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L’orchestra sinfonica: l’ingranaggio perfetto

Creato il 11 febbraio 2014 da Lundici @lundici_it
Conductor Shadow

Avete presente quei ricordi di bambino che ogni tanto fanno capolino in testa nonsisadadove? La si la sol la si la… Questo è uno dei miei, uno di quelli che mi torna più spesso in testa. zcc1 Venticinque anni fa, minuetto di Boccherini, orchestrina d’archi di allievi, l’attacco. Una scossa improvvisa, una sensazione unica, un attimo eterno. Sono una rotellina dell’ingranaggio perfetto, una parte del tutto. Non avrei mai immaginato. Il mio violino suona, ma è come se io suonassi dentro un disco. Il mio suono piccolo, un po’ insignificante e forse anche goffo, dal tragitto mie mani-mie orecchie si espande, si gonfia, prende vita, corpo ed anima e arriva alle mie orecchie come, appunto, quello di un disco. Ed ho la sensazione incredibile, unica, che quel suono magico dipenda un po’ anche da me. Sono una rotellina dell’ingranaggio. Ricordo perfettamente quell’emozione come se fosse adesso e credo che non potrò mai dimenticarla.

Oggi a distanza di anni non è cambiato nulla. Boccherini diventa di volta in volta in Mozart, Beethoven, Puccini o Mahler, ma la sensazione è sempre la stessa, forse ancora più forte. Suonare in orchestra, suonare con altri, è l’esperienza più unica ed appagante che un musicista possa avere. Ogni volta all’attacco si prova la stessa sensazione, la stessa emozione, la stessa magia.

L’orchestra sinfonica è un microcosmo incredibile, un piccolo Stato, con le sue leggi, le sue regole ferree, le sue prassi non scritte. A capo di tutto c’è il direttore d’orchestra, il Maestro. Ha nelle sue mani e nella sua bacchetta l’intera orchestra. E’ l’unico che può suonare il violino come la tromba, l’oboe o il contrabbasso, contemporaneamente. Una sinfonia di Chaikovsky o Schumann è talmente complessa che modificare un dettaglio in una frase d’assolo del primo clarinetto o del primo fagotto, può far cambiare l’intero movimento della sinfonia. Il musicista d’orchestra suona tecnicamente al meglio un brano,  ma è il direttore a dirgli come interpretarlo.

Il musicista è la testa, il Maestro è l’anima. Quante volte mi sono sentito chiedere: ma a cosa

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serve il direttore? L’orchestra non suonerebbe lo stesso da sola?

Avete presente il celebre adagietto della Quinta di Mahler, la colonna sonora di Morte a Venezia, 103 battute? Questa pagina detiene il record fra tutti i brani di musica classica: quello della maggiore differenza di durata che è possibile riscontrare fra le varie interpretazioni. Infatti, molti direttori come il grande Abbado affrontano questo Adagietto facendolo durare circa otto minuti ma è possibile ascoltarne esecuzioni incredibilmente dilatate, come quelle di Bernstein e Haitink, che sfiorano addirittura i quattordici minuti. Lo stesso pezzo dura quasi il doppio!

Come l’allenatore di una squadra di calcio, è il Maestro che fa suonare l’orchestra al 101%, con grinta, con cuore, con emozione, con passione, con dedizione assoluta, convincendo tutti i 60 o più musicisti dell’orchestra, che spesso si credono migliori di lui, che la sua idea, il suo progetto musicale sia bello. E quando succede che tutti i 60 remano convinti nella stessa direzione, allora si crea quella magia, quella forza, quella suggestione che non sono mai riuscito a trovare in nessun altro contesto.

Il pianista che suona da solo (il pianoforte non c’è praticamente mai in orchestra), anche se lo fa in maniera perfetta, non potrà mai raggiungere il grado di soddisfazione ed appagamento di un musicista orchestrale. Ecco perchè tutti gli strumentisti o quasi, sognano di salire sul podio, perchè essere direttore di orchestra è forse davvero il più bel mestiere del mondo. E alcuni di noi talvolta lo fanno, con risultati spesso imbarazzanti, perchè per essere un bravo Maestro servono doti non comuni.


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