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L’ombra del bosco scarno, di Massimo Rossi

Creato il 16 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Da Fralerighe Crime n. 7

L’ombra del bosco scarno, di Massimo Rossi
La valle di Stille è un altopiano alpino, situato in un punto imprecisato tra Italia, Svizzera e Austria. I suoi abitanti seguono delle regole di vita antiche e sane, basate sul culto di San Mathias e sul lavoro a stretto contatto con la natura.

Il fatto che poi la valle sia difficile da raggiungere, aiuta la gente del posto a stare lontane dal degrado del mondo frenetico.

Insomma, un paradiso in terra, o forse sarebbe meglio dire tra le Alpi. Un posto tranquillo, scombussolato da due eventi non previsti: l’acquisto di un maso (abitazione rurale tipica della zona) da parte di uno stilista svizzero omosessuale, intenzionato a passarvi il tempo libero lontano dal mondo ipocrita della moda; e l’asilo offerto a una donna nordafricana e a suo figlio, per proteggerli dal marito/padre, prossimo al rilascio dalla detenzione e convinto della responsabilità della donna nel suo arresto.

Eppure, in quel paradiso esente dal peccato, il bambino subisce abusi sessuali.

Mentre tutti si convincono che il nuovo arrivato, in quanto gay libertino ma soprattutto straniero, sia il potenziale colpevole, Helena Ziegler, psicologa che in passato ha lavorato per la polizia, viene assunta come consulente per cercare di chiarire la questione, nel modo più discreto possibile.

Questo romanzo è popolato da un numero di personaggi abbastanza alto. Non sarebbero bastate altre duecento pagine per rendere tutti i personaggi vivi e “visibili”, per ovvi motivi di spazio. I principali sono ben tratteggiati, mentre alcuni dei minori, giocoforza, risultano un po’ bidimensionali. Ciò rappresenta sì un difetto, ma piuttosto marginale, in quanto la storia non manca di personalità verosimili e intriganti. La psicologa Helena, il menomato Barnabas, il prete, don Basilius, per citare tre nomi, sono personaggi ben riusciti e coinvolgenti.

Rossi ci racconta questa storia torbida con calma e minuzia, riempiendo la narrazione di dettagli visivi e uditivi molto specifici. Ciò può piacere o meno, ma denota in ogni caso la formazione di uno stile personale, cosa non scontata in uno scrittore alla prima pubblicazione. I dialoghi tra i personaggi sono quasi sempre ben fatti. Solo saltuariamente, infatti, vi è qualche piccolo calo di tono, comunque più che perdonabile.

Sotto certi aspetti il romanzo mi ha ricordato la “scuola nordica” del giallo. Un po’ per l’ambientazione montana, per i nomi germanici e per l’atmosfera che traspare; un po’ per la sensazione che in alcuni punti Rossi si sia ispirato a “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson, attingendo in modo intelligente ma assolutamente senza “scopiazzare”.

Interessante il parallelo tra la valle apparentemente paradisiaca e i vizi della società moderna, volto a far emergere la fragilità e la corruttibilità dell’essere umano a qualsiasi coordinata geografica.

Una buona lettura con qualche piccolo difetto, che nel complesso non sfigura se paragonata a titoli pubblicati da case editrici grandi.

Voto: 7 e mezzo pieno, tendente all’8.

Infine, trattandosi del romanzo di una casa editrice emergente, la napoletana Scrittura & Scritture, credo sia d’obbligo una piccola parentesi sulla qualità del volume.

La copertina dallo stile essenziale ha il suo perché, riuscendo a incuriosire il lettore. La qualità della rilegatura, della carta e della stampa è davvero di buon livello. Non si percepiscono, al tatto o alla vista, differenze sostanziali con libri di case editrici grandi, se non in una minore elaborazione della copertina (che come ho già detto fa comunque bene il suo dovere).

Sicuramente una realtà interessante da tenere d’occhio.

Aniello Troiano 



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