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“L’ora solenne” di Marco Palmieri

Creato il 18 ottobre 2015 da Federbernardini53 @FedeBernardini

orasolenne

Nella ricorrenza degli 80 anni dall’invasione dell’Etiopia (3 ottobre 1935), per i tipi della Baldini & Castoldi, è uscito il volume “L’ORA SOLENNE” di Marco Palmieri, cui va il mio ringraziamento per aver citato, tra le fonti, “Il diario di un combattente” pubblicato in esclusiva, a puntate, sul mio blog “lurlodimunch” dal 13 al 18 marzo del 2013. Una testimonianza di grande interesse, che mi compiaccio di aver portato all’attenzione degli storici.

Dalla mia postfazione:

“Grazie a Ines Saragat, che mi ha messo a disposizione il manoscritto e un’ampia documentazione fotografica, mi è stato possibile pubblicare, a quasi ottant’anni di distanza dall’ultima avventura coloniale italiana, il Diario di un combattente, Mario Saragat, Zio di Ines.

Un documento che ci consente di rivivere quegli eventi attraverso la testimonianza di un protagonista, la cui vicenda personale si intreccia con quella di una generazione segnata dalla dittatura e dalle sue sciagurate imprese belliche. Un punto di vista personale, che dà a quelle vicende, che siamo abituati a conoscere attraverso la fredda e rigorosa indagine storica, un tocco di umanità.

Una fonte preziosa, un documento di indubbio valore storiografico che ci aiuta a meglio comprendere la natura di un evento che la testimonianza diretta ci rende in tutta la sua tragica evidenza. Parole che rendono palpabile la crudezza della guerra, la sua disumanità, più dell’affresco storico, coi massacri, i bombardamenti dei villaggi, l’uso dei gas tossici, cui peraltro si fa riferimento nel diario. Una serie di schizzi che descrivono quella vicenda nella sua quotidianità.

Ma, per contrasto, da questi scritti emerge una grande umanità, una disperata voglia di vivere pur in un contesto di morte, pervaso da un nauseabondo lezzo cadaverico. Il desiderio quasi spasmodico di continuare a godere dei piccoli piaceri della vita: un bagno nel fiume, che ti toglie di dosso il sudiciume della guerra; un pasto frugale, consumato coi compagni; una serata di baldoria, rallegrata dal vino e dalle donne.

E poi gli affetti: quelli che legano ai camerati, ai cari lontani, di cui si attendono con ansia le lettere, o al fratello Felice, compagno d’armi, cui va costantemente il pensiero di Mario, pronto a subire giorni di rigore pur di raggiungerlo e trascorrere con lui qualche ora.

Evidente è anche l’atmosfera di esaltazione collettiva di un popolo cui la propaganda di regime aveva dato l’illusione di “un posto al sole” e non si poneva domande sulla legittimità di una guerra cui anche il protagonista di questa storia, che sarebbe ingiusto giudicare al di fuori del contesto storico, politico e sociale del tempo, partecipò considerandola come cosa buona e giusta”.

Federico Bernardini


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