In seguito al naufragio di Lampedusa, il governo italiano ha deciso di rafforzare il dispositivo nazionale per il pattugliamento del Canale di Sicilia autorizzando l’operazione Mare Nostrum, una missione militare ed umanitaria la cui finalità ufficiale è di prestare soccorso ai clandestini prima che possano ripetersi altri tragici incidenti. L’obiettivo sarà quello di intervenire in loro aiuto, avvicinandosi il più vicino possibile ai porti dei Paesi nordafricani dai quali salpano i barconi fatiscenti che li traghettano in Europa. La speranza è che tale operazione funga come deterrente nei confronti di coloro che organizzano questo illecito traffico di esseri umani, intercettandoli ancor prima che possano abbandonare al loro destino i passeggeri e cogliendoli, dunque, in piena flagranza di reato, punibile, in base a quanto prescrive la giurisprudenza, con la detenzione da 5 a 15 anni. Tale deterrenza diventerebbe illusoria nel caso in cui l’operazione Mare Nostrum venisse interpretata dai trafficanti come un aiuto per raggiungere le coste italiane, sperando poi nella riduzione dell’eventuale pena comminata. Il destino dei migranti non è vincolato da chi presta loro aiuto e basandosi su quanto recita il Diritto di Navigazione Internazionale, la valutazione di dove scortarli sarà presa in base alla zona in cui è avvenuto il contatto. Dunque non sarà vincolante per la nazione soccorritrice concedere asilo ai migranti a cui è stato concesso aiuto.
Il dispiegamento di forze, comprende, tra gli elicotteri, l’HH-139 SAR del 15° Stormo, rischierato a Trapani, per la ricerca e soccorso; aerei da ricognizione Piaggio P-180 ed un aeromobile Breguet Atlantic del 41° Stormo di Sigonella, che ha già effettuato, secondo una tattica di impiego programmata, dei controlli sullo specchio di mare assegnatogli, allo scopo di contrastare la minaccia subacquea e navale a lungo raggio a protezione delle vie marittime e per l’allarme precoce sulla localizzazione dei profughi in mare, garantendo in tal modo il pronto intervento dei soccorritori a prevenzione di naufragi. L’attività dei velivoli è supervisionata dal centro di controllo di Poggio Renatico. Completano lo schieramento aereo i droni, o meglio aeromobili a pilotaggio remoto, Predator B, i quali disponendo di una autonomia di 27 ore, possono acquisire immagini dai porti da cui salpano i barconi, consentendo alle unità di superfice di intercettarli appena fuori dalle acque territoriali dai quali sono partiti. I Predator sono un sistema d’arma in grado di assolvere un insieme di missioni e compiti grazie ad elevate doti di flessibilità, versatilità ed efficacia, con due elementi fondamentali: il centro di controllo a terra, che agevolato da un collegamento satellitare può pilotare il velivolo a centinaia di chilometri di distanza e la stazione di valutazione dati dove sono analizzati in tempo reale.
La formazione navale è composta da cinque unità d’altura; una nave anfibia, la San Marco, all’uopo trasformata in nave ospedale, due pattugliatori delle classi Costellazione e Comandati e due fregate classe Maestrale. Queste ultime rappresentano la distonia della missione, in quanto sono unità da combattimento con capacità flessibili anti nave ed anti area, dotate di elicotteri per la proiezione di forza e cannoni a tiro super rapido. Di fatto inadeguate a rendere soccorso, anche a causa degli spazi interni angusti, se non a piccole imbarcazioni. E’ possibile che possano fungere da scorta alle altre navi, ma probabilmente opereranno in ambiti tattici più complessi congiuntamente con le altre marine dell’Africa Mediterranea, in particolare quella libica, in azioni militari contro trafficanti non solo di uomini, ma anche di armi.
