L’omofobia è un male che colpisce anche gli eterosessuali

Creato il 28 novembre 2012 da Cagliostro @Cagliostro1743

Subito dopo il suicidio di Andrea, il ragazzo di quindici anni che frequentava il Liceo Cavour di Rome, molte parole si sono dette e molti giornali hanno scritto (non a tutti i torti) che si fosse suicidato perché deriso per la sua omosessualità.
I compagni hanno subito smentito questa versione e – come riporta Tempi – la preside dell’istituto, Tecla Sannino, ha giudicato «inopportune le reazioni da parte di alcune associazioni culturali, come la fiaccolata in difesa dei gay oggetto di violenze organizzata dal Circolo Mario Mieli». I compagni hanno invece scritto questa lettera: «Non era omosessuale, tanto meno dichiarato, innamorato di una ragazza dall’inizio del liceo. Lo smalto e i vestiti rosa, di cui andava fiero, erano il suo modo di esprimersi. La pagina facebook ,dove erano pubblicate citazioni di A., era stata creata per incorniciare momenti felici perché A. era così: portava il sorriso ovunque andasse; peraltro “la pagina aperta contro di lui da chi lo aveva preso di mira” (citazione dal Messaggero) è un’accusa non fondata. I professori hanno sempre rispettato il proprio ruolo e non hanno mai espresso giudizi sulla sua persona. Il Cavour non è mai stato un liceo omofobo in quanto fino a quando i fondi sono stati sufficienti, alcune classi hanno preso parte ad un progetto sulla sessualità organizzato dalla ASL e approvato dal collegio docenti. Inoltre non si sono verificati episodi manifesti di bullismo nell’istituto negli ultimi anni. Esprimiamo rammarico per la diffusione di notizie false e desideriamo che non si speculi sul nostro dolore».
Insomma sarebbe quasi una “omofobia immaginaria” ma la versione dei genitori di Andrea è alquanto diversa. In una lettera dell’avvocato Eugenio Pini così la famiglia descrive il retroscena del gesto: «Era da tempo costretto a subire vessazioni e violenze da parte dei coetanei, e ha consapevolmente scelto di interrompere quel gioco». Nella lettera si parla di «persecuzioni sulla sfera sessuale del tutto immotivate e non corrispondenti al vero» e di «cieca ed insana violenza scaturita tra i banchi di scuola» chiedendosi come mai all’interno della stessa scuola nessuno «sia stato in grado di percepire la violenza ed il disagio, non sia stato in grado di segnalarlo, non abbia fatto niente per impedirlo». In una conferenza stampa la madre rivela nuovi elementi: «L’ho saputo soltanto dopo la morte, ma qualcuno sui muri della sua scuola aveva scritto: “Non vi fidate del ragazzo con i pantaloni rosa, è frocio”. Un docente fece cancellare la scritta e nessuno mi avvertì». Ed ancora: «Dell’esistenza di una pagina Facebook intitolata al “ragazzo con i pantaloni rosa” e destinata a schernire mio figlio non sapevo nulla, ma ho saputo, quando ancora Andrea era tra noi, che qualcuno gli aveva rubato la password per accedere alla sua pagina Facebook, quella personale, e che in un’occasione qualcuno è entrato direttamente in una sua conversazione. Mio figlio una volta mi raccontò che gli era stato rubato e restituito il suo computer personale».
La madre smentisce che il proprio figlio fosse omosessuale: «Non avevo dubbi sull’identità sessuale di Andrea: gli piacevano le ragazze, e lui sapeva che a me poteva dire tutto. Era stato cresciuto nella libertà e nella tolleranza. Aveva un astuccio rosa, e allora? Era pieno di fantasia, aperto, a nove anni si era iscritto alla biblioteca comunale e da allora si era letto mille libri. Era un passo avanti gli altri, mi sembrava grande. I jeans rosa erano il frutto di una lavatrice sbagliata, non li usava da marzo. E lo smalto sulle mani fu una mia iniziativa: si mangiava le unghie e doveva riprendere ad esercitarsi al piano. Ho grandi sensi di colpa, adesso».
Nonostante Andrea non fosse omosessuale i compagni lo ritenevano tale. Dice sempre la madre «C’è qualcuno che ha usato le sue convinzioni sulla sfera sessuale di mio figlio per premere il grilletto contro di lui» ed inoltre «In quella scuola molti ragazzi pensano così: non sei rozzo, non sei sboccato, non fumi, allora non sei figo. Anzi, sei frocio».
Nonostante i dirigenti del Liceo Cavour vogliano respingere l’immagine di una scuola omofoba, la madre lancia delle accuse anche nei confronti degli insegnanti del figlio: «Ero convinta fosse un ragazzo integrato e ad ogni colloquio gli insegnanti me lo facevano credere. Adesso devo leggere docenti dire che mio figlio aveva la forza per difendersi dalle violenze quotidiane. E perché non mi hanno mai detto nulla? Perché devo scoprire adesso che Andrea tre settimane fa aveva già tentato il suicidio? Un insegnante, voglio dirvelo, lo riprese durante un’interrogazione per quel benedetto smalto alle unghie: “Ma lo sa tua mamma che lo porti?”». Proprio per questo la volontà dei genitori è che si faccia chiarezza: «Voglio che i responsabili del bullismo siano individuati, anche se fossero dei minorenni. E che siano riconosciute le responsabilità della scuola», dice la madre.
La vicenda di Andrea conferma che la lotta contro le discriminazioni e contro l’omofobia non riguarda solamente gli omosessuali ma ognuno di noi anche perché si può essere vittime di omofobia pur non essendo omosessuali. Proprio per questo sarebbe opportuno anche in Italia l’introduzione nelle scuole dell’insegnamento della “morale laica” come in Francia per formare cittadini tolleranti.


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