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L'ordinaria storia di un paesello di collina

Creato il 25 maggio 2012 da Laperonza

 

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C’era una volta Monte Franoso, un paesino di collina con le case sparpagliate su tre cucuzzoli che da una parte guardavano il mare e dall’altra le vicine montagne. Questo paesino era campato per anni del lavoro dei contadini finchè un giorno uno s’inventò il mestiere di fare le pipe e così, in pochi anni, il nostro paesino diventò il più grande produttore al mondo di pipe. Nacquero laboratori per la creazione di pipe dappertutto: prima dentro gli scantinati delle case e poi, man mano che l’artigiano diveniva industriale, in fabbricati sempre più grossi. Negli anni di cui ci occupiamo le pipe si facevano nella zona industriale di Castello Micani, poco lontano dall’abitato e a ridosso di un bel castello antico che, in poco tempo, sparì inghiottito dai capannoni.

 

La parte vecchia di Monte Franoso non ebbe miglior sorte: quando i fabbricanti di pipe, che prima se le facevano sotto casa, costruirono le loro fabbriche fuori dal paese e cominciarono a guadagnare un bel po’ di quattrini abbandonarono le case vecchie e scomode della città vecchia e si costruirono la villa in campagna. Chi proprio non poteva ma non voleva essere da meno se ne andò a vivere in moderni appartamenti dentro lussuosi condomini a ridosso delle vecchie mura. Per costruire questi palazzoni non ci si fece scrupolo di abbattere alberi, tratti di mura castellane, antiche porte del castello. In nome del progresso nacquero enormi scatoloni che circondarono e parte mangiarono il vecchio paesino.

 

Qualcuno rimase a vivere dentro le mura ma, non accettando di sentirsi inferiore a quelli delle case moderne, ammodernò la vecchia casa di paese scimmiottando i condomini di cemento armato. Così all’interno di Monte Franoso, tra chiese romaniche e torri di guardia, ora puoi trovare case tondeggianti, fabbricati verde pisello e porte di alluminio. Ma a restare a vivere dentro il paese furono davvero pochi e, quando cominciarono a venire gli stranieri, cominciarono ad occupare le case lasciate vuote dai Montefranosini, così che, in pochi anni, il centro storico di Monte Franoso divenne una specie di città di immigrati e, quando il lavoro cominciò a scarseggiare, una specie di porto franco di strani traffici. Il tutto con la rassegnazione dei residenti.

 

Gli amministratori di Monte Franoso erano davvero poco interessati alle sorti del centro storico per molti motivi. Ad esempio i voti: gli Italiani votanti erano talmente pochi che risultava più facile e conveniente andare ad accontentare quelli di altri quartieri e prenderne il voto. Poi c’erano interessi economici: molto meglio favorire la costruzione di nuovi palazzi e incamerare gli oneri di urbanizzazione piuttosto che ristrutturare il vecchio. Poi c’erano gli interessi particolari: molti amministratori o erano tecnici edili o commerciavano in immobili. Chiaro è che era molto più interessante costruire che aggiustare.

 

Ogni tanto qualcuno cominciava con la storia della rivalutazione del centro storico ma in realtà non ci credeva nemmeno lui. Così piano piano il vecchio paese moriva. C’era un cinema ma fu chiuso perché non ci andava nessuno. C’erano dei negozi ma furono chiusi perché tutti andavano a far compere a Cittadetta perché faceva più figo. Anche la chiesa parrocchiale cedeva alla concorrenza delle parrocchie dei quartieri più nuovi.

 

A Monte Franoso c’era anche una squadra di polo, la Fumus, così chiamata in onore della pipa che tanto fece arricchire i Montefranosini. Quando la Fumus andò a giocare nella serie A del campionato di polo i Montefranosini persero la testa e cominciarono a pensare che la cosa più importante del paese fosse la squadra di polo. Fu così che venne abbandonata ogni iniziativa in città. Non si poteva organizzare una manifestazione se per caso c’era una partita della Fumus in casa o vicino casa. Tanto non ci sarebbe andato nessuno. Non potevi cercare sponsor per nessuna manifestazione perché tutti facevano a gara per sponsorizzare la Fumus. Persino il comune, che non aveva più una lira o, almeno così diceva, tirava fuori quei quattro spiccioli che aveva in cassa per sostenere economicamente la Fumus. E se qualcuno provava a protestare si trovava contro il paese intero e quasi gli toccava di andarsene in esilio in qualche paese vicino.

 

Fu così che un giorno vennero gli extraterrestri. Ma vennero di domenica che c’era la partita della Fumus fuori casa ma vicino casa e in giro non c’era un’anima viva. Volevano far danno e decisero di distruggere il cuore della città, il suo centro storico perché, secondo la logica dell’extraterrestre, la zona più preziosa di una città è la sua parte antica, quella che raccoglie la memoria storica di un popolo. Non sapevano che a Monte Franoso era tutto il contrario. Così, in un turbinio di laser e fumi colorati gli extraterrestri distrussero e polverizzarono il centro storico di Monte Franoso lasciano al suo post un enorme cratere. Ma quando i Montefranosini tornarono dalla partita nemmeno se ne accorsero e passarono tre mesi prima che qualcuno notasse che al centro della città non c’era più il paese vecchio ma soltanto un enorme buco.

 

Luca Craia

 


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