagli anni ’80. Le donne hanno imparato a percepirsi allo stesso modo di come il mondo pubblicitario le rappresenta. Non è un caso che il modello della Velina nasceva proprio in quegli anni. In quegli anni il movimento femminista stava diventando forte e faceva paura.
Non è un caso che proprio in quegli anni nascevano le tv commerciali e proprio da allora le donne smisero di lottare.
La tv commerciale ha strumentalizzato alcune lotte femminili come quella della rivendicazione sessuale e dell’utilizzo della minigonna.
Questa strumentalizzazione non aveva solo fini commerciali ma anche quelli di manipolare le donne convincendole di aver conquistato libertà solo perchè potevano apparire semi-nude e non più nascoste da “velo” come accadeva prima.
In quegli anni era difficile comprendere che si trattava solo di una strumentalizzazione perchè il fenomeno mass-mediatico era troppo recente.
Questo non ha fatto altro che rafforzare altri pregiudizi. La minigonna ad esempio diventò simbolo di seduzione quindi percepita come una provocazione che serve spesso a fornire la giustificazione agli stupratori.
In realtà è sempre stato così, solamente che ormai sono sopratutto le donne a credere che sia così.
Queste immagini sono talmente presenti che le ragazzine vorrebbero diventare Veline in quanto hanno soltanto quel modello a cui riferirsi e perchè viene spacciato pure per vincente (della serie sei bella e puoi avere tutto, una carriera facile e un marito ricco e bello). Il femminismo è diventato un brutto aggettivo e si crede che ormai quelle che appartengono a questo movimento siano solo delle cesse lesbiche invidiose.
Il femminismo è diventato antagonista del velinismo. Essendo considerato un modello vincente, il velinismo e allo stesso tempo anti-femminista non è un caso che chi lotta contro la dilagante mercificazione delle donne viene criticato. Oggi essere sexy sembra sia diventata l’unica virtù femminile su cui contare. Se non sei sexy non sei bella, come se la bellezza dovrebbe dipendere per forza dal sex-appeal.
Il velinismo è sostenuto anche dal nostro Governo. Le tv comemrciali sono governate da Silvio Berlusconi che promuove quest’immagine femminile e se la porta perfino in Parlamento, illudendo le donne di aver portato maggior rappresentanza femminile.
La mentalità italiana alla fine è classica dell’occidente. Nei paesi arabi per “addomesticare” una donna le si levano i diritti fondamentali, in occidente la si convince che è libera quando invece non lo è come dice anche il provverbio “non c’è più schiavo di chi si crede libero”.
Restano i tabù sul sesso, restano i modi per distinguere una donna di malaffare da una donna da sposare, resta ancora la fatica di accettare che una donna sia libera di gestire il suo corpo e la sua sessualità come meglio crede (della serie: se non la dai via sei zoccola o menosa, se la dai troppo sei troia).
Continuano gli attacchi alle conquiste più importanti e faticose fatte dalle donne.
Accusano di bigottismo chi critica l’uso strumentale che si fa sul corpo delle donne da parte della pubblicità e tv commerciale da parte di chi confeìonde ancora l’emancipazione con la mercificazione, ma non accusererebbero mai di bigottismo chi è favorevole che le donne subiscano restrinzioni sulla libertà sessuale.
Secondo questi ben pensanti, criticare se una viene rappresentare semi nuda è bigottismo, chi critica una donna che esce di casa in minigonna è una cosa gisuta. Multare le prostuitute e le cittadine solo per qualche centimetro in meno di gonna idem. Magari gli stessi che non si fanno remore morali a pagare in cambio di sesso.
Per valutare se la società italiana sia realmente cambiata bisogna essere attenti a questi piccoli particolari. Se andassi a fare la spesa in mutande mi accoglierebbero ugualmente?
Il problema è che in Italia il corpo femminile viene sfruttato da tutti per ogni cosa: sfruttato a fini comemmerciali, politici, sociali e via dicendo. Questa non è emancipazione ma un triste regresso della condizione femminile italiana.