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L’Ucraina e il primo ingresso nell’UE: intervista al Vice-Ministro degli Esteri Andriy Olefirov

Creato il 19 novembre 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
L’Ucraina e il primo ingresso nell’UE: intervista al Vice-Ministro degli Esteri Andriy Olefirov

A fine novembre 2013 la capitale lituana Vilnius ospiterà il summit del Partenariato Orientale, un incontro nell’ambito del quale l’Ucraina si appresta a compiere un passo gravido di conseguenze per la geopolitica continentale: la firma dell’accordo di associazione con l’Unione Europea e il conseguente allontanamento della prospettiva di ingresso nell’Unione Eurasiatica. In vista di questo appuntamento, il Direttore del Programma “Eurasia” dell’IsAG Dario Citati e i ricercatori Alessandro Lundini e Alessandra Caruso hanno avuto un lungo colloquio con Andriy Olefirov, Vice-Ministro degli Esteri dell’Ucraina. Nell’intervista che qui presentiamo ai lettori, raccolta l’11 ottobre presso l’Ambasciata ucraina a Roma, si è discusso approfonditamente dei diversi aspetti economici, politici e culturali che in questo frangente inducono la classe dirigente ucraina a guardare verso Occidente.

 
Il 28 e 29 novembre a Vilnius si terrà il terzo summit del Partenariato Orientale (un accordo concluso tra UE e Bielorussia, Ucraina, Georgia, Azerbaigian, Moldavia e Armenia per favorire la cooperazione reciproca). Per l’occasione, c’è molta attesa riguardo la possibile firma dell’accordo di Associazione Ucraina-Unione Europea. A poche settimane dal Vertice, quali sono le aspettative di Kiev in merito?

Non è certo un segreto che la principale aspettativa di Kiev è quella di una sottoscrizione dell’Accordo di Associazione tra Ucraina e UE. Un secondo risultato che auspichiamo è un progresso sostanziale nell’ambito del dialogo con le istituzioni europee per ciò che riguarda l’abolizione dei visti. Così come la libera circolazione delle merci sarebbe un fatto importante per il sistema-Paese e l’economia, allo stesso modo la circolazione delle persone costituirebbe un grande passo in avanti per i cittadini ucraini. La dirigenza ucraina è intenzionata a siglare l’Accordo di Associazione Ucraina-Unione Europea nella speranza, in futuro, di diventare a pieno titolo membri UE. Come si potrebbe spiegare ai cittadini i vantaggi di questo processo per il nostro Paese? Senza dubbio, una zona di libero scambio e la circolazione internazionale delle persone senza passare attraverso la concessione dei visti rappresenterebbero dei segni molto tangibili.

In recenti dichiarazioni, pur affermando di essere fiducioso riguardo la firma dell’accordo, in vista del summit il Presidente Viktor Janukovyč ha invitato la Verkhovna Rada – il Parlamento ucraino – ad approvare importanti riforme del sistema giudiziario e delle funzioni del Ministero dell’Interno, al fine di rendere ancora più credibile la posizione del Paese. Quali passi avanti sono stati compiuti in un ambito ritenuto importante da Bruxelles?

È vero, nel corso del precedente summit tra Ucraina e Unione Europea, che si è tenuto il 25 febbraio di quest’anno a Bruxelles, ci siamo accordati sulla necessità di mostrare all’Europa dei risultati concreti in ambiti specifici, quali appunto il sistema giudiziario ucraino. Tra le misure già varate, voglio menzionare innanzitutto un pacchetto di cinque leggi anti-corruzione, che già si stanno mostrando efficaci nel contrasto alla criminalità. In secondo luogo, a partire proprio da febbraio, abbiamo iniziato una serie di consultazioni con rappresentanti europei per ciò che riguarda il sistema giudiziario nel suo insieme, al fine di comprendere concretamente quali sono le modifiche da attuare e in che modo realizzare questi cambiamenti. Una delle disposizioni che abbiamo ereditato dall’epoca sovietica e che ci siamo ufficialmente impegnati a cambiare è quella che riguarda le competenze della magistratura. La riforma della magistratura, che comporta enormi modifiche su un testo di circa 1.000 pagine, ha già ricevuto un’approvazione preliminare da parte della Commissione di Venezia, l’organo consultivo del Consiglio d’Europa che riunisce esperti internazionali di diritto costituzionale. Com’è noto, i pareri di questa Commissione non sono giuridicamente vincolanti, ma vengono tenuti in gran conto da tutti i membri UE. Attualmente siamo in attesa del parere definitivo da parte della Commissione Europea relativamente a questo importante cambiamento strutturale del nostro sistema giudiziario. Un’altra riforma, anch’essa sottoposta al vaglio della Commissione di Venezia, riguarda invece la legislazione elettorale ucraina. In caso di parere positivo, potremo già in tempi molto brevi portare il testo di legge alla Verkhovna Rada per la votazione. Ma non è tutto: la settimana scorsa [la prima settimana di ottobre, ndr] il Parlamento ha votato un’altra legge di modifica costituzionale che consentirà di cambiare il sistema di nomina dei giudici in Ucraina, un provvedimento che è stato anch’esso valutato positivamente dalla Commissione di Venezia. Un’altra misura, approvata di recente, estende i poteri e lo spettro d’azione della Corte dei Conti e garantisce così una maggiore trasparenza. Tutte queste riforme toccano proprio i punti che stanno a cuore all’Unione Europea e che troveranno a breve una sanzione definitiva dopo gli ultimi pronunciamenti ufficiali della Commissione di Venezia.

