Titolo: L’ultimo spettacolo
Titolo originale: The Last Picture Show
Regista: Peter Bogdanovich
Principali attori: T. Bottoms, J. Bridges, C. Shepherd, C. Leachman, B. Johnson, E. Burstyn, E. Brennan, C. Gulager
Durata: 118 min.
Anno: 1971
Paese: USA
L’ultimo spettacolo
Atomi, movimento e vuoto secondo Democrito sono le componenti ultime alla base del mondo tutto. Texas occidentale, uno di quei paesini miracolo del petrolio, inventati dall’oggi al domani nel nulla più desolato, se si eccettuano la moltitudine dei minuscoli atomi di sabbia, il moto incessante del vento e un vuoto fisico e umano, un vuoto che riempie ogni spazio. Gli anni cinquanta sono agli esordi, mentre si avvia al termine la giovinezza dei protagonisti dell’Ultimo spettacolo, l’acclamato capolavoro di Peter Bogdanovich – nonché tra le opere più rappresentative dei primi anni settanta.
Nonostante il soffio ininterrotto del vento sembri pregiudicare una evoluzione di caratteri e situazioni, credo che si possa considerare L’ultimo spettacolo un film di formazione. I personaggi, a partire dal protagonista Sonny (Bottoms), evolvono nel corso della pellicola, in cui molto spazio viene dato alla sessualità e all’ipocrisia a essa correlata. Le esperienze vissute determinano una progressiva trasformazione dei caratteri, che però, come viti che girano senza penetrare, non sono soggetti di una crescita autentica. Il vento soffia, ma non si dirige in nessun luogo. D’altronde Sonny, Duane (Bridges) e gli altri non sono né eroi né antieroi, ma anime grigie con un futuro che sembra già scritto – e con cui lo spettatore trova complicato istituire un rapporto di identificazione (ma non è questo obiettivo di Bogdanovich).
L’ultimo spettacolo
La vicenda si conclude senza scossoni eclatanti – il vento procede, lento e implacabile. L’ultimo spettacolo prima della chiusura del cinema locale, da cui il titolo, è la proiezione del western Il fiume rosso (1948) diretto da Howard Hawks, di cui vediamo la partenza della mandria sotto la guida di John Wayne. Parte la mandria, parte Duane (va a combattere in Corea), parte la bella Jacy (va all’università). Sonny resta, tra la sabbia e il vento.
Come Il fiume rosso, anche L’ultimo spettacolo è un western. Poco importa se mancano i cavalli e le mandrie; i fuoristrada e i pozzi di petrolio se la cavano benissimo. E, come nel film Il vento (Sjöstrom, 1928), nemico non è l’indiano né il fuorilegge, bensì l’eterno scorrere dell’uguale, di cui l’elemento che dà nome all’opera di Sjöstrom è sintesi materiale. Sotto il profilo figurativo L’ultimo spettacolo ricorda a tratti alcune delle più celebri tele di Edward Hopper, cantore del vuoto e della solitudine, a partire da Gas (quello con le pompe di benzina rosse, tanto per capirci), Nighthawks, Summer Evening e Cape Cod Morning.
L’ultimo spettacolo
Le prove attoriali, inoltre, sono davvero fuori dall’ordinario; non a caso questo film segnò l’incipit di luminose carriere (Jeff Bridges, Cybill Shepherd) e importanti conferme (Cloris Leachman, Ellen Burstyn, Ben Johnson).
La musica country, assai presente, è inserita nel tessuto narrativo con grande cura e risulta perfettamente appropriata a commento delle immagini. Una curiosità: tra i vari pezzi compare anche Blue velvet, che sarà poi utilizzato da Lynch nel film omonimo (Velluto blu, 1986). Last, but not least, la fotografia in bianco/nero concorre alla creazione di un’opera molto bella da osservare, anche al di là dei ricchi spunti di riflessione che sa proporre.
1) Interesse dell’argomento trattato: soggetto 9
2) Originalità 8
3) Profondità d’analisi della storia narrata e chiarezza 8
4) Sceneggiatura 7
5) Ritmo, equilibrio costruttivo, iteratività 8
6) Montaggio e regia 8
7) Fotografia 9
8) Colonna sonora e effetti 8
9) Attori: interpretazione 10
10) Grado di apprezzamento collettivo 9
11) Forza di coinvolgimento 8
12) Capacità di suscitare emozioni e/o riflessioni 8
La pagina di L’ultimo spettacolo su IMDb è disponibile al link http://www.imdb.com/title/tt0067328/