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L'orto degli altri - 12: "La categoria degli stronzi"

Creato il 08 febbraio 2011 da Sulromanzo

Kurt Vonnegut

Dopo il sogno leghista di Roberto Saviano, oggi vi presento un articolo pubblicato su Carmilla il 18 luglio 2004, un’intervista a Kurt Vonnegut (deceduto nel 2007). Egli sostiene che “le personalità psicopatologiche sono presentabili e conoscono perfettamente le sofferenze che le loro azioni possono causare agli altri, anche se la cosa non li tocca. Non li tocca perché sono fuori di testa. Sono degli svitati”. Mi chiedo se le sue parole oggi non abbiano ancora valore rispetto a qualche situazione della nostra penisola.

Buona lettura.

***

Vonnegut: "La categoria degli stronzi"

di Joel Bleifuss

Nel novembre scorso, Kurt Vonnegut ha compiuto 80 anni. Al primo romanzo, Piano meccanico, scritto nel 1952 all’età di 29 anni, ne hanno fatto seguito altri tredici, tra cui Mattatoio 5, uno dei più importanti testi del XX secolo contro la guerra. Nel momento in cui si profila minaccioso il conflitto contro l’Iraq, ho chiesto a Vonnegut di intervenire in merito. Vonnegut è un socialista americano alla Eugene Victor Debs, l’accademico del quale ama citare la seguente frase: "Fino a quando ci sarà una classe povera, io ne farò parte. Fino a quando ci sarà un elemento criminale, io ne farò parte. Fino a quando ci sarà anche una sola anima in prigione, io non sarò libero."
Lei è stato testimone della Seconda Guerra Mondiale, della Corea, del Vietnam, delle guerre di Reagan, di Desert Storm, dei conflitti balcanici e ora di questa guerra in Iraq. Cosa è cambiato e cosa è rimasto uguale?
Una cosa che non è cambiata è che nessuno di noi, a prescindere dal continente, dall’isola o dalla banchisa polare in cui è nato, ha chiesto di venire al mondo. Quindi anch’io, che ormai sono un vecchio di ottant’anni, mi sono trovato qui per caso. E quando è successo i giochi erano già iniziati. Una massima adatta per un governo che voglia sostenere la propria politica o la propria moneta o qualunque altra cosa, potrebbe essere la frase che il compianto allenatore di baseball Casey Stengel rivolse a una squadra di atleti professionisti che stava perdendo: "C’è qualcuno qui in grado di giocare questa partita?". Per fare un esempio più vicino a noi, mia figlia Lily, la quale ha appena compiuto vent’anni, si considera – alla stregua di quell’altro adolescente che è George W. Bush – erede di una sconvolgente storia recente fatta di schiavitù, epidemie di Aids e sottomarini nucleari adagiati sul fondo di fiordi in Islanda o chissà dove, con equipaggi pronti a trasformare in un batter d’occhio con razzi e testate nucleari quantità industriali di uomini donne e bambini in polvere radioattiva e farina d’ossa. E si considera anche erede della scelta tra liberalismo e conservatorismo. Ciò che è radicalmente nuovo in questo 2003 è che mia figlia, insieme al nostro presidente e a Saddam Hussein, ha ereditato delle tecnologie i cui effetti collaterali, in guerra e in pace, stanno rapidamente distruggendo il pianeta inteso come ecosistema di aria e acqua necessario alla sopravvivenza della vita in tutte le sue forme. E la colpa è degli uomini di ieri e di quelli di oggi.
Da quello che ha letto e visto attraverso i media, c’è qualcosa che non è stato detto sulla stampa tradizionale circa la politica di Bush e l’imminente guerra in Iraq?
Che entrambe non hanno senso.
La mia sensazione parlando con alcuni lettori e con gli amici è che molta gente stia iniziando a disperare. Lei pensa che non ci sia più motivo per essere ottimisti?
Personalmente credo che il nostro paese, per la cui Costituzione ho combattuto una guerra giusta, avrebbe anche potuto essere invaso da marziani o da ladri di cadaveri. Qualche volta avrei desiderato che ciò avvenisse. Quello che invece è successo è che il controllo della nazione è stato ottenuto con il più sordido, farsesco coup d’état in stile "oggi le comiche" mai immaginato. A capo del governo federale ci sono ora ex studenti dal pessimo rendimento scolastico appartenenti alle classi agiate che non sanno nulla di storia e di geografia, palesi sostenitori della supremazia bianca che si fanno chiamare "cristiani" e, cosa ancor più preoccupante, personalità psicopatologiche. Rientra nel campo di una diagnosi medica perfettamente rispettabile affermare che qualcuno ha una personalità psicopatologica, è come dire che il soggetto soffre di appendicite o ha il piede d’atleta. Il testo medico classico che tratta di questi disturbi è The Mask of Sanity del dottor Hervey Cleckley. Leggetelo! Le personalità psicopatologiche