Martedì 04 Dicembre 2012 10:32 Scritto da Serena Mendrano
Luckas, detto Luck, era l’unico figlio rimasto della famiglia Robbins, costituita dalla mamma Gelda, attenta e premurosa e dal papà Bartolo, severo ma comprensivo. Le grandi, a volte esagerate attenzioni nei confronti di Luck da parte dei suoi genitori, derivavano a causa della perdita improvvisa dei suoi fratelli, morti durante una combutta contro gli uomini di caccia.
Il bosco piacque molto alla famiglia Robbins, tant’è che si trasferì subito. Papà Bartolo cominciò a costruire la casa con le proprie zampe e in men che non si dica tutto era pronto per poterci abitare.
Dopo le innumerevoli raccomandazioni della mamma, Luck si inoltra nel bosco per perlustrarlo:
“Luck, stai attento, non conosci ancora questo bosco e potresti perderti”.
“Non ti preoccupare mamma, qui non ci sono gli uomini, voglio solo andare a cercare qualche amico con cui giocare, che vuoi che mi succeda?”.
“Mi raccomando non fare tardi”.
“Ok non farò tardi, a dopo mamma”!
E così Luck inizia la sua esplorazione all’interno del bosco, quando si imbatte in una volpe:
“Ciao” - disse l’orso - “Come ti chiami? Io sono Luck e mi sono appena trasferito in questo bosco, ti andrebbe di diventare mio amico?”.
“Non so sai, tu sei grande e grosso, cosa potremmo fare insieme?”, rispose con aria superba la volpe.
“Ok ho capito” - rispose Luck - “non vuoi essere mio amico perché sono grande e grosso rispetto a te…allora ciao”. Voltò le spalle e se andò sconsolato!
Continuando per il sentiero, incontrò una Lince a cui non esitò di rivolgere parola:
“Ciao Lince, io sono Luck. Mi sono trasferito da poco e sono in cerca di amici”, disse.
“E ne hai trovati?”, chiese la Lince.
“No – rispose Luck – ho incontrato la volpe ma mi ha detto che sono grande e grosso e che con me non saprebbe cosa fare”.
“La volpe ha ragione – disse la Lince – devi trovare amici della tua stessa stazza, altrimenti non riuscirai a giocare”!
Col volto basso e triste, Luck girò le spalle anche alla Lince e si incamminò sconsolato verso casa. Arrivato, la mamma gli chiese come fosse stata la giornata e se avesse trovato qualche amico con cui giocare, ma la risposta di Luck non fu positiva. Allora mamma Gelda lo rassicurò dicendogli che era solo questione di tempo e che prima o poi avrebbe trovato l’amico giusto con cui divertirsi ogni giorno. Papà Bartolo, intanto, aveva preparato la cena: un succulento piatto di castagne arrosto aveva fatto sorridere l’orsetto, facendogli dimenticare per un momento la brutta giornata che aveva passato.
Il giorno dopo, Luck si inoltrò nuovamente nel bosco alla ricerca di compagnia. In quel momento di solitudine, l’orso riuscì comunque a cogliere le bellezze che lo circondavano: i fiori appena sbocciati mettevano allegria, i laghetti luccicavano grazie al sole splendente che vi batteva sopra, gli alberi si muovevano sinuosi a ritmo del vento. Gli amici. Mancavano solo gli amici. Luck era disteso sull’erba e parlava con le piante, quando ad un tratto gli cadde una palla sul petto che riuscì fermamente a bloccare con le zampe; da un cespuglio spuntò un Lupo, circondato da altri animali, suoi amici, tra cui la volpe e la lince che Luck aveva incontrato il giorno prima:
“Ciao, posso giocare anch’io con voi?”, chiese Luck.
“Mmmh…” - tentennò il lupo - “Ma tu sei grande e grosso, finiresti per far arrivare la palla troppo lontano”. “E poi” – continuò il lupo – “Non ti conosciamo, non ti abbiamo mai visto in questo bosco: chi sei, da dove vieni?”.
“Io sono Luck e mi sono trasferito da poco, voglio solo trovare degli amici con cui giocare, tutto qui”, rispose l’orso.
Ma gli animali del bosco non sembravano interessati alla storia di Luck, per cui tutti insieme, decisero che non poteva stare nel loro gruppo.
“Mi dispiace Luck” – disse la volpe – “ma noi siamo diversi da te”.
Non sembrava una spiegazione plausibile per Luck; era molto arrabbiato. Per questo, fece un gesto che non avrebbe mai fatto se non fosse stato umiliato così duramente: lanciò la palla che ancora aveva in mano, facendola perdere di vista al lupo e a tutti i suoi amici. Gli animali, increduli, girarono le spalle e se andarono tutti, lasciando il povero Luck di nuovo da solo.
