Una scelta normale, in linea con le sempre più numerose indicazioni della Chiesa di riservare posti fondamentali anche alle donne alla guida della comunità cattolica internazionale, come ha anche spiegato di recente Maria Voce, presidente del movimento Focolarini.
Si dice che Marco Politi e i vari ideologhi de Il Fatto Quotidiano abbiano preso con un po’ di imbarazzo questa notizia, proprio loro che hanno avuto successo nello sproloquiare sulla misogina della Chiesa e del cattolicesimo, facendo ossessivamente leva sull’assenza del sacerdozio femminile.
Politi, già da quando era stipendiato dal miliardario anticlericale, massone (come informa Ferruccio Pinotti) e pagatore di tangenti (come ha ammesso lui stesso) De Benedetti, riferiva un dispiacere per il “no” di Giovanni Paolo II alle donne prete, perché ci sarebbe chi vorrebbe «mantenere alla Chiesa la capacità di adeguarsi lentamente ai tempi», come se la Chiesa ne avesse l’esigenza e l’interesse. Oltretutto, a queste accuse di presunta discriminazione della donna, è stato risposto in via ufficiale in modo decisamente adeguato. Da notare comunque, anche allora, il desiderio del vaticanista Politi di insultare papa Wojtyla, scrivendo: «il movimento femminile all’interno della Chiesa dà ormai per scontato che non ha nessun senso discutere finché c’ è un pontefice come Karol Wojtyla». Diceva di parlare a nome del presunto “movimento femminile” cattolico. Nel 2005 ha invece incolpato Giovanni Paolo II di aver fatto scappare «decine di milioni di uomini e donne cattolici», anche per non aver accolto il sacerdozio femminile, mostrandosi dubbioso sul fatto se «la donna partecipa o no a pieno titolo alla conduzione della comunità cristiana».
La stessa ossessione si è riversata identica su Benedetto XVI, fino ai giorni d’oggi. Oltretutto, se qualcuno ha voglia di farsi qualche risata, segnaliamo la recente filippica di Politi sulle «regole deontologiche» che dovrebbe seguire un giornalista, perché «fare il giornalista non è scrivere ciò che mi pare». Proprio lui che, assieme al suo amico Marco Ansaldo, ogni giorno si diletta nell’inventare una bufala anticlericale più grande della precedente, come più volte abbiamo segnalato. Politi, non si sa di chi si senta il maestro, insegna anche che «c’è un patto che i giornalista di qualsiasi tendenza stringono con i lettori. Informare correttamente». Informare correttamente? Come mai allora, dopo aver profetizzato per mesi un responso negativo del rapporto di Moneyval sulle norme norme anti-riciclaggio dello Ior, ha taciuto completamente quando questo è stato pubblicato con un esito positivo, come hanno riportato tutti gli altri vaticanisti sugli altri organi di stampa? Questa è informazione corretta o ideologica?
Politi e gli altri de Il Fatto Quotidiano hanno preferito il silenzio anche su questa nuova nomina dell’Osservatore Romano (ma queste notizie sono il pane quotidiano del vaticanista), preferendo continuare a fingersi disperati per il presunto ruolo marginale e umiliante riservato alla donna dalla Chiesa cattolica. Curioso dunque notare che la redazione responsabile de Il Fatto sia composta interamente da uomini: Antonio Padellaro (direttore), Marco Travaglio (vicedirettore), Peter Gomez (direttore responsabile del sito web), Nuccio Ciconte (redattore-capo) e Vitantonio Lopez (redattore-capo). Molto controverso anche che su 50 collaboratori ufficiali, soltanto 11 siano di sesso femminile. Bisogna forse concludere che per loro le donne non sono soltanto indegne di coprire posti rilevanti, ma perfino la loro collaborazione viene accolta con il contagocce?
E se Padellaro e Politi cominciassero a valutare il ruolo riservato alle donne in “casa” loro?