L’Orsetto Bastardissimo
affronta il nano Coolio
di Iannozzi Giuseppe
a Vany che ama le favole a lieto fine
C’era una volta un essere diabolico che s’aggirava per il bosco, un nano che giorno dopo giorno non mancava di fare dispetti alle creature che ci vivevano. Anche il Lupo temeva questo nano, mezzo pelato con il riportino, il naso affilato, le labbra sottili sempre atteggiate in un ghigno di scherno e la pelle nera più del carbone. A causa del nano malefico la vita nel bosco era impossibile; non poche volte tanti e tanti scoiattoli ci avevano rimesso la pelliccietta, e persino le volpi, le creature più furbe del mondo fiabesco, finivano male, denudate della loro pelliccia e le loro carcasse poi abbandonate ai margini del bosco. Il nano era un cacciatore, uno di quelli crudeli, che amava predare le sue vittime per dar sfogo alla malvagità che alimentava il suo spirito, non per altro.
Coolio aveva deciso d’installarsi in Bosco Felice parecchi anni or sono. Sbattuto fuori dall’Ozzy Circus dove lavorava in qualità di buffone, a causa del suo caratteraccio a dir poco diabolico, Coolio, dopo un lento e monotono girovagare, in un giorno di pioggia aveva trovato riparo in mezzo agli alberi, sotto le loro larghe fronde. Com’è facile immaginare Coolio era entrato in Bosco Felice e passata la pioggia aveva deciso di rimanere, sicuro che in quell’angolo di paradiso non gli sarebbe mancato alcunché. Le sue aspettative non furono tradite; ben presto il nano da buffone che era si reinventò cacciatore, e dal quel dannato giorno per Bosco Felice la pace finì di regnare sovrana.
Il Lupo, una volta tanto temuto dalle creature del bosco, nel giro di poche ore fu costretto in un angolo. E c’è da dire, a tutto onore del povero Lupo che questi si limitava a spaventare uccellini e volpacchiotti, ma senza far loro mai sul serio del male; recitava la sua parte, come in una fiaba. Era insomma un Lupo burlone, simpatico volendo perché gli animali del bosco stavano al “suo” gioco d’esser da lui predati. Con l’arrivo del nano Coolio invece tutto cambiò, questi infatti cominciò a dar la caccia in primis al povero Lupo, con la precisa intenzione di farlo fuori e d’usar poi la sua pelliccia per farne un tappeto, mentre con la testa ci si sarebbe fatto un copricapo, così andava sbraitando per i quattro angoli del bosco. Tuttavia il Lupo riuscì a sfuggirgli, non si sa bene per quale aiuto della Provvidenza; e alla fine Coolio, seppur a malincuore, decise di rimandare l’uccisione del canis lupus. Il non esser riuscito a impallinarlo rese il nano ancor più tremendo e assetato di sangue: non una puzzola risparmiava, il suo moschetto sempre faceva centro e sempre lasciava dietro di sé lunghe scie di sangue innocente. Gli uccellini del bosco, resisi conto che tirava una gran brutta aria per loro, decisero di comune accordo d’abbandonare le fronde, ora ombrose ora soleggiate, di quello che fino a poco tempo prima era stato un piccolo paradiso di serenità. Solo le vecchie civette e qualche corvo nero non più in grado di volare decisero di rimanere, andando però così incontro a una più che probabile brutta sorte.
Coolio non risparmiava d’impallinare gli uccelli di passaggio sulle fronde del bosco, né si tirava indietro se intravedeva una cicogna o un elegante cigno bianco volare: li braccava con inaudita ferocia e li abbatteva senza alcuna pietà strepitando poi di gioia. Il suo urlo disumano si diffondeva in lungo e in largo, l’eco sinistra della sua perversa felicità fu ben presto associata alla voce del Demonio; e così i rari passanti che scendevano giù nei pressi dei villaggi d’attorno fecero presto a raccontare che Bosco Felice era caduto nelle mani del Diavolo e che nessun uomo, con un minimo di sale in zucca, avrebbe dovuto metterci più piede. Il monito fu osservato da pressoché tutti gli abitanti dei villaggi, con le conseguenze che si possono ben immaginare: il nano Coolio divenne in breve tempo l’assoluto padrone di cose e animali.
Un giorno però un’ombra a dir poco gigante si materializzò come dal nulla proprio nel cuore di Bosco Felice. Quando Coolio si trovò di fronte l’ombra, si fece piccolo piccolo, più basso di qualsiasi altro nano tanta fu la paura: le gambette presero subito a fargli giacomo giacomo. Intuendo il pericolo provò a balbettare qualche scusa, ma dalla bocca gli uscì soltanto un versaccio senza senso. Coolio non riusciva a credere ai suoi occhi: se quello era un orso, poco ma sicuro che era il più brutto che Madre Natura avesse mai partorito. Peloso come tutti i grizzly teneva però in testa una sorta di bandana nera, due grossi orecchini d’oro per ogni orecchio e braccialetti borchiati su tutt’e quattro le zampe. Coolio deglutì a vuoto, cercando di capire se quell’essere fosse un gran bastardo o un idiota totale. In cuor suo il nano sperò che, nonostante l’aspetto minaccioso, fosse un grosso orso tutto scemo. Tuttavia presto le sue speranze scemarono. L’enorme grizzly cacciò fuori dalla gola un urlo tale che il nano dovette arretrare suo malgrado, inciampando e cadendo battendo il sedere per terra. In un men che non si dica Coolio si vide prender di peso dall’orso, che senza sforzo alcuno lo sollevò sopra il suo testone. Il nano sgambettava agitando le braccine, cercando anche di gridare, ma la voce tanto era il terrore gl’era morta nella strozza. L’orso esplose in una risata bella tosta, da gran bastardo, e ridendo di gusto scagliò in aria il nano che subìto prese il volo per perdersi nell’infinito del cielo bucando coltri e coltri di nubi, uscendo infine dall’atmosfera terrestre, perdendosi così nello spazio dove il suo terrore non trovò eco.
Fu così che Bosco Felice ritrovò la tranquillità. L’arrivo del grizzly metallaro aveva segnato l’inizio d’una nuova epoca. Gli animali tornarono ad abitare il bosco e in meno d’un niente il loro salvatore fu battezzato Orsetto Bastardissimo, e fu subìto chiaro a tutti che d’ora in poi sarebbe stato lui il Re. Anche al Lupo.
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