Quel pomeriggio però, Luck non decise di tornare a casa, ma scelse di girovagare ancora un altro po’ nel bosco. Gira e rigira, pensando e ripensando, l’ora si fece tarda e Luck, allontanandosi troppo da casa, si perse. Ma questo non lo intimoriva. Luck era un orso molto coraggioso e non si lasciava spaventare dalla sera, che calava inesorabilmente lasciando nel buio tutto il suo regno!
Quell’atmosfera riusciva a tenerlo su di morale: gli alberi silenziosi, i fiori dormienti e poi la luna che illuminava il piccolo sentiero, circondata dalle sue stelle. Ma una strana luce richiamò l’attenzione di Luck. Si avvicinava sempre di più, velocemente. In un battibaleno, la luce raggiunse il nostro amico:
“Ciao Orso, io sono Lucilla, la lucciola! Che ci fai tutto solo a quest’ora, qual è la tua meta?”, chiese la lucciola curiosa.
Luck era molto stupito dal fatto che un animale così piccolo potesse avergli rivolto parola, visto e considerato che tutti gli altri animali, di taglia ben più grossa rispetto alla lucciola, gli avevano voltato le spalle.
“Ciao, io sono Luck, mi sono trasferito da poco nel Bosco di Rugiada, ma nessuno vuole essermi amico”! – rispose l’orso.
“Ma perché?” – ribadì la lucciola – “hai fatto loro qualcosa di male?”.
“No, ho chiesto solo se potevo giocare con loro, ma mi hanno risposto che sono troppo grande e grosso e che per questo non avrei mai fatto parte del loro gruppo”.
“Vedi” – disse la lucciola – “a volte ci si ferma solo all’apparenza, senza sapere qual è realmente il nostro animo. Tu sei buono, l’ho capito; e non devi essere triste per questo!”
“Sono buono, ma sono solo”, rispose con tono triste Luck.
“Da oggi no” – disse Lucilla – “Ci sarò io a farti compagnia”!
“Davvero?” – si chiese stupito Luck.
“Sì” – disse con fermezza la lucciola. “Dai vieni, voglio farti conoscere una persona speciale”!
“Di chi si tratta?” – chiese Luck.
“Seguimi e lo scoprirai” – rispose Lucilla.
Luck era talmente contento che non si rese conto di essersi attardato. Ma non gli importava perché era felice anche se molte domande affioravano la sua mente: “Come mai un esserino così piccolo aveva accettato di diventare suo amico. Non avevano niente in comune, eppure Lucilla, a dispetto degli altri animali, lo aveva fatto”.
Camminando giù per il sentiero, i due amici si trovarono di fronte ad un lago circondato da pini e cipressi. Poi una grotta, al di là della sponda. Il paesaggio sotto gli occhi di Luck era talmente bello che sembrava incantato.
“Ma dove siamo?” – domandò Luck.
“Siamo di fronte alla tana del Saggio Cervo!” – rispose Lucilla.
“Il Saggio Cervo?” – ribadì l’orso. “Deve essere una persona importante!” – esclamò.
“Certo!” – rispose Lucilla. “Lui ha molti anni, ma riesce sempre a dare dei consigli preziosi, potrebbe essere utile per te. Perché non gli chiedi aiuto? Sono sicura che riuscirà a darti i consigli giusti!”.
“Davvero potrebbe aiutarmi?” – chiese Luck.
“Certo!”. “Oh, si è fatto veramente tardi, io devo scappare. Mi raccomando, ascolta i consigli del Cervo Saggio!!”. E se ne andò.
“Ma dove vai? Mi lasci qui da solo e…?”, non fece in tempo a finire la frase il caro Luck, quando ad un tratto vide una luce folgorante provenire dalla grotta:
“Ma che succede?” – si chiese preoccupato.
All’affievolirsi del bagliore, Luck udì una voce provenire dalla grotta. Era il Cervo Saggio. Lì davanti a lui. Luck non sapeva cosa dire di fronte a tanta maestosità. Si limitò, inizialmente, a rispondere alle sue domande.
“Tu devi essere Luck, vero?” chiese il Saggio. “Ti sei trasferito da poco in questo bosco con i tuoi genitori. Il bosco accoglie ben volentieri una famiglia come la vostra”!
“Si, sono io..ma come fa a sapere tutte queste cose”, rispose Luck balbettando un po’.
“Io sono a conoscenza di tutto quello che accade in questo bosco; so molto di più di quello che tu pensi”, rispose il saggio.
Luck faceva fatica a parlare, un po’ per timidezza, un po’ perché non poteva credere a quello che i suoi occhi stavano vedendo. Mille pensieri sfioravano la sua mente. Per un momento pensò anche a sua madre. A come doveva essere preoccupata perché non lo vedeva rientrare. Pensava alla reazione di papà Bartolo quando sarebbe tornato a casa. Ma pensava anche al momento in cui avrebbe raccontato loro qualcosa di incredibile!
“Vedi” – disse con aria sapiente il Cervo Saggio – “molte volte quello che tu pensi sia un problema irrisolvibile, in realtà lo è solo finché penserai che sia impossibile da risolvere”.
