Non luogo a procedere. Reato estinto per morte del reo. L’implacabile procuratore federale di Boston, Carmen Ortiz, ha chiuso il caso. Aaron Swartz non può essere più perseguito (perseguitato, fino a essere costretto al suicidio). Tre righe di mozione per archiviare una delle più brutte pagine della giustizia americana: l’unico hacker buono è quello morto.
Aaron Swartz in una foto di Daniel J. Sieradski
Aaron non era uno smanettone qualsiasi. A 26 anni aveva un curriculum da genio dell’informatica, attivista per le libertà digitali. Un hacker Prometeo e Robin Hood, direbbe il prof Giovanni Ziccardi. Aveva rubato 4,8 milioni di articoli e pubblicazioni scientifiche dai server del MIT (Massachusetts Institute of Technology) con l’intenzione di diffonderli liberamente in Rete. Poi aveva restituito i dischi fissi con i contenuti, il MIT aveva lasciato cadere le accuse ma la Procura federale è andata avanti come uno schiacciasassi.
Adesso c’è chi chiede la rimozione dall’incarico di Carmen Ortiz, con una petizione sul sito della Casa Bianca. Su Twitter molti ricercatori stanno distribuendo gratuitamente le loro pubblicazioni scientifiche (#pdftribute), in omaggio alle battaglie di Aaron Swartz per la tutela della libertà d’espressione online e per la diffusione della cultura wiki.
Aaron era un hacker, non un pirata informatico. Oggi i funerali, nella sinagoga di Central Avenue a Highland Park, Illinois. L’epitaffio più bello è di Sir Tim Berners-Lee:
“Aaron dead. World wanderers, we have lost a wise elder. Hackers for right, we are one down. Parents all, we have lost a child. Let us weep.