Qualche mesetto fa ho scritto della polemica sulla canzone Giovinezza, che assieme a Bella Ciao era stata proposta per i 150 anni dell’Unità d’Italia al Festival di Sanremo. Apriti cielo! Non tanto per Bella Ciao, che sappiamo è considerata dai sinistri simbolo di libertà, nonostante sia una smaccata canzone usata e strausata, fino all’abuso, dai comunisti partigiani, molti dei quali non furono certo esempio di democrazia e libertà. Quanto su Giovinezza, a torto o ragione, ritenuta una canzone fascista, là dove fascista fu solo una sua versione riadattata dal regime mussoliniano. Giovinezza infatti nacque molto prima del fascismo, e le sue ultime strofe furono sostituite per renderla una canzone fascista. Ciononostante ne nacque una dura polemica – sempre (ma guardate un po’!) a opera dei soliti sinistri oscurantisti – che alla fine fece naufragare un’idea, che seppure non culturalmente originale, comunque era una ventata di aria fresca sul palco di un festival ogni anno sempre più ridicolo e più vuoto.
Ora è venuto il turno dei metodi di lezione di un professore del vicentino che ha avuto un’idea del tutto nuova: contestualizzare la musica al periodo storico di riferimento. Così, dopo aver fatto suonare e cantare Va Pensiero e la Leggenda del Piave, in chiave risorgimentale, ecco che propone – per il Ventennio – due canzoni simbolo del periodo del fascio littorio: Giovinezza (nella versione fascista) e Faccetta Nera.
Si aprano le cataratte dei cieli e piova fango sul «peccatore» che ha osato introdurre nella scuola pubblica – che sappiamo essere la scuola privata della sinistra – un tentativo smaccato di indottrinamento al Fascismo! Ecco cosa hanno probabilmente pensato i sinistri che si sono ritrovati un professore che anziché insegnare che il Fascismo è cattivo e il Comunismo è buono (anche musicalmente parlando), ha «osato» far conoscere ai ragazzi un periodo storico in modo del tutto originale e al di là delle letture ideologico-politiche di riferimento, a cui invece la sinistra ci ha abituato nella scuola pubblica. Eeehhh, se ci ha abituato! Non esiste libro di storia che non dica che i comunisti sono bravi, eroi e belli, e i fascisti invece tutti neri, sporchi e cattivi!
E le cataratte si sono aperte. I genitori (più o meno) radical chic dei ragazzini hanno minacciato lo sciopero culturale e d’apprendimento. Perché per alcuni di loro, i valori morali ed etici nelle canzoni incriminate non sono quelli che vorrebbero inculcare ai loro pargoli. Già, posso immaginarlo quali siano invece i valori morali ed etici che si vorrebbero oggi inculcare ai propri figli. Quali appunto? Io personalmente non ne vedo in giro, salvo le solite chiccherie della sinistra, che predica bene e razzola male, e la cui cultura ci sta portando verso la rovina etica e morale.
Ma lasciamo perdere l’etica e i principi del Fascismo – che peraltro sono quelli soliti della destra: Dio, Patria e Famiglia, seppure in un’interpretazione decisamente più autoritaria – e torniamo alla questione principale: al metodo di insegnamento. Che certo non è da buttare, se lo si vede nella giusta prospettiva. Soprattutto non è errata l’idea che non si debba insegnare la storia con i soliti e precostituiti steccati ideologici. Finora questo è avvenuto in Italia, dove la storia la si è insegnata sempre in un’ottica ideologica: fascisti e Fascismo cattivi, comunisti e Comunismo buoni. Stalin buono, Mussolini cattivo. Fascisti razzisti, guerrafondai e violenti; comunisti universalisti, tolleranti e pacifici. Ecc. Insomma, una storia improntata a una rigida dicotomia dei valori che non esiste nella realtà. Ci furono indubbiamente i fascisti cattivi, e il Fascismo in sé ebbe effettivamente una piega autoritaria e di regime che ci saremmo evitati volentieri. Ma non possiamo negare che anche il Comunismo produsse discriminazione, regimi autoritari feroci, e oppressione dei diritti umani, e ben oltre un ventennio, e ben oltre la singola realtà italiana. Per cui, nessuno – da un punto di vista storico – può ergersi a moralista e decidere cosa debba essere insegnato o no nei libri di storia.
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