Titolo originale: Traumnovelle
Autore: Arthur Schnitzler
Anno: 1925
Il libro…
Discorso ozioso da serata estiva (nonostante le recenti piogge). Qualche giorno fa un’amica mi ha chiesto se – a parer mio – sognare di fare l’amore con qualcun altro che non sia il proprio compagno sia da considerare: a) alla stregua di un vero e proprio tradimento e b) l’anticamera di un disagio nascosto, dell’inadeguatezza della propria relazione di coppia. A lei era appena capitato e non nascondeva un certo senso di colpa. Cercando di evitare “marzullate” sui sogni (tipo: “la vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere meglio…”), ho risposto che no, non è né uno né l’altro poiché l’abisso che si apre ogni qual volta si sogna è talmente grande, profondo e spaventoso che cercarne i confini è pura follia… Avevo, però, suggerito di non liberarsi la coscienza con il proprio compagno: una volta raccontato e portato fuori dal suo ambito naturale (cioè il subconscio) il sogno perde di significato, si trasforma e diventa qualcosa di banale, qualcosa che potrebbe anche essere frainteso. La suggestione, tuttavia, non è caduta nel vuoto. Stuzzicato, ho cercato un confronto con un doppio (è proprio il caso di dirlo!) prodotto culturale letteralmente “divorato” alcuni anni fa: Doppio sogno, romanzo breve dell’austriaco Arthur Schnitzler, e Eyes Wide Shut, ultimo film di Stanley Kubrick.
Inizio la (ri)lettura ed eccomi proiettato nel bel mezzo dell’intimità di una giovane coppia borghese, che dietro alla crosta superficiale fatta di tranquillità e certezze di una relazione felice, nasconde turbamenti e pulsioni contraddittorie. Il teatro in cui l’azione si svolge è di quelli che affascinano: la Vienna degli anni Venti. A quell’epoca, in quella città si aggiravano – o avevano smesso da poco di aggirarsi… – personaggi come Gustave Klimt, Egon Schiele, Robert Musil, Sigmund Freud e “il nostro” Arthur Schnitzler. Una colta, giovane e frizzante borghesia agitava un po’ le acque ferme di una nazione divenuta Repubblica dopo non so quanti secoli di impero. Il Decadentismo viennese (chiamato così per spregio) dava dei buonissimi frutti.
Ma torniamo a Doppio sogno. Durante 48 ore molto agitate (tempo in cui si sviluppa il racconto) i due coniugi Fridolin e Albertine, ognuno sulla propria pelle, proveranno quanto complessi e poco univoci siano i sentimenti che tengono uniti le coppie e che – come fiumi sotterranei – scorrono attraverso le relazioni, anche quelle apparentemente più riuscite. Un “doppio sogno” li coinvolge e li trascina in un gorgo di emozioni. C’è quello reale ma dai contorni talmente inquietanti, pericolosi e misteriosi da sembrare quasi immaginario vissuto dal marito. E c’è quello davvero sognato della moglie Albertine che, invece, rimane classicamente confinato in quella zona proibita popolata dai desideri più reconditi e inconfessabili. Fridolin, a spasso nella notte, è perso in una villa dove si consumano riti orgiastici estremi, Albertine, nel chiuso della sua camera da letto, è abbandonata a sogni hardcore con sconosciuti. Nel sonno, quando la mente non è più vigile, le situazioni si ingarbugliano; tutto ciò che durante la veglia si escluderebbe di fare o dire, diventa allora possibile e plausibile. Durante il sogno i valori considerati imprescindibili e sui quali i protagonisti fondano la propria esistenza, quali la fedeltà, il rispetto reciproco e l’affetto, vengono dimenticati, accantonati. E hanno libero sfogo l’aggressività, i desideri insoddisfatti, le pulsioni a lungo represse, una sessualità finalmente disinibita. Entrambi permettono al sogno di entrare nella vita reale, lasciandosi andare a reciproche confessioni che – ne sono convinto – rischiano di generare più confusione, fraintendimenti e danni del silenzio.
Arthur Schnitzler
Le ultime battute del racconto mi danno (modestamente…) ragione:- “E nessun sogno” disse egli con un leggero sospiro “è interamente sogno”. Albertine prese la testa del marito fra le mani e l’attirò affettuosamente a sé. “Ma ora ci siamo sevgliati…” disse “per lungo tempo”. Per sempre voleva aggiungere Fridolin, ma prima ancora che pronunciasse quelle parole, lei gli pose un dito sulle labbra e sussurrò come fra sé: “Non si può ipotecare il futuro”.
Tutta materia per il caro vecchio Freud.
…dal libro al film…
Cosa dire del film di Kubrick, dell’”ultimo capolavoro” del maestro? Bah… litri d’inchiostro versato e tanti pareri discordanti. E degli attori? Della coppia di Hollywood Tom Cruise e Nicole Kidman (lei davvero stupenda)? Bah… gli aneddoti sulle riprese hanno riempito le pagine di gossip per molti (troppi) mesi. Dal mio punto di vista la cosiddetta “chimica” fra i due non si è prodotta. Inoltre, una New York anni Novanta ricostruita in studio ha sostituito la vivace Vienna degli anni Venti.
Si alternano alcuni momenti molto efficaci e angoscianti (la ricerca della prostituta) ad altri un po’ meno riusciti (gli inserti di sogno della Kidman). Un po’ estetizzanti le scene di sesso nella villa, mentre inquietante è quella del “processo” che i monaci mascherati intentano nei riguardi di uno spaventato Cruise. Al di là dei “se” e dei “ma” rimane un’ottima pellicola. Da vedere (magari dopo aver letto il libro).
CHARLIE CITRINE
Dati film:
Titolo: Eyes Wide Shut
Titolo originale: Eyes Wide Shut
Regista: Stanley Kubrick
Sceneggiatura: Stanley Kubrick e Frederic Raphael (romanzo: Arthur Schnitzler)
Interpreti:
· Tom Cruise (William Harford)
· Nicole Kidman (Alice Harford)
· Sidney Pollack (Victor Ziegler)
· Todd Field (Nick Nightingale)
Anno: 1999
Paese: Stati Uniti/Gran Bretagna
Colore: colore
Durata: 159 minuti
Genere: drammatico