Sotto questo titolo appare oggi sul Corriere della Sera un’intervista a Bernard Kouchner, il francese -piu’ volte ministro bipartisan- creatore insieme ad un gruppo di medici di Medecins Sans Frontieres che ha vinto il Premio Nobel per la Pace nel 1999.
Nell’intervista Kouchner sottolinea che “le persone sono preoccupate dalla crisi in casa loro, non ne possono più di pagare per gli altri. E c’è un’inflazione di casi disperati, ormai la gente si è assuefatta, un bambino pieno di mosche quasi non fa più effetto, è un’immagine vista mille volte, dà fastidio più che fare pena. Ci vorrebbero massacri ancora più spaventosi. È orribile”
Difficile però condividere supinamente questa posizione soprattutto per chi, e in Italia non sono pochi, si dà da fare per cercare “davvero” di almeno alleviare quelle situazioni. Non è vero che “ormai la gente si è assuefatta” e che”un bambino pieno di mosche non fa più effetto”, signor ex ministro. Non e’ vero che “ci vorrebbero massacri ancora più spaventosi”.
Il problema, ma credo che questo Lei lo sappia benissimo visto che nello stesso pezzo affronta -solo sfiorandolo per la verità- il tema delle Ong-Organizzazioni non governative, non è che la gente si è assuefatta o che, come cinicamente osserva ancora nell’intervista, c’è “un’inflazione di casi disperati”.
Il problema vero è la trasparenza, signor Kouchner.
Quella trasparenza che spesso spesso manca e che fa si che nessuno sappia più dove sia finito il suo contributo o quanto di quel suo contributo sia veramente stato utilizzato per chi ne aveva bisogno.
Ed a questa regola, purtroppo non sfuggono le grandi Ong, quelle internazionali, quelle “unte dal Signore”, quelle che si fregiano di una storia talmente importante da riuscire a nascondere qualche macchiolina (e, badi, non mi riferisco a “leggende ultraveloci” tipo quella che l’avrebbe vista protagonista qualche anno fa e che ogni tanto rispunta dai cassetti)Mi consenta, come usa dire qualcuno qui da noi, di rilanciare ad esempio una news di “BeniLubero Online, le site du Batisseur de la Nation” che “naturalmente” non ha trovato molto spazio sulla stampa internazionale.
Bene, in questo articolo del 12 settembre scorso si parla di “4 Ong accusate di trasportare armi per gli infiltrati rwandesi” nel Nord Kivu (una delle Province della R.D.Congo).
I nomi o le sigle delle 4 Ong? Presto detto.
Come si può leggere nell’articolo, infatti, si tratta di “HCR (Haut Commissariat pour les Réfugiés)”, “Croix Rouge International (CICR)”, “NRC (Norvegian Refugees Council)” e di “AAA (Agro Action Allemande)”. E se le ultime due magari sono poco conosciute, altrettanto non si può dire per l’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu e della Croce Rossa Internazionale.
E’ vero che le Ong sono cambiate come Lei stesso afferma sempre nell’articolo laddove sostiene che “Ora ci sono i professionisti dell’umanitario, che rischiano e giustamente vogliono essere pagati.
Possono essere anche più efficaci. Ma manca uno slancio collettivo.
Poi, ci sono le rivalità tra le organizzazioni, anche se quelle tutto sommato ci sono sempre state. Per esempio tra Fao e Pam».
Ma allora, forse, bisognerebbe che cambiasse anche la comunicazione a chi “dona” perche’ da quel “che rischiano e giustamente vogliono essere pagati”, nei donatori (o purtroppo ex donatori!) sorgono spontanee delle domande, magari banali, ma alle quali tardano ad arrivare risposte convincenti. Qualcuna di queste domande?
L’elenco sarebbe lungo, molto, ma eccone qualcuna: “ma quanto viene utilizzato veramente per fare quello che affermano?”, “quanto finisce in tasche sconosciute?”, “quali spese devono affrontare?”, “sono veramente necessarie?” (quest’ultima in particolare fa riferimento a “voci” o “rumors” o “leggende” o “insinuazioni” o “malevolenze”, scelga lei signor ex ministro).
Perche’ non rispondere chiaramente a queste domande? Perché nascondersi dietro a quell’affermazione “la gente è stufa di pagare per gli altri”? Perché non dire e aver il coraggio di sostenere che, ad esempio è giusto far viaggiare in business class i top di alcune Ong? Oppure non dire e ed aver il coraggio di sostenere che è necessario che alcuni di questi signori di alcune Ong frequentino i ristoranti più cari di quei posti sperduti dove il prezzo di una cena (per un singolo) a volte è pari al doppio di uno stipendio medio mensile della popolazione locale?Lei, signor Courchner, ha mai visto (ma credo di si) quanti giovani e meno giovani volontari affollano gli aeroporti africani?
Probabilmente anche loro –con i loro racconti, con le loro verità non filtrate, con il loro vissuto- sono i responsabili di questa apatia che, però, non e’ nei confronti del bambino somalo pieno di mosche (retorica al più basso e vergognoso livello questa Sua) ma nei confronti di quelle stesse Organizzazioni non governative. Non tutte, sia ben chiaro e lo ribadisco ancora una volta!
Ma di quelle poche (o tante) che con la loro ipocrisia hanno fatto si che molti preferiscano affidare i loro contributi a quegli stessi volontari affinchè li consegnino interamente a chi ne ha bisogno, senza quelle odiose ma necessarie –come sembra di capire dalle Sue parole- trattenute per “mandare avanti il carrozzone”. Forse pensandoci bene, come Lei può ben fare vista l’esperienza e non solo, questa “apatia” potrebbe essere sconfitta. Ed in questo, almeno in questo, che una certa politica non c’entri!
Quella stessa politica che la porta ad affermare che “la distinzione tra umanitario e politica è una grande sciocchezza del nostro tempo. Qualsiasi gesto umanitario è politico, e se la politica fosse un po’ più umanitaria sarebbe solo un bene”. Vero, se “la politica fosse un po’ più umanitaria sarebbe solo un bene”, ma altrettanto vero che se l’umanità fosse un po’ meno politica tutti –a cominciare da quel bambino coperto di mosche- non ne trarremmo che vantaggi. Basterebbe lavorare, semplicemente lavorare onestamente nei confronti di tutti.