Oggi, al di là della crisi economica, l’Unione Europea sembra aver perso compattezza politica e senso di solidarietà tra gli Stati membri. Da più parti, inoltre, si ritiene che l’UE si sia ridotta ad una sovrastruttura burocratica e finanziaria, incapace di elaborare una forte identità politica e culturale. Importanti osservatori sostengono che l’Unione Europea ha tolto quote significative di sovranità agli Stati nazionali, ma non è divenuta essa stessa un soggetto sovrano. Per il vostro Paese, che ha guadagnato l’indipendenza nazionale da poco più di venti anni, cosa significa entrare a far parte della litigiosa famiglia europea?

Se ripercorriamo la storia dell’Unione Europea, ci rendiamo conto che all’inizio essa fu un accordo stipulato fra sei Paesi all’indomani del Secondo Dopoguerra per creare un sistema di commercio integrato. Da questo accordo, che non era un’unione economica o doganale, si è giunti alla fine a costruire l’Unione Europea. Visto che ci troviamo in Italia, Paese che sento a me vicino (ho anche studiato un po’ di italiano) proviamo ad osservare la situazione europea da qui. Tutti conoscono i grandi film del neorealismo italiano degli anni Cinquanta e Sessanta, dai capolavori di Fellini a Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti. Bene, si pensi alle condizioni socioeconomiche in cui si trovava l’Italia in quegli anni e la si confronti con quella di oggi. Certo, oggi in Italia c’è sicuramente la crisi, ma in un contesto in cui le persone sono pur sempre ormai abituate ad uno stile di vita che resta indubbiamente più agiato che in passato. E ad ogni modo la crisi di oggi non si può paragonare a quella dell’epoca del Piano Marshall, in quanto si tratta di una crisi di carattere più locale. Sinora, in occasione di ogni tipo di crisi, l’Unione Europea è sempre stata capace di superare le difficoltà. Non solo: le ha superate riuscendo sempre ad allargarsi progressivamente, consentendo l’ingresso di nuovi membri. Così è stato con i Paesi baltici, con la Polonia, la Bulgaria o la Romania. E vale la pena ricordare che all’inizio la Polonia era in una situazione non certo promettente, mentre oggi è diventata un Paese importante dell’UE, non soltanto rispetto al novero dei “nuovi arrivati”, ma nel consesso dei membri europei tout court. Come Ucraini, noi abbiamo valutato tutte queste ragioni e siamo certi che l’Unione Europea supererà anche questa crisi. Non solo: siamo anche convinti che, come Paesi del Partenariato Orientale, noi stessi possiamo offrire un contributo importante per guardare in avanti e pensare a cose più grandi.

Per quanto riguarda il confronto con il dopoguerra, la differenza enorme sta proprio nel fatto che allora si usciva da un devastante conflitto mondiale che determinò distruzioni e povertà. La crisi di oggi, che ha comunque uno spettro non solo locale, non è dovuta certo ad una guerra, bensì proprio alle contraddizioni interne allo stesso sistema economico europeo ed euro-atlantico. Ad ogni modo, tornando alla situazione ucraina, vorremmo sapere quali saranno le ripercussioni verso Oriente. Negli ultimi mesi, il percorso di avvicinamento tra Kiev e Bruxelles ha reso più difficili i rapporti dell’Ucraina con la Federazione Russa, nonostante fosse stata prospettata una profonda cooperazione anche con l’Unione Doganale (l’accordo “3+1”) e lo Spazio Economico Comune eurasiatico. In che modo Kiev vuole ridefinire i rapporti con Mosca?

