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L’ombrellone – Dino Risi

Creato il 04 febbraio 2013 da Maxscorda @MaxScorda

4 febbraio 2013 Lascia un commento

L'ombrellone
Ma sul serio c’e’ ancora qualcuno che ritiene favolosi gli anni ’60?
Tante belle cose, sono il primo ad ammetterlo ma ad un certo punto se si e’ sentito il bisogno di sfasciare tutto, un minimo di orrore doveva pur esserci.
Era l’Italia dei dottori, dei commendatori, degli ingegneri, dei professori, titoli che non si negavano a nessuno e ai quali nessuno rinunciava.
Era l’Italia del divertimento ad ogni costo, comprensibile per carita’ quando qualche lustro non bastava a cancellare le miserie delle guerra ma ci si divertiva sopra le proprie possibilita’, sguaiatamente, compulsivamente, prima dovere sociale poi piacere personale. Soprattutto in vacanza.
Grande conquista popolare le ferie, obbligatorio mischiarsi tra migliaia e migliaia di altri bagnanti unti e sudati e poco importa il ceto sociale, in fondo c’e’ chi si porta la fettina impanata da casa e chi in abito da sera si tuffa tra i merluzzi appena pescati, che cambia in fondo.
Il regno dell’apparenza nacque in quegli anni, dove l’ostentazione poteva essere un libro di poesie non meno del denaro, dell’abito o l’auto, rifuggire tutto quanto faceva provinciale, inclusa la fedelta’ e la voglia di riposarsi.
Enrico e’ il classico marito con la moglie in vacanza e col fine settimana da trascorrere assieme in un incubo fatto di vicine d’ombrellone invadenti, professori satiri, ragazzine odiose, partite prefantozziane tra scapoli contro ammogliati e l’immancabile buontempone della compagnia che a seconda dei casi, ispira tante risate o poderose mazzate sui denti. Ci sono pero’ anche le belle figliole in due pezzi, le straniere vogliose di maschi latini, il tutto mescolato in una giostra dalla quale o sei preparato o e’ facile farsi sbalzare.
Risi ancora una volta ci racconta l’Italia, sempre quella de "Il soprasso", con qualche anno in piu’ e infinita disillusione che arranca sulla cima di una decadenza oramai ben riconoscibile e lo fa questa volta con Enrico Maria Salerno, bravo certo, un po’ impacciato, largo nei gesti, brandelli di teatro ancora addosso.
Ottima la Sandrocchia Milo, attrice che corpo a parte, non e’ mai stata tra le mie favorite ma trovo che il suo meglio lo abbia dato oltre Fellini e qui e’ decisamente brava, cosi’ come i mille personaggi di contorno allargano il coro e glorificano il complesso.
Divertente, fa i suoi danni, sottotono probabilmente a causa di Salerno e di un soggetto che non si discosta poi troppo da altri gia’ visti e che vedremo con risultati spesso migliori ma non per questo non merita una visione.

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