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L’Oro del Vaticano: la gestione di questo patrimonio ha provocato un allontanamento dallo spirito umile e povero raccomandato da Cristo.

Creato il 27 aprile 2014 da Hugor @msdiaz61

Oro come denaro. Oro come proprietà immobiliare e territoriale. Oro come fasto di opere d’arte. Oro come proprietà del Vaticano che costituiscono un vero e proprio tesoro. È il frutto del modo in cui è stata amministrata la Santa Sede la cui degenerazione ha provocato un allontanamento dallo spirito umile e povero raccomandato da Cristo e con l’impiego di certe ricchezze in campi ben lontani dallo spirito apostolico.

La gestione di questo patrimonio fa capo ad apposite commissioni cardinalizie con l’assistenza di finanzieri laici, e il denaro è custodito negli istituti bancari dello IOR e dell’Apsa, con depositi sotterranei di oro e diramazioni nelle casseforti delle Isole Cayman: un autentico Fort Knox fuori da ogni legge.

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Il denaro della Santa Sede si è capitalizzato, ironicamente, dalla fine dello Stato Pontificio, coincidente con una crisi delle casse vaticane, ovvero dalla sua ricostituzione come Città del Vaticano, avvenuta con i Patti Lateranensi del 1929, e attraverso operazioni bancarie talvolta illecite, con riciclaggio di denaro “sporco”.

Queste vengono passate in rassegna con un documentato capitolo, in collegamento con gli istituti economico-finanziari, per svilupparsi nell’illustrazione delle altre fonti di reddito sacroprofane che hanno origine dalla medievale confessione a pagamento e dalla vendita delle indulgenze, e che ancora oggi rivivono nel mercimonio funebre, nello sfruttamento finanziario del sacramento del matrimonio e nel suo annullamento connesso con la Sacra Rota.

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Eancora nell’Obolo di San Pietro, nel fondo personale del papa, nella Elemosineria Apostolica con la relativa benedizione apostolica a pagamento, nella raccolta quotidiana di elemosine nelle chiese e di offerte nelle Opere e nelle Giornate Missionarie, che fanno capo alla Congregazione per l’Evagelizzazione dei Popoli, ma nelle cui casse non sempre finiscono, e nel Vicarius Christi Found dei Cavalieri di Colombo.

E per finire, sfruttamenti esclusivamente commerciali: dalla compravendita agli affitti delle proprietà immobiliari che risalgono all’istituzione della società Generale Immobiliare, e dagli interessi nella casa discografica RCA Italiana, con la produzione di dischi di musica leggera e jazz in testi non sempre edificanti per Santa Romana Chiesa, alla vendita di monete e francobolli sotto l’insegna del collezionismo. Un fiume di denaro, al quale vanno aggiunti i contributi dello Stato Italiano alle spese delle scuole secondarie paritarie della Santa Sede, la concessione dell’8 per mille del gettito fiscale Irpef e la gratuita fruizione di acqua e luce nella Città del Vaticano.

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Tutta questa ricchezza peraltro si è manifestata fin dalle origini della Santa Sede nella costruzione e nella decorazione fastosa delle chiese e dei palazzi vescovili, da Roma all’Europa, in Terra Santa e in America, ma che è particolarmente evidente all’interno della Città del Vaticano e negli ambienti di Roma più strettamente legati alla Santa Sede. Così le basiliche papali con le rispettive sagrestie, qualificate come Tesori, si rivelano veri e propri depositi di oggetti d’oro, argento e gemme tra triregni, calici e reliquiari, oltre a paramenti ricamati in oro e pietre preziose, tutte ricchezze di un valore inestimabile, difficilmente però commisurabili come denaro in un ipotetico mercato. Ricchezze che si riscontrano anche nell’Archivio Segreto Vaticano e nei mitici Musei Vaticani, nei quali si sviluppa un’autentica “caccia al tesoro”; tutti ambienti evidenziati in appendice nelle maggiori preziosità.

E ancora i Santuari, legati a miracoli e guarigioni, nel contesto di una serie di pellegrinaggi, testimonianza di fede certamente, ma anche di una organizzazione speculativa, che è frutto di notevoli guadagni. E infine, la ricchezza di una proprietà immobiliare che si estende da Roma in tutto il mondo sotto le vesti di alberghi, istituti religiosi, case di cura e per abitazione, e un gran numero di chiese, molte delle quali inutilizzate, tanto da essere messe in vendita. Tutto questo patrimonio viene illustrato in un ampio capitolo opportunamente documentato.

Parallelamente, all’interno delle istituzioni ecclesiastiche della Santa Sede, si è evidenziato l’arricchimento della Conferenza Episcopale Italiana attraverso la gestione di un esteso territorio della periferia di Roma, alle spalle del Vaticano, con relative funzioni imprenditoriali, nonché della prelatura Opus Dei, solo in teoria autonoma dalla Santa Sede, ma in realtà costituente una base di ricchezza a margine, con proprietà e denaro sonante. E ancora i soldi e le proprietà di ordini religiosi, Società di Vita Apostolica e confraternite. Una ricchezza immensa, messa in luce dalla valutazione storica dei luoghi e delle apposite strutture. I bilanci consuntivi consolidati della Santa Sede e della Città del Vaticano, pubblicizzati con apposite conferenze stampa dal 1998 ad oggi, e riportati in appendice, costituiscono solo un apparente rendiconto veritiero di tutto il complesso della ricchezza in dotazione della Chiesa di Roma.

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