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L’orto la voliera e gli anatroccoli

Da Guglielmomariakley

Dal giorno dopo che finiva la scuola, per le vacanze estive ci trasferivamo a Sarzanello: tre mesi pieni. Vivere al mare ogni estate, da che eravamo in fasce era la normalità, decisamente una grande fortuna. Mia madre al tempo era a casa, dopo un passato da corista alla RAI, si era dedicata anima e corpo ad allevare noi due, ben più impegnativi di un lavoro a tempo pieno. Mio padre lavorava in SAIPEM, a S. Donato Milanese in uno dei gruppi dell’ENI, in estate prendeva i 7 canonici giorni di ferie a cavallo del ferragosto approfittando dei week end per raggiungerci; per i primi 15 minuti dal suo arrivo i fine settimana si trasformavano in grandi feste; dopodiché era il fuggi fuggi generale per evitare i sonori ceffoni…pare fossimo stati delle pesti.

Ora che sono 4 volte padre, non riesco a rivederci così pestiferi, sarà che i tempi sono cambiati, sarà che il mondo è cambiato, ma all’epoca più che giocare o far un po’ di chiasso non facevamo. Eravamo educati e rispettosi, quando mamma e papà parlavano eravamo sempre sull’attenti, mai ci saremmo sognati di dare la benché minima risposta anche leggermente sovversiva; anche se avessimo pensato di essere nel giusto.

Vivevamo un epoca a cavallo di tutto. I nostri genitori; figli del dopoguerra erano intenti a dare il massimo di loro nel tentativo di raggiungere il benessere economico, lontani dalla mentalità degli anni 60 ed estranei da quella degli anni 70 pieni di strascichi violenti e ideali soffocati nel sangue, dove grandi icone che avrebbero potuto per sempre cambiare al meglio il mondo, vennero messe a tacere.

Certo è che non eravamo bambini soprammobile…un po’ mossi forse..ma non da rinchiudere!!!

Sarzanello era un luogo magico: una viuzza che portava a delle case intorno a un’aia, tantissimo verde intorno, campi, viottoli, scorciatoie, alberi, collinette, vigneti, montagne, cani, gatti, cavalli maiali, insetti, rettili, uccelli…per noi che venivamo dalla grigia città era un paradiso. Dopo almeno 30 anni ci sono tornato, tutto era decisamente più piccolo; dove prima c’erano campi e vigneti, ho ritrovato palazzine e villette, si sa che il progresso avanza di pari passo a cemento e asfalto, ma vien da piangere vedendo la cannibalizzazione del territorio. La nonna Gemma, una sorta di nonna papera, insieme al marito: l’Oliviero, un signore probabilmente nato già anziano, aveva viso e braccia bruciate tutto l’anno dal sole, con la pelle solcata profondamente come se i segni fossero quelli del suo aratro, un fiero toscano con il cuore e radici profondamente legate alla sua terra di Toscana. Erano loro, i proprietari di buona parte dei quegli appezzamenti. Giacomo passava lunghi momenti ad osservare l’Oliviero intento a prepararsi le sigarette con le cartine e il tabacco o trinciato che si fumava.

Credo che la passione per il fumo l’abbia coltivata in quelle occasioni.

Dietro casa di Gemma e Oliviero, c’era un grande orto con tante gabbie per le galline, le oche, le papere e i conigli; che immancabilmente a turno venivano mangiati. Ero affascinato dal loro rito di macellazione: per i conigli un colpo secco sulla nuca, appeso per una zampina, taglio delle gonadi, cannetta infilata sotto pelle, soffio per gonfiare la pelliccia sopra la pelle viva, un coltello affilato come un rasoio che tagliava da sotto la coda per dare l’invito allo scuoiatura, come sfilare un guanto dall’alto verso il basso, il taglio netto dal pube allo sterno e svisceramento. La casseruola a lato raccoglieva la povera bestiola che da li a poco sarebbe finita a pezzi nel forno caldo tra gli aromi raccolti nell’orto: salvia, mirto, rosmarino, basilico, origano. Delizioso.

In mezzo all’orto, c’era una grande voliera (eravamo piccoli: tutto sembrava grande), con una mamma papera e una decina di tenerissimi anatroccoli marroni e gialli, chiassosi scodinzolanti, eravamo soli e senza controllo…la scena fu tipo quella di un film dell’orrore: hai presente? Uno che arriva dal nulla, prende un bastone…entra nella gabbia, la richiude dietro di se, ed inseguendo uno ad uno gli anatroccoli li termina tutti uno dopo l’altro mentre la mamma papera strillava terrorizzata…sbam sbam sbam crack sbam crak, crack, crack..(il crack si riferisce al colpo andato a segno)…sbam crack…!!!

Io attonito dopo aver realizzato ciò che stava accadendo richiamai il mio fratellino…. ma oramai il danno era fatto. Come capitava in questi casi, i miei ripagarono il danno; ed il castigo…non ricordo quale fu…venne deciso e messo in atto.

G.m.k.


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