Il pittore spagnolo di origini catalane, uno dei più rilevanti del panorama artistico spagnolo nacque nel 1838 a Reus, in Catalogna, da una famiglia di umili origini. All’età di dodici anni rimase orfano di madre e venna assegnato alla tutela del nonno. Quest’ultimo capì immediatamente le grandi capacità artistiche del nipote e lo iscrisse alla scuola di Domènec Soberano. Nel 1852 si trasferì a Barcellona e venne notato per la sua abilità manuale che gli diede la possibilità di una borsa di studio dalla Diputacion Provincial, per frequentare la Scuola di Belle Arti. Grazie ad un altro finanziamento terminò gli studi a Roma, nel 1858. Arrivando nella città eterna non ne rimase entusiasta e, in una lettera inviata al nonno, scrisse: “Roma è un vasto cimitero, visitato dai turisti stranieri“. Questo preambolo poco felice venne rapidamente sostituito dalla felicità che provò davanti agli affreschi di Raffaello nei Musei Vaticani, oltre a numerosi altri tesori artistici che facevano ( e fanno) di Roma uno dei centri artistici più ricchi del mondo. Nella capitale italiana strinse una forte amicizia con il pittore romano Attilio Simonetti con il quale viaggiò a Napoli entrando in contatto con i salotti pittorici napoletani. Insieme divisero l‘atelier in via Ripetta e poi in via Flaminia, seguendo dei corsi di disegno all’Accademia Gigi, in via Margutta. Quando nel 1860 scoppiò la guerra ispano-marocchina, le autorità di Barcellona incaricano Fortuny di recarsi in Marocco per imprimere le scene delle battaglie. Fortuny salpò dalla Spagna verso l’Africa del nord, accompagnato dal suo futuro cognato, Jaime Escrin. Il pittore assistette alla battaglia di Wad Ras, il 23 marzo e, qualche giorno dopo, venne fatto prigioniero durante un imboscata marocchina. Si salvò spacciandosi per un inglese. Durante tutto il suo soggiorno in Marocco, il pittore abozzò disegni a matita, ad olio, acquarello, studiando i soldati arabi e il loro capo, Moulay Abbass, oltre ai volontari catalani, ai paesaggi, all’habitat e agli animali allora presenti. In aprile raggiunse la Spagna e nel mese di giugno dello stesso anno espose alcune delle sue opere africane. In quella frangente gli venne commissionato un grande quadro sulla battaglia di Tetouan e, per la sua prepazione, i commandatari richiesero a Fortuny un tour nei principali musei europei: Parigi, Monaco, Berlino, Bruxell, Firenze e Milano. Il pittore si recò soltanto a Parigi dove incontrò Reginaul e Hèbert ed ebbe l’occasione di ammirare, a Versailles, la tela di Horace Vernet consacrata alla battaglia di Smalah. Al suo ritorno a Romaintraprese gli studi preliminari della Battaglia di Tetouan basandosi sui schizzi africani e sulla collezione di oggetti che aveva portato dal Marocco. Fortuny tornò in Marocco per la seconda volta nel 1862. Questa volta adottò i costumi arabi e mise in pratica il suo talento appredendo anche l’arabo, entrando a tutto campo nella vita locale ed eseguendo numerosi schizzi che ebbero come soggetto gli abitanti nella loro vita comune. Uno di questi, Herador marroqui (1863) mette in scena un laboratorio artigianale, oggi al Museo d’Arte Moderna di Barcellona. Fortuny si appassionò all’artigianato del Paese e adorava entrare nei souks e nei giardini di Tetouan. Nel mese di dicembre tornando in Spagna dipinse, tra gli altri, Sentinella araba. Nel 1871 tornò nuovamente in Marocco e al suo ritorno ebbe un incontro con il pittore orientalista Georges Clairin, che organizzò una festa araba in suo onore. Ripartì subito dopo per Tetouan e di ritorno a Roma, passando dalla Spagna, si ammalò di malaria. Morì nella sua villa romana il 21 novembre 1874. Alcuni dei suoi studi mostrarono inequivocabilmente che il pittore stava iniziando a concentrare la sua attenzione sulle strutture interne dei paesaggi, con dei cieli più vasti e meno dettagli superficiali. La sua influenza si fece sentire in Roma per molto tempo ancora dopo la sua morte. Alcuni critici dichiararono che la sua influenza fù nefasta sui giovani e numerosi artisti italiani, storditi dal suo stile apparentemente facile, lo copiarono servilmente. Il “Fortunysmo” divenne un termine leggermente peggiorativo, ma nessuno potè nascondere il dono straordinario che l’artista possedeva. Per tutta la vita ebbe una vera empatia con il colore e con lo spirito del mondo arabo. Un buon numero delle sue opere fanno parte di collezioni visibili in Europa e non solo, USA, Russia, al Museo del Prado di Madrid, alla Corcoran Gallery of Art di Washington, al Fogg Art Museum di Cambridge (Massachussetts), al museo Poldi-Pezzoli di Milano e infine all’Ermitage di S.Pietroburgo.