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L’unico euro

Creato il 22 novembre 2012 da Tnepd

L’unico euro

L’unico euro

Una bella immagine suggestiva dell’euro. Manca solo la scritta in elfico.

“L’euro è irreversibile.” (Mario Draghi) Alcune cose che non avete mai notato dell’euro ma che ora non potrete fare a meno di sapere. Non c’è scritto “La legge punisce i fabbricanti e spacciatori di banconote false”. Forse perché questa è già la più falsa delle monete? In tedesco si legge OIRO, oggettivamente una cacofonia.  Sulle banconote non sono raffigurati esseri umani, come succedeva con le divise nazionali, che celebravano ognuna i propri geni – per noi erano Michelangelo, Leonardo e Verdi, ad esempio – ma solo opere di architettura. In particolare finestre e ponti che, come dice Claudio Borghi, “sono i luoghi da cui la gente si butta per suicidarsi”. E i ponti, aggiungo io, sono i luoghi sotto i quali finisce chi si ritrova rovinato. L’unico tocco di diversificazione riscontrabile nell’euro è riservato al recto delle monete di piccolo taglio, dagli invadenti centesimi ai presuntuosi uno e due euro, dove ci si può sbizzarrire ognuno con il proprio orgoglio nazionale: opere d’arte, monumenti, anniversari e celebrazioni. Sul fronte della moneta, comunque, l’euro è uguale per tutti, con l’Europa e le stelline. A parte la fredda razionalità delle forme dell’architettura, sulle banconote compare solo la sigla della BCE in varie lingue, gruppi di lettere che, una dietro l’altra, diventano senza senso apparente. Detto poi che la dicitura EYPO (euro in greco), ogni giorno che passa, diventa sempre di più una presa per il culo, l’euro è una moneta che parla un codice criptato, una lingua aliena, insomma. Un divisa fredda e razionale, tutta parte sinistra del cervello e nessuna emozione, come spiegava questo articolo straordinariamente profetico del 2001 di Bruno Théret su “Le monde diplomatique”.

“Contrariamente al dollaro, l’euro non fa riferimento ad alcuna autorità superiore, politica e simbolica, su cui si possa fondare il legame di fiducia che ispira normalmente una società. Con un impianto grafico che mostra portali e finestre aperte sul vuoto, i biglietti rinviano unicamente a uno spazio senza limiti, deterritorializzato e disumanizzato: quello del mercato. E, come ultima garanzia, l’unità monetaria è gestita da un’istituzione tecnocratica che non ha conti da rendere a nessuno: la Banca centrale europea. La scommessa implicita è che, dalla moneta, nascerà necessariamente una comunità politica. Ma la storia conosce soltanto la situazione inversa…”

Non c’è scritto da nessuna parte, cito ancora Borghi, a che cosa serve l’Euro, come invece accade appunto con il dollaro, sul quale vi è scritto: “this note is legal tender for all debts, public and private” (Questa banconota ha corso legale per tutti i debiti pubblici e privati).  Già, il dollaraccio ci ricorda che il debito è anche privato e il capitalismo, non lo statalismo dei piani quinquennali staliniani, si fonda proprio sul debito, pubblico e privato. E’ tutto relativo. Ciò che è debito, dall’altra parte è un credito. La mia spesa è il tuo guadagno. La mia domanda incontra la tua offerta. Economia, capitalismo, il centro e la periferia. Non il credo religioso-salvifico eurocentrico dei sorprofessori che, per stimolare la crescita, le iniettano dosi letali di rigore. Rigore che non c’era. L’unico euro

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