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L’ULTIMO FANTE di Nicola Bultrini - La Grande Guerra sul Carso nelle memorie di Carlo Orelli

Creato il 12 aprile 2015 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

L’ULTIMO FANTE di Nicola Bultrini - La Grande Guerra sul Carso nelle memorie di Carlo Orelli

Nicola Buldrini raccoglie e riporta la testimonianza di Carlo Orelli (1894-2005), ultimo fante italiano a poter raccontare la sua esperienza nella Grande Guerra. Le sue parole, pur riferite a grandissima distanza dai fatti vissuti, sono importanti per tracciare il quadro che si presentava a un giovane giunto al fronte subito dopo l'apertura delle ostilità, quando ancora c'era ottimismo sulla rapida riuscita delle operazioni militari. Il ventunenne soldato, originario di Perugia, combatté nel Carso nei primi quattro mesi di guerra, senza che il suo reparto ricevesse il cambio. Alla partenza da Napoli, inquadrato nella Brigata Siena, vide le persone per strada commosse:

" Sapevano anche loro che andavamo incontro alla morte, come se ormai sapessero quello che sarebbe accaduto dopo ".

Questo mesto aspetto ricorda un punto iniziale del diario di un altro giovane che in treno si avvia verso il fronte. Si tratta di Giovanni Comisso che nel suo Giorni di guerra scrisse:

" A un passaggio a livello, un vecchio si tolse il cappello come se passasse un funerale, alcune donne ci salutarono con le mani lentamente ".

Ci spiega come l'equipaggiamento fosse scarso a differenza di quello degli Austriaci, tanto da spingere gli uomini a prendere indumenti intimi femminili nelle case abbandonate, buttando i propri pieni di pidocchi. Si andava all'assalto, talvolta camminando, non correndo, subendo i micidiali colpi del nemico dotato di mitragliatrici e cannoni da 420 millimetri, cui gli Italiani contrapponevano i cannoncini da montagna che gli Alpini trasportavano con grande fatica e coraggio in luoghi impervi. C'erano il filo spinato e le mine davanti alle trincee. Prima dell'attacco gli uomini bevevano un liquore per avere più impeto; Orelli evitava di prenderlo per restare lucido. Soprattutto durante i combattimenti non si guardava ai gradi; ufficiali e soldati erano solidali tra loro. Parla anche di carabinieri con l'incarico di sparare a chi tornava indietro anziché avanzare. Passati i primi tempi in cui il nemico si arrendeva facilmente, gli Austriaci si sistemarono in ricoveri e difese molto solidi; iniziò la lunga e logorante guerra di posizione. Gli italiani, racconta, erano sempre all'offensiva e per questo non si curavano di costruire vere e proprie trincee per ripararsi. Prevaleva la volontà di avanzare e così un giorno il reparto di Orelli si trovò allo scoperto; l'azzardo fu pagato a caro prezzo. La Compagnia fu distrutta e il fante venne ferito per la prima volta. Ma capitava spesso di venire duramente bersagliati già prima di attaccare, quando i soldati si ammucchiavano dietro a modesti ripari in attesa di "fare lo sbalzo". Della Compagnia di Orelli solo lui e un altro si salvarono e tornarono a casa.

Aggiunge che i ricordi della guerra non lo abbandonano mai; pensa che in ogni Paese ci sia una minoranza, poche persone che " non si accontentano mai" e che determinano la guerra, " distruzione dell'essere umano". Non si considera un eroe, ha solo obbedito agli ordini, combattendo senza odio o disprezzo verso il nemico, facendo intravedere la propria superiorità verso la propaganda:

"Quando la nostra artiglieria bombardava le posizioni nemiche, spesso alla fine gli austriaci si arrendevano. Perché in fondo erano uomini come noi e non bestie come volevano farci credere".

Le memorie di Orelli, espresse in forma pacata e sobria, si accompagnano a interessanti approfondimenti di Nicola Bultrini su temi legati al conflitto, quali l'equipaggiamento del fante, il territorio carsico, le trincee, gli armamenti dei due eserciti.


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