L'Oscar: 365 giorni di campagna elettorale

Creato il 19 agosto 2010 da Ludacri87

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Terno al lotto o semplice perdita di tempo? L'Oscar ha la sua importanza o è una manifestazione stantia e vecchia? Per molti versi, l'Oscar finisce con la chiusura televisiva dell'evento e comincia, il giorno dopo, con il commento dell'evento, per poi, dopo circa un mese di riflessioni post-premio, aprire il via con i nuovi possibili front-runners. In realtà prevedere è più di un terno a lotto, ma la nuova generazione di blogger ha affilato questa tecnica. D'altronde è stato un mio pallino, insensato e irrazionale. Riflettevo su un fatto ovvio. Quanto conta un'Accademia? Quanto conta un Premio? E quali sono i parametri nascosti dietro ad ogni statuetta? Le variabili impazzite?

Ben comprendendo che la qualità non è l'unica caratteristica, anzi molte volte viene inficiata da quest'analisi e questi meccanismi, non posso che riflettere sull'inutilità del tutto. Se l'Oscar proponesse solo film di nicchia, se premiasse il miglior film giapponese, oppure quello italiano della stagione, se guardasse a "Bollywood" con lo stesso occhio dei suoi studi di produzione, probabilmente sarebbe il culmine della cinematografia. In realtà l'Oscar lavora secondo delle variabili matematiche che in realtà sono non controllabili a posteriori (segretezza del voto), in assoluta buona fede per chi è membro dell'Academy, ovvero privandolo dell'obbligo della visione (casalinga, quindi non verificabile), con una ripartizione dei voti e un allargamento dei membri altrettanto discutibile. Non è un caso, che si voti per categoria. Per dirla tutta, George Clooney è amico di Matt Damon che è amico di Emily Blunt che è amica di Meryl Streep che è amica di Anne Hathaway che è amico di Jake Gyllenhall che è fratello di Maggie Gyllenhall, che è sposata con Peter Sarsgaard. Tutti o quasi appartenenti da diverso tempo all'Academy sono stati nominati negli ultimi anni con ripetitività. Perchè Julie Christie non ha vinto l'Oscar con "Away from here"? Di certo perchè la perfomance di Marion Cotillard era più sentita, ma forse anche perchè la Cotillard era in un giro più propizio. Non solo di attori, ma anche di distributori, di registi. Non a caso, la brava Marion ha ingranato la marcia con l'Oscar dopo ruoli di contorno. Julie Christie, veterana, non è Meryl Streep, ma non per mancanza di bravura, ma magari per mancanza di contatti e commerciabilità dei film. Sandra Bullock ha vinto, quest'anno, il premio per gli incassi dell'anno e non per la miglior performance, Kate Winslet l'anno scorso vinse per la migliore carriera, non per la migliore interpretazione, dopo che era stata snobbata per film molto più belli e complessi di "The reader". Ma possiamo continuare.

Ogni anno, ed è ormai consuetudine, arriva la starletta di turno mai sentita o il "Comeback". Nel 2010, la Sidibe, praticamente una ragazza che viene dai quartieri poveri e si è trovata a lavorare con Lee Daniels, altro perfetto sconosciuto, filiazione del Sundance, quasi appendice dell'Oscar, è stata nominata. La campagna è stata indirizzata da un'altra power-woman americana, Oprah Winfrey, probabilmente la vera donna d'America, tanto moderata quanto democratica. Un pò come la De Filippi sponsorizza i suoi "amici" a Sanremo, la Winfrey ha preso a cuore il film "caso" dell'anno e ha accolto a braccia aperte Mo'nique, altra star televisiva, vincitrice di un premio come non protagonista che sfida l'infamia per chi lo ha consegnato tra le sue mani. A questo proposito, da Halle Berry in poi, è cominciata la stagione dei premi agli attori di colore. Con estremo ritardo. Ma la cosa sta diventando un pò sospetta. Quasi ogni anno, un attore di colore, peraltro non sempre il migliore della cinquina (ma è un altro discorso), vince il premio. E, visto che negli anni precedenti al nuovo millennio, ben pochi c'erano riusciti, la cosa puzza. Non per questioni di razzismo, ma per questioni di tempismo. In questo senso l'Academy ragiona secondo scelte che non possono non essere politiche. E va dove corre il vento, premiando, nei gli ultimi casi, "Milk" con premi artistici minori, ma boicottando "Brokeback Mountain", nell'epoca Bush. Lo stesso ragionamento fatto ai neri, può essere rapportato al mondo lgbt. Ruoli del genere aiutano molto ad entrare in cinquina. E' un ragionamento corretto, solo in parte non verificabile. Mi viene in mente Ruby Dee, che non fu premiata, a favore di Tilda Swinton. Nera contro bianca e vinse la seconda. Per meriti artistici? Probabilmente perchè la Dee ormai non aveva santi in Paradiso, la Swinton ha scelto strade commerciali e ha coinvolto il cinema europeo d'autore, facendo bene ad Hollywood.

La Bigelow è la prima donna a vincere la statuetta? Probabilmente perchè, se fosse stato diversamente, accuse avrebbero coperto chi è chiamato a decidere. L'Academy, ad Hollywood, oggi me la immagino come una matrigna benevola. Oggi dono a te, domani ti deludo. Peggio solo i Golden Globes, che hanno il coraggio di candidare e premiare solo star. Perchè? Logiche pubblicitarie e ratings alle stelle.Previsioni?Frontrunners? Riporto il commento altrui, ma l'interesse è pressochè nullo.


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