Due fatti che apparentemente non hanno nulla a che fare tra loro.
Da una parte, un deputato della repubblica, Anna Paola Concia che si sposa con Ricarda, la sua compagna di anni che essendo tedesca, può ospitare Paola a Francoforte e prenderla in moglie. Il direttore di Avvenire che tuona contro la “spettacolarizzazione” di questo matrimonio insinuando malignamente (non avendo altri argomenti) che Paola avrebbe dato l’esclusiva – gratuita – delle fotografie. Gratis.
In tempi come questi il matrimonio di Paola – come di quello di Sergio Lo Giudice, capo gruppo PD a Bologna, anche lui sposo nel nord europa con il compagno – purtroppo, non è affare solo di Paola – o di Sergio -ma è affare di tutti noi.
Da che mondo e mondo le battaglie sui diritti si vincono uscendo allo scoperto. Dicendo. A volte, ahimè, anche urlando. In ogni caso violando le regole, come fece Rosa Parks seduta e testarda e orgogliosamente e visibilmente nera, sul quel famoso autobus.
D’altronde non mi sembra di avere sentito tuonare Avvenire per le foto del matrimonio della Carfagna o di Brunetta o, peggio, di quelle del principe William.
Ad ogni modo.
Pare davvero che Paola sia semplicemente l’unica lesbica dichiarata del nostro parlamento. Dichiarata. Appunto. Basta cenare con qualsiasi usciere della camera dei deputati per sapere cose da far rabbrividire una pornostar, senza scomodare santi e madonne.
Accade negli stessi giorni che un giovane tunisino di 21 anni accoltelli fuoriosamente nella sua camera da letto un vecchio senatore bizzarro che gira Gibellina con sciarpe e mantelli con il giovane sotto braccio. Luca si sofferma sulle parole che i giornalisti usano per definire quell’intimità.
Quel ragazzo viveva dall’età di 12 anni presso la Fondazione dell’ex senatore.
Guardando Ludovico Corrao, il suo modo di vestire e leggendo questa storia la mente si è appoggiata sulla storia di Adriano e Antinoo. Si è appoggiata alla storia delle storie nel Paese che da millenni fonda la sua stessa esistenza su una struttura inviolabile e che non va toccata, perché chi tocca muore. Socialmente e a volte anche per mano propria sotto la forza della vergogna. Del giudizio pubblico.
Non so la loro storia. Non vi entrerò. Spero che nessuno lo faccia con prurito. Spero che a quelle innumerevoli coltellate sia dato un senso vero. Punibile, ma vero. Un ragazzo immigrato che da quando ha 12 anni vive accanto ad un vecchio signore. Sento quasi il respiro di Antinoo nella grotta. Quell’attimo prima. A volte non restano che due scelte ed entrambe hanno a che fare con la morte. Ma sembra che in questo mondo “nuovo” certi atti siano stati dimenticati. Rimossi. Non come nelle tragedie greche dove il sangue c’era ma non si vedeva. Ma in modo del tutto contrario. Vediamo il sangue, ma non si parla del dolore. La morte è rimossa. Eppure siamo imbevuti nella crudeltà splatter ogni istante.
Dicevo. Chi tocca muore. Chi tocca la famiglia. Intesa come l’unione di un maschio e una femmina a scopo procreativo e da cui discende il diritto di famiglia e quindi la spartizione ereditaria e la conservazione. La conservazione. Il luogo dove la donna non deve sporcarsi. Non deve tradire. Perché la progenie deve essere di padre certo. La donna è tempio del seme maschile. Il maschio può fare ciò che vuole. Basta che non dica e non violi le apparenze, la “convenzione”. Deve alla femmina il mantenimento dell’apparenza. E fino a pochi anni fa era perdonato se uccideva lei e l’amante sorpresi a violare l’onore. Poi ci sono maschi ancora più superiori. Che non si sporcano con le femmine. Che hanno fatto voto di castità, come i sacerdoti nell’antichità. Ma anche lì, ciò che accade non si deve dire. Sappiamo tutti l’alto tasso di omosessualità tra le gerarchie ecclesiastiche, sarebbe ipocrita non dirlo. E per noi non rappresenta un’offesa, ma solo una sofferenza per chi non osa raccontarsi.
Ecco l’Italia. In qualsiasi altro Paese dove la stampa è libera tutti i parlamentari dalla doppia vita verrebbero stanati. Ma esiste in Italia una regola che vale per tutti. Non si deve sapere. E’ un fatto che precede la formazione della famiglia, riguarda il singolo, quindi NON esiste. E’ altro dall’affettività, dalla famiglia, dalla convenzione. Viola l’essenza stessa della nostra civiltà. In UK e in altri paesi, poiché la stampa non perdona o ci si nasconde sul serio, ma se si viene scovati ci si dimette (per ipocrisia, non per reato) oppure ci si racconta. E’ per questo che altrove l’omosessualità è visibile. Perché non c’è omertà. E’ per questo che si esce allo scoperto, si legifera. Perché non c’è altro sistema di vivere un istinto naturale.
Oggi gli omosessuali militanti, in Italia, sono l’ultimo stadio della destabilizzazione manifesta di questo equilibrio. Come lo furono le donne che volevano emanciparsi. Siamo l’esplicita violazione della più grande omertà sociale. Siamo la prova della loro esistenza, prima che della nostra.
Vivere la propria omosessualità alla luce del sole, per il nostro sistema, è abdicare alla regola non scritta. Puoi sposarti, fare figli, poi fare ciò che vuoi. Ma non sei normale se vuoi essere solo quello. Se non hai l’istinto alla famiglia, alla proliferazione.
Peccato che non si voglia vedere quanto l’istinto genitoriale sia distinto da quello sessuale. Persino l’amore è distinto dal sesso. Peccato che in questo Paese oppresso da millenni di ipocrisia familistica, non si possa fare un passo avanti nell’evoluzione e liberare le menti e i corpi dai gangli malati di un sistema ormai desueto e che sta crollando.
Peccato, infine, che il direttore di Avvenire di nuovo e come sempre ignori che 100 mila bambini vivono con genitori omosessuali. Peccato che non si voglia raccontare quanto siano più sani esseri umani amati più di esseri umani cresciuti dentro una scatola validata ma marcia. Qualcuno si faccia raccontare dalle donne italiane quanta violenza. Loro non lo raccontano. Ma se tutte le donne parlassero la “Famiglia” si sgretolerebbe in un solo istante. Altra omertà. Eccola. Infatti.
A Paola e Ricarda vanno i miei auguri più sinceri. La trasparenza dei sentimenti veri, vissuti fino in fondo, sono il colore del tempo che ci aspetta. Prima o poi, ci aspetta.