La missione Mare Nostrum sarà inquadrata nell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione Europea, semplicemente nota come Frontex. L’Agenzia, la cui direzione è a Varsavia, iniziò la sua attività nel 2005 e nel 2008 le furono incrementati i finanziamenti a 70 milioni di euro, ulteriormente ritoccati nel 2013. Venne formata con l’intento di coordinare il pattugliamento delle frontiere aeree, marittime e terrestri degli Stati della UE e per agevolare, in accordo con i Paesi coinvolti nel fenomeno dell’espatrio, la riammissione degli esuli respinti. Dunque l’Agenzia non ha solo compiti militari, ma in materia di gestione e controllo delle frontiere, anche politici, quest’ultimi tesi a definire modelli di valutazione per assistenza ed aiuti in operazioni di rimpatrio. Attualmente, non ci sono unità di Frontex nel Canale di Sicilia, pertanto il Governo Italiano, nel vertice dell’UE di ottobre, ha proposto il rafforzamento dell’Agenzia per coadiuvare il dispositivo umanitario di Mare Nostrum. Il primo risultato ottenuto è stato l’approvazione di EUROSUR, il sistema di sorveglianza pan-europeo delle frontiere terrestri e marittime. Sarà uno strumento attraverso il quale gli Stati Membri potranno scambiarsi in tempo reale informazioni e raccolte dati, in modo da poter meglio analizzare le strategie di intervento. In base alle dichiarazioni del Commissario Europeo per gli Affari Interni, tutte le operazioni europee, Frontex compreso, si svolgeranno in ambito EUROSUR ed ogni Stato coinvolto dovrà rendere operativo un centro nazionale di controllo per questo nuovo sistema di sorveglianza che dovrebbe diventare pienamente operativo a dicembre. Ad EUROSUR sarà affiancato un servizio di segnalazioni agevolato dai satelliti e droni. Tale apparato di sicurezza costerà 35 milioni di euro all’anno, ma parte di questi saranno assorbiti da quelli erogati per Frontex. La prima nazione che ha messo a disposizione i propri mezzi è stata la Finlandia, il cui Primo Ministro ha assicurato l’invio di unità di superficie a rinforzo di quelle italiane, le altre importanti adesioni sono del 25 ottobre, durante il vertice del Consiglio europeo di Bruxelles, dove l’Olanda e la Francia hanno disposto il rafforzamento di Frontex con alcuni aeromobili e lo stesso Presidente Van Rompuy ha definito la necessità di una azione determinata e condivisa per la prevenzione, protezione e solidarietà.
Geopoliticamente questo rappresenta un ottimo successo sulle dinamiche di cooperazione fra gli Stati Membri, ma l’utilizzo degli strumenti, quanto la strategia da adottare, sono ancora a divenire. I tempi atti alla risoluzione non potranno essere brevi, perché le priorità di intervento saranno oggetto di discussione a dicembre, ma i temi politici sui quali si impernierà Frontex probabilmente verranno definiti solo a giugno del 2014. Per l’intanto i costi di Mare Nostrum incidono esclusivamente sull’economia italiana e saranno ben più gravosi degli esborsi stanziati per i normali pattugliamenti che precedevano la nuova missione umanitaria. Le prime erogazioni ammontavano a circa 1,5 milioni al mese, secondo dichiarazioni ufficiali del Ministero della Difesa, e pertanto saranno destinati a lievitare in modo consistente. La stampa specializzata ha tentato una stima dell’importo desumendolo dai costi giornalieri dei mezzi impiegati: la fregata Maestrale sembra si avvicini ai 60.000 euro, la San Marco ne vale 45.000, mentre quello dei pattugliatori pare essere di poco inferiore ai 15.000. A questo si assommano i valori degli aeromobili: gli elicotteri AB-212 ed i droni si aggirano sui 4.000 euro ad ora di volo, mentre tra gli EH-101 ed il Breguet Atlantic si parte da 7.000 fino ai 13.000. Aggiungendo le indennità del personale e la manutenzione necessaria per l’uso straordinario dei mezzi, la spesa finale dovrebbe attestarsi tra i 10 ed i 14 milioni di euro al mese. La valutazione non ha ricevuto conferme dal Governo, il quale ha sottolineato che non sono stati stanziati ulteriori fondi a quelli già in bilancio per le operazioni precedenti a Mare Nostrum. Sembra naturale che questo non sia possibile, è la riprova potrebbe materializzarsi nel consumo di carburante aggiuntivo per rifornire tutte le unità coinvolte nella missione.
La decisione del governo italiano nell’autorizzare degli esborsi non previsti dal bilancio iniziale per regolare l’immigrazione, forse produrrà un’altra finalità tutt’altro che secondaria e per meglio valutarla è necessaria una disanima sul valore delle attività di interscambio dei beni di consumo e fonti energetiche con le Nazioni mediterranee e quanto queste pesano nelle dinamiche economiche ed occupazionali italiane: l’analisi dei flussi degli scambi commerciali, sono il metro per misurare la solidità delle economie regionali e sui fattori che condizionano la competitività e determinano il ruolo di un Paese nello scacchiere globale; questo è vero in particolare in un’area afflitta da netti squilibri politici, sociali e militari come il Mediterraneo. I Paesi che si affacciano sul suo bacino configurano una interessante area di sviluppo nei rapporti commerciali dell’Europa; l’interscambio totale di merci con l’UE, palesa fra il 2001 e il 2010, una dinamica di crescita per tutti le principali Nazioni europee, in particolare Italia, Francia, Spagna e Germania, con la sola comune flessione nel 2009 causata dalla crisi economica. L’Italia, nel corso del decennio, ha valorizzato l’interscambio con i Paesi dell’Area Mediterranea, incrementandolo da 32,6 miliardi di euro nel 2001 a 63,3 miliardi nel 2010. Le stime sono state però ritoccate al ribasso con la contrazione originabile al crollo delle importazioni di petrolio italiane dalla Libia, e dai moti insurrezionali che hanno interessato quasi tutta l’area geografica dei Paesi Mediterranei. In controtendenza solo quelli con l’Egitto, con un valore pari al 7,4%. Quest’ultimo e la Turchia si attestano come le economie più vivaci della costa mediterranea meridionale ed orientale; in particolare la Turchia denota una apertura commerciale competitiva, dove il settore tessile continua a detenere il primato nel comparto delle esportazioni. La Tunisia è ancora debole sullo scenario mediterraneo, relegata praticamente, al solo ruolo di assemblaggio ed esportazione di prodotti tradizionali. L’Algeria e la Libia dipendono quasi totalmente dagli idrocarburi, le quote di mercato oscillano tra il 95 ed il 98 per cento delle esportazioni, a fronte di un settore di scambio privato irrisorio. Siria e Libano, coartate nelle questioni interne politico sociali, sono le economie più deboli dell’area, sebbene il Libano stia tentando di recuperare la credibilità internazionale concentrando le proprie risorse nel settore della finanza.