sono presentabili e conoscono perfettamente le sofferenze che le loro azioni possono causare agli altri, anche se la cosa non li tocca. Non li tocca perché sono fuori di testa. Sono degli svitati. E quale altra sindrome può descrivere meglio i così tanti dirigenti della Enron o della Worldcom che si sono arricchiti rovinando i loro impiegati, gli investitori e il paese stesso, e che ancora continuano a considerarsi puri come bambini, nonostante l’evidenza e le accuse loro rivolte? E così molti di questi psicopatici insensibili ora hanno ruoli di rilievo nel nostro governo federale, come se fossero dei capi e non dei malati. Ciò che ha permesso a un tale numero di pazzi di raggiungere posizioni così importanti nelle aziende, e ora, nel governo, è la loro risolutezza. A differenza della gente normale, non sono mai sfiorati dal dubbio, per la semplice ragione che a loro non importa cosa succederà dopo. Non gliene frega assolutamente niente. Fate questo! Fate quello! Mobilitate i riservisti! Privatizzate le scuole pubbliche! Attaccate l’Iraq! Tagliate la spesa sanitaria! Mettete sotto controllo tutti i telefoni! Riducete le tasse per i ricchi! Costruite uno scudo missilistico da mille miliardi di dollari! Fottetevene dell’habeas corpus e del Sierra Club e di In These Times e leccatemi il culo!
Come è entrato nel movimento pacifista? E come considera questo movimento contro la guerra in Iraq rispetto a quello del Vietnam?
Quando divenne ovvio quanto stupida, crudele e fallimentare dal punto di vista spirituale, finanziario e militare fosse la nostra guerra in Vietnam, ogni artista che contasse qualcosa in questo paese, ogni scrittore importante, ogni pittore, ogni cabarettista, ogni musicista, ogni attore e ogni attrice - si potrebbero ricordare uno per uno - iniziarono a protestare. E all’interno della loro protesta si formò quello che può essere descritto come un raggio laser dove tutti erano concentrati, pieni di energia e animati dallo stesso scopo. Quest’arma si è dimostrata efficace come una torta in faccia. E lo stesso succede oggi con i movimenti contro la guerra. Oggi come allora la tv non ama coloro che protestano contro la guerra, anzi in generale coloro che protestano, a meno che non diano vita a tumulti di piazza. Ora come allora, nei servizi televisivi, il diritto dei cittadini a riunirsi pacificamente e a sottoscrivere petizioni al governo per esprimere le proprie rimostranze non conta un accidente.
Come artista e scrittore ha notato qualche differenza circa quelle che i leader culturali del passato e del presente considerano le proprie responsabilità nei confronti della società?
Responsabilità verso quali società? Verso la Germania nazista? Verso l’Unione Sovietica stalinista? E cosa ne dice delle responsabilità nei confronti dell’umanità intera? E ai leader di quale particolare attività culturale si riferisce? Penso che lei intendesse le belle arti. Me lo auguro di cuore… Tutti coloro che si dedicano a comporre musica, per quanto cinici, bramosi di potere o pavidi, non possono evitare di fare un servizio all’umanità intera. La musica ci fa amare di più la vita. Per ciò che mi riguarda, anche le bande militari, e lo dico io che sono un pacifista, mi hanno sempre tirato su il morale. Qui si capisce cosa voglia dire musica per le mie orecchie. Non esiste invece un equivalente visivo che abbia valore universale e che ci arrivi dalla poesia, dalla narrativa, dalla storia, dai saggi o dalle biografie. La letteratura è per definizione di parte. È destinata a provocare discussioni ovunque si trovi, compresa la propria città o la famiglia dell’autore. Al massimo uno scrittore può sperare di diventare il portavoce di piccoli gruppi o di gente in qualche modo a lui affine. Si può spingere fino a concedere un’intervista al redattore di un giornale di nicchia. Forse un’altra volta potremmo parlare delle responsabilità che hanno gli architetti, gli scultori e i pittori nei confronti della società. E allora io sosterrò che ci sono stati programmi televisivi che, pur non essendo inseriti a pieno titolo nella categoria Arte, hanno reso meravigliosi servigi agli americani, facendoli diventare meno paranoici, più obiettivi e più indulgenti. M.A.S.H. e Law and Order, solo per nominarne due, ne sono esempi perfetti.
Viste queste premesse, ha qualche idea per un reality-show che faccia veramente paura?
"Studenti di Yale dal pessimo rendimento scolastico". Farebbe accapponare la pelle.
Quale potrebbe essere oggi un appetibile oggetto di scherno per uno scrittore satirico?
La categoria degli stronzi.

[Fonte Carmilla]


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