Valutando come le cose sono andate sinora, non vi è dubbio che il processo di avvicinamento all’UE ha influito negativamente nei nostri rapporti con la Russia. Abbiamo perso ad esempio diversi miliardi di fatturato nell’ambito del commercio bilaterale; non sono stati più firmati diversi contratti fra soggetti economici; da parte russa c’è un controllo più forte sulle nostre esportazioni anche per quanto riguarda i generi alimentari. Dall’altro lato, però, noi siamo convinti che della firma dell’Accordo di Associazione Ucraina-Unione Europea beneficerà la stessa Russia. Sapete perché? Perché con questo accordo noi introduciamo una forte liberalizzazione dei commerci. E non credo che esista nessun Paese che, nel XXI secolo, abbia subìto dei danni a causa delle liberalizzazioni. Se persino gli Stati Uniti e l’Unione Europea pensano ad istituire una zona di libero scambio, questo vuol dire che gli Statunitensi non hanno paura che possano aumentare i prezzi delle automobili, e dall’altra parte l’Europa non teme certo un’invasione di boeing americani che occupi tutte le fette di mercato del settore aereonautico. I due principali centri dell’economia mondiale, USA e Unione Europea, comprendono insomma che il XXI secolo sarà il secolo delle liberalizzazioni, così come il XX secolo è stato il secolo dell’industrializzazione. Per questo è importante spiegare bene ai nostri colleghi russi che in nessun modo questo processo può influenzare negativamente la sua economia, anzi. Ad esempio, dopo che avremo siglato un accordo di libero scambio con l’UE, certamente non accadrà che pessimi prodotti italiani passino attraverso l’Ucraina e giungano nel mercato russo rubando spazio agli ottimi, ma un po’ cari, prodotti russi. In definitiva, sono certo che occorra spiegare ai vertici della Federazione Russa che, al di là della questione del 3+1, è controproducente erigere barriere doganali perché dal libero commercio tutti hanno da guadagnare.

Quanto Lei afferma si scontra però con il fatto che proprio la liberalizzazione dei mercati, che conobbe una spinta propulsiva con la deregulation avviata da Margaret Thatcher e Ronald Reagan, è all’origine di una crisi economica mondiale esplosa nel 2008 e di cui ancora non si riesce a vedere una chiara via d’uscita. Proprio per questa ragione sono sempre più numerosi gli esperti e gli economisti che cercano nuove soluzioni, nuovi paradigmi, persuasi dell’insufficienza del libero mercato senza regole come unico garante, per mezzo della sola competizione sfrenata di interessi contrapposti, dello sviluppo economico. Lo stesso concetto di concorrenza comporta anche dei corollari negativi se non è opportunamente regolato da una pratica imprenditoriale condivisa. L’impatto negativo che le importazioni cinesi, ad esempio, hanno avuto sulla produttività e l’occupazione in Europa, si spiega proprio con il divario fra i diversi livelli di industrializzazione, di disciplina fiscale e di costo del lavoro. Pertanto, una soluzione di compromesso appare quella delle zone di libero scambio all’interno di aggregati geoeconomici, piuttosto che un mercato globalizzato che è libero nella circolazione di merci ma troppo differenziato quanto a parametri sanitari, fiscali e legislativi. Zone di libero scambio, cioè, che condividano non solo libera circolazione di merci, ma anche un quadro normativo comune entro cui sviluppare una competitività equa fra i produttori. Considerato il fatto che l’Ucraina è per metà russofona, Lei non pensa che lo scarso interesse a partecipare a uno di questi aggregati, l’Unione Eurasiatica, possa avere conseguenze negative anche sul piano interno?

Vi ringrazio per questa domanda, che certo investe problemi molto complessi. Quello che posso dire è che noi oggi abbiamo un interesse in cima a tutto: che i nostri cittadini, i cittadini ucraini, possano davvero migliorare le proprie condizioni di vita. Questo è alla base del nostro proposito di firmare l’accordo con l’UE, che non si limita per noi al libero commercio, ma punta a inserire l’Ucraina in un sistema più ampio. Non possiamo nascondere che con la Russia invece vi sono più problemi: da una parte, paghiamo il gas a prezzi elevati, dall’altra parte riceviamo inviti ad entrare nell’Unione Doganale Eurasiatica. Per questo siamo consapevoli che una collaborazione di tipo commerciale con la Russia è certamente necessaria, ma al momento attuale un ingresso istituzionalizzato nell’Unione Eurasiatica non offre gli stessi vantaggi dell’adesione all’Unione Europea. Consentitemi infine di dissentire su un punto: avete menzionato la crisi del 2008, che però non è dovuta alle liberalizzazioni come tali, bensì al problema delle speculazioni.

Anche se sono due aspetti profondamente legati, specie dalla mancanze di regole…

Certo, non vi è dubbio; ma per ora nessuno è in grado di proporre modelli che siano veramente alternativi.

(Si ringrazia per la collaborazione Marina Mykhailenko dell’Ambasciata d’Ucraina a Roma).


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