L’Italia è il primo attore commerciale nel bacino del Mediterraneo, come evinto dal rapporto della SrM, Studi e ricerche per il Mezzogiorno, ed ha superato Germania e Francia sulla base di un volume di affari di 57,7 miliardi. Le proiezioni fino a tutto il 2013, in uno scenario intermedio, segnano una crescita dell’interscambio totale italiano fino a 72,1 miliardi. In questo ambito riveste una componente fondamentale il traffico marittimo. Infatti, oltre il 70 per cento dei flussi commerciali tra l’ Italia ed i Paesi mediterranei, quotati in circa 40 miliardi di euro, si sviluppano via mare. Altra materia di scambio sono le energie rinnovabili, dove si attesta una domanda significativa, la quale in un arco temporale fino al 2020, potrebbe produrre ad investimenti pari a 320 miliardi. La crescita ha decretato, specie nel 2013, il differenziale italiano nei confronti delle altre Nazioni europee. I primi effetti di Mare Nostrum risultano abbastanza pregevoli: nei giorni iniziali sono stati tratti in salvo oltre 2.000 migranti, ma il dato meno apprezzabile è quello dell’intervento nelle azioni di soccorso di navi mercantili, dunque esistono delle zone d’ombra nell’area di pattugliamento, probabilmente perché il numero delle unità non è sufficiente e lo rimarrà sino a quando non arriveranno gli attesi rinforzi delle Marine europee. Altro oggetto in discussione è la durata di Mare Nostrum, ovviamente il suo protrarsi farà lievitare i costi ma la sua interruzione potrebbe ingenerare tragedie simili a quella verificatasi il 3 ottobre a Lampedusa. Di fatto la data fissata dal Presidente Letta del 2 dicembre, giorno in cui Mare Nostrum dovrebbe concludersi, pare essere intesa come l’inizio della stagione climatica avversa, dove le condizioni meteo marine non consentirebbero di intraprendere la traversata del Mediterraneo agli usuali mezzi fatiscenti in uso fra gli scafisti, salvo poi riprendere l’attività criminosa in primavera. Sarebbe auspicabile una alternanza fra gli Stati membri, ma soprattutto è necessario un intervento politico mirato ad interrompere i flussi migratori ed a regolare lo statuto in materia di asilo politico, tentando di approvare un testo unico a livello della UE.
Tale soluzione è perseguita dal Servizio europeo per l’azione esterna, impegnato concretamente nel proporre accordi ai Paesi terzi: sembra infatti evidente che il fine ultimo sia quello di scortare in Libia le imbarcazioni intercettate e quindi, è valida l’ipotesi che le delegazioni italiane inviate a colloquio con il Presidente libico, tentino di raggiungere proprio questa finalità, suffragata inoltre dalla dichiarazione del Ministro della Difesa Mario Mauro, il quale ha precisato che le imbarcazioni saranno scortate verso il porto più vicino, dunque non necessariamente in direzione di quelli italiani. Le aree geografiche di crisi si sono estese e forse non basterà siglare accordi con la sola Libia, infatti l’ideale mappa dei rifugiati si è allargata alla Siria, sino a passare per la Turchia ed il Libano, dove i Palestinesi hanno iniziato a lasciare i campi profughi.
Il dispositivo militare italiano ha mostrato una pregevole capacità di operare in ambito interforze con il salvataggio di 246 profughi il 29 ottobre: un Predator B, con l’ausilio dei sensori di bordo, ha agganciato un natante al largo della Libia. I dati sono stati trasmessi alla sala operativa del centro di controllo aereo di Poggio Renatico che ha di seguito assunto la funzione di collegamento con la Marina Militare. È stata inviata la motovedetta Peluso della Guardia Costiera, che ha poi affidato i clandestini al pattugliatore d’altura Cigala Fulgosi, il quale è poi intervenuto, su segnalazione della fregata Maestrale, al recupero di altri clandestini prima di rientrare verso il porto di Pozzallo, nelle vicinanze di Ragusa. Per il momento il vertice di Bruxelles ha prodotto solo il concetto di solidarietà, alleggerendo il ruolo di Italia e Malta, ma più in generale di tutti Paesi mediterranei, coinvolgendo nella questione dell’immigrazione l’intera l’alleanza europea.
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