Magazine Diario personale

L’onco-smorzatore di entusiasmo

Da Romina @CodicediHodgkin

Avete presente gli smorzatori di entusiasmi? Quelli che quando dici “domenica andiamo in gita al lago” rispondono “secondo me pioverà, trovati un piano B”? Quelli che quando ti laurei rispondono “e tanto oggi come oggi con la laurea ti ci soffi il naso”? Quelli che smontano i tuoi progetti con la severa, spietata metodicità del giocatore professionista di Jenga? Quelli che fanno appassire il tuo sorriso più velocemente di quanto io faccio appassire le primule? Bene, sappiate che noi che siamo fortunelli ne abbiamo una versione speciale tutta per noi, che ha condotto studi particolari e specializzati. Sono i laureati in smorzaentusiasmologia oncologica. Sono quelli convinti che la tua realtà di ex malato di cancro debba precluderti qualsiasi attività atta a mettere sotto stress/migliorare/modificare il tuo corpo o comunque a cercare di avere con esso un rapporto sano, sereno, bello. Perché? Perché ormai basta. Cosa ti metti a fare dopo che hai avuto un piede nella fossa? Stai lì zitto, buono, muto e fermo che è già tanto che sei vivo. Non chiedere altro, che non vale nemmeno la pena di andarsela a cercare.

Perché vi parlo dell’onco-smorzatore di entusiasmo? Dunque, al livello antropologico è una realtà interessante di per sé e poi…ci pensavo ieri leggendo il post di Giorgia. Giorgia sta intraprendendo un percorso bellissimo. Si sta riappropriando del proprio corpo. Può farlo e lo fa. E la valenza di questo gesto va ben oltre l’intervento stesso. Ma gli onco-smorzatori di entusiasmo sono sempre dietro l’angolo.

Per molto tempo sono stata la peggior onco-smorzatrice di me stessa. E’ tipico di chi si ammala molto giovane. Vivi low-profile, ti dici, non farti notare dalla Vita, hai già avuto più che abbastanza, non pretendere altro, non chiedere. Ci sono cose che non sono per te. E’ destino. Hai avuto ben più di figli/due tette sane/tutti gli arti al loro posto/gli organi giusti al posto giusto. Sei vivo, fattelo bastare che non è poco.  E se non te lo dici tu, poco ma sicuro che tanto te lo dice qualcun altro.

L’ho provato sulla mia pelle molte volte. Tempo fa ventilavo con una persona che mi è cara l’ipotesi di un intervento per correggere la miopia. Non la facevo una oncosmorzatrice di entusiasmi ma…sono tra noi, non si possono distinguere dagli altri, saltano fuori all’improvviso e si nutrono delle tue iniziative positive. Mi mancano 4 decimi per occhio e sono anche un filo astigmatica, sarebbe anche molto simpatico immaginare un mondo in cui, senza lenti a contatto,riesco a non prendere in pieno i muri. Quale credete che sia stato il primo commento? “Ma dopo tutto quello che t’è toccato ti vai a rimettere – peraltro volontariamente  - sotto i ferri?”. E allora? Se volessi farlo dove sarebbe il problema? Non posso correggere un difetto del mio corpo solo perché sono già entrata in una sala operatoria per ragioni ben più gravi? Perché non posso aspirare a godere dei vantaggi della scienza e della tecnologia solo perché ho avuto il cancro? Lo so che vivo bene anche con gli occhiali e le lenti a contatto ma…se posso vedere bene di nuovo, perché no?

Idem con la gravidanza. C’è chi è impallidito. E’stato un fiorire di smorzatori di entusiasmo. Che poi, ovviamente, alcuni rientravano tra le persone che devevano saperlo necessariamente tra i primi. “Ma era proprio necessario?”, “ma quindi, se tu hai avuto il cancro e tua madre pure, anche tua figlia sarebbe predisposta?”, “ma non è che la sindrome di Sjogren può creare problemi al feto?”, “ma i distacchi della placenta sono colpa tua?”, “se non fossi stata malata sarebbe successo comunque?”, “ma avevi parlato con l’ematologa? La ginecologa lo sa che sei stata malata?”. E, una volta dato alla luce una bambina perfetta, “ma ora basta, vero, non è che ti azzardi di nuovo?”…AAAAAAAAAHO, MA VI SEMBRO DEFICIENTE? Avrò fatto le opportune valutazioni del caso, che dite? Sarò ben un’adulta degna di fiducia e senza istinti suicidi? E, soprattutto, ma saranno anche beati arcicazzi miei, no?

Perché non si può semplicemente essere felici se un ex malato di cancro si riprende il proprio corpo così com’era? Dove sta scritto che dobbiamo vivere nella paura di osare vivere la vita che avremmo voluto senza cancro, se è possibile viverla? Perché non posso apportare migliorie al mio corpo, correggerne i difetti e viverci dentro in serenità, amandolo, venerandolo? Perché devo rinunciare a dare una vita che posso dare solo perché c’è un margine di rischio extra? In che modo l’aver subito interventi di vitale importanza mi preclude la possibilità di scegliere di farne altri che mi renderanno felice solo perché non sono fondamentali per la mia sopravvivenza? Perché questa discriminazione? Al livello psicologico ci pensiamo già da soli, spesso, a ritenerci “diversi”, ad aver paura di osare…Spesso non è nemmeno una scelta. L’ho detto tante e tante volte che il cancro ti cambia la vita, che non può tornare tutto esattamente come prima, che dovrai comunque fare i conti col tuo passato…perché mi dovrei castrare anche quando non serve?

Sapete che c’è, onco-smorzatori di entusiasmi? Io voglio essere felice con il mio corpo. Sì, quello stesso corpo che si è ribellato a se stesso. Voglio essere felice con il mio corpo. Voglio avere il massimo che posso chiedere alla mia vita, alla mia persona, al mio corpo. Non voglio più sentirmi dire “e se…”. Non mi importa. Se e quando vorrò, correggerò la miopia. A breve mi farò una chiacchierata con l’ematologa e l’immunologo. Se e quando vorrò, se potrò, proverò ad avere un’altra gravidanza (gemito di orrore proveniente dal box…). Perché? Perché POSSO. POS-SO. P.O.S.S.O.

Perché andare OLTREILCANCRO significa anche questo…

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(io e Claudia nel nostro quarto giorno insieme. Quando eravamo entrambe magre…)


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