“Cosa vuole dire Saggio cervo” , replicò stranito Luck.
“Che le cose sono molto più semplici di quanto sembrino!”, rispose il Saggio. “Tu sei una persona buona, Luck, e prima o poi incontrerai chi si accorgerà di questa tua bontà”.
“Ma come faccio? Nessuno vuole giocare con me, hanno paura perché sono alto e grosso, non vorranno mai avere a che fare con me”, disse Luck con tono abbattuto.
“Non disperare Luck, credi solo in quello che sei e fa sempre quello che ritieni giusto fare” – rispose il Cervo Saggio – “Vedrai – continuò – il momento è vicino”. E svanì.
Luck non fece in tempo ad alzare lo sguardo che il Saggio Cervo scomparve in un batter d’occhio. Ancora incredulo di quello che gli era capitato, Luck si avviò sulla strada di casa. Quando arrivò, dovette subire il rimprovero dei suoi genitori:
“Ma dove sei stato tutto questo tempo? Lo sai che siamo stati in pena per te?”, domandarono stizziti i signori Robbins.
“Si lo so, ho sbagliato – rispose Luck – ma mi è successa una cosa incredibile, dovete credermi!!!”.
“Che cosa è successo di tanto incredibile Luck?” – domandò papà Bartolo, arrabbiato ma un po’ incuriosito.
“Ho incontrato il Saggio Cervo, sapeva di noi, sapeva di me, lui sa tutto. Ha molti anni e veglia su questo bosco” – disse Luck, affannato e inciampando con le parole.
Gelda e Bartolo, decisero di credere al loro figlio, ma non mancarono di dargli altre raccomandazioni:
“Va bene Luck, ma non farci stare mai più così in pena”.
“Ve lo prometto!!”, disse Luck. E felice, andò a dormire.
Il mattino seguente Luck uscì presto da casa, non prima di aver ascoltato le raccomandazioni dei suoi genitori. Andava in cerca della sua amica Lucilla quando ad un tratto udì delle grida d’aiuto che provenivano da dietro i cespugli:
“Aiutooooooooooo, qualcuno mi aiutiiiiiiiiii…”.
Luck non aspettò un secondo di più e si addentrò nei cespugli per capire cosa stava accadendo, quando vide la volpe che stava annegando nel lago. Senza pensarci due volte si tuffò in acqua per salvarla.
“Resisti sto arrivando!!”, urlò Luck.
In pochi secondi Luck raggiunse la volpe e la trascinò fuori dall’acqua. Stremata la volpe gli disse: “Grazie Luck, ma perché mi hai salvato?” – chiese la volpe.
“Ma come perché? Stavi annegando” – rispose Luck.
“Sì – ribadì la volpe – ma io non ti ho permesso di essere mio amico e di tutti gli altri animali; sei stato buono con me mentre io non lo sono stata affatto” – disse la volpe amareggiata.
“Vedi volpe, qualcuno di molto importante mi ha detto che a volte le cose non sono sempre così come sembrano – spiegò Luck - talvolta devi scavare per vederci il buono dentro le persone. Io sono diverso da voi e questo non è il bosco dove sono nato, ma essere diversi non significa avere qualcosa in meno o in più; vuol dire solo non essere come gli altri!”.
“Tu mi hai salvato la vita Luck” – disse la volpe con le lacrime agli occhi – “non lo dimenticherò mai. D’ora in poi saremo per sempre amici!”.
Le parole di Luck commossero la volpe che decise finalmente di accettare l’orso, grande e grosso, per quello che era: un animale buono ma che possedeva qualcosa di ancora più grande del suo aspetto fisico: il cuore.
E così, Luck riuscì finalmente a circondarsi di tanti amici i quali impararono a volergli bene e a fidarsi di lui come fosse un loro fratello. Tornò a casa più contento che mai, ma alla vista del suo enorme pelo bagnato, mamma Gelda, preoccupata come sempre gli chiese:
“Ma cosa è successo?? Perché sei tutto bagnato?”.
“Mamma non ti preoccupare, sto bene. Ho appena salvato la vita ad una volte che stava annegando”, rispose Luck.
“La stessa volpe che ti ha voltato le spalle?”, disse la mamma.
“Sì mamma, ma non mi importa, io ho solo fatto quello che dovevo. E sono contento perché adesso ho tanti amici”, disse.
“Bene” – ribadì mamma Gelda – “Sono veramente fiera di te Luck”.
E si abbracciarono.
Il giorno seguente Luck e i suoi amici giocavano tranquillamente nel bosco, come se l’avessero sempre fatto, tutti insieme. Il suo sguardo era pieno di felicità. E anche gli altri animali erano contenti, perché in lui avevano trovato un amico sincero e sempre pronto a dare una mano. Qualità che prima non avevano visto perché troppo impegnati a soffermarsi sulla sua stazza.
“Luck…lancia la palla amico mio!!”, disse la volpe.
Luck sorrise. Era l’unica cosa che in quel momento avrebbe voluto sentirsi dire!