Posted 12 settembre 2012 in Est(r)fatto, Slider with 0 Comments
di Pietro Acquistapace
RUBRICA Est(r)fatto
L’Olanda, storica patria della tolleranza e della libertà, si è trovata in tempi recenti a fare i conti con non poche derive populiste. Il Partij Voor de Vrijheid (PVV), Partito per la libertà, guidato da Geert Wilders, si è distinto per le sue retoriche xenofobe, antislamiche e anti-europeiste. Ciò nonostante è entrato a far parte della coalizione che ha fin qui governato i Paesi Bassi. Un’esperienza non fortunata, che potrebbe terminare oggi. L’Olanda si reca infatti alle urne per il rinnovo del Parlamento olandese, chiudendo una campagna elettorale che permette di fare qualche riflessione.
Innanzitutto quello che appare chiaramente è che la crisi economica non ha risparmiato nemmeno la virtuosa terra dei tulipani. L’Olanda è sempre stata tra i capofila del “partito del rigore” all’interno dell’Unione Europea, chiedendo agli altri stati membri il rispetto degli impegni presi, soprattutto dal punto di vista finanziario; tuttavia questo non ha impedito che anche Amsterdam si trovi ora ad affrontare una situazione dove la disoccupazione è in aumento e la crescita arranca.
Più che il sentimento antieuropeista, caro alle destre, è stata la crisi economica a essere al centro della discussione politica precedente il voto. La coalizione di destra potrebbe pagare l’incapacità di gestire la crisi e il calo di consensi registrato nei sondaggi dimostra come le retoriche dell’intolleranza non abbiano distratto l’opinione pubblica olandese dallo smagrimento del portafogli. Nonostante la crescita del sentimento antieuropeo tra la popolazione, va rilevato come il dibattito politico si sia mantenuto su toni civili, pur con toni aspri e senza esclusione di colpi, senza le derive populiste putroppo presenti in altri paesi. Addirittura i sondaggi registrano un calo delle preferenze per i partiti di estrema destra, come nel caso del partito guidato da Geert Wilders, il cui rifiuto di appoggiare le misure economiche necessarie a contrastare la crisi economica provocò la caduta del governo di centro-destra di Mark Rutte.
L’euroscetticismoaccomuna però destra e sinistra. Anche i socialisti di Emilel Roemer battono i piedi nei confronti di Bruxelles a testomoniare come l’Olanda sia destinata a ripensare la sua appartenenza all’UE, abbandonando probabilmente il sostegno incondizionato alla politica rigorista tedesca e iniziando un percorso di riflessione sulla propria identità. Come sostiene lo storico Geert Mak “l’Olanda non è la Svizzera”, ossia deve accettare di essere un paese “periferico” e da questa base costruire il proprio sentimento europeo, con un percorso già intrapreso da paesi come la Danimarca ed il Lussemburgo. “Si parla solo dell’Europa in Olanda e mai dell’Olanda in Europa”, spiega ancora Geert Mak, come a dire che il narcisismo olandese è frustrato dallo scoprirsi un piccolo paese in crisi. Crisi economica e crisi d’identità. Un po’ come l’Europa tutta.
L’Olanda, si diceva sopra, è storicamente nota per la sua tolleranza. Le ragioni sono antiche: nel corso del Seicento e del Settecento molti immigranti giunsero nelle prospere città olandesi. Si trattava di perseguitati per fede o politica: ugonotti dalla Francia, ebrei dalla Germania e dalla penisola iberica, che contribuirono a rilanciare l’economia olandese producendo una società multiculturale ante litteram. Tale società entrò in crisi con la grande depressione del 1929: si produssero forti tensioni sociali. povertà diffusa e disoccupazione. Un clima di sconcerto che prefigurò l’invasione nazista. Oggi un’altra crisi mette in discussione l’identità olandese. Dalle urne di oggi si potrà capire se l’Olanda, spaventata, si chiuderà in sè stessa o se, al contrario, cercherà fuori di sè le forze per risalire.
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Tags: crisi economica, elezioni legistaltive, euroscetticismo, Geert Wilders, identit, Olanda, pareggio di bilancio, Pietro Acquistapace, socialisti, Unione Europea Categories: Est(r)fatto, Slider