Nel comunicato, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa fa riferimento a persone in abiti simil-militari che hanno passato il confine russo-ucraino da ambo le parti e che potrebbero aver generato equivoco: «Si tratta di 469 soggetti, di cui 234 sono entrati dall’Ucraina in Russia e 235 che hanno fatto il percorso opposto». Tuttavia, un battaglione comprende tra le 300 e le 800 unità, di cui almeno 170 fanno parte di una divisione corazzata: è alquanto improbabile che semplici soggetti vestiti con colori simil militari possano aver generato una svista del genere.
Eppure ieri quella svista è arrivata a Davos, in Svizzera, dove durante il suo intervento al World Economic Forum il presidente ucraino Petro Poroshenko ha sostenuto le stesse accuse: i russi operano nelle regioni ribelli con proprie truppe. Accuse a cui il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha duramente replicato da Mosca: «Nostre truppe in Ucraina? Se ne sono sicuri allora che forniscano le prove di ciò che dicono. Lo chiedo sempre, ma ogni volta nessuno vuole o può fornirne alcuna evidentemente». A rispondere a Lavrov ci hanno pensato gli osservatori dell’Osce, e in un modo che di certo non sarà piaciuto al governo di Kiev.
Intanto, nonostante l’accordo tra Russia e Ucraina per un ritiro dell’artiglieria pesante dalla linea del fronte, l’attentato di stamattina a Donetsk, costato la vita a nove passeggeri di un filobus colpito da una granata, rischia di far salire ulteriormente la tensione. Anche perchè il governo dell’autoproclamata Repubblica di Donetsk ha annunciato, secondo quanto riportato dal sito russo Gazeta.ru, di aver arrestato i componenti di un non ben definito «gruppo militare operante sotto copertura», che si sarebbe reso protagonista dell’agguato.