L’ Unione Europea è in difficoltà di fronte alla crisi ucraina. Mutevoli interessi giocano un ruolo di primo piano in questa incapacità dell’UE di prendere dure decisioni nei confronti della Russia.
Dopo la deposizione del presidente ucraino Yanucovych,l’Ucraina ha firmato l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA) con l’ Unione Europea abbandonando in maniera definitiva l’unione doganale con la Russia proposta da Putin.
Mosca il 16 marzo con un referendum (illegittimo sotto molti punti di vista) annette la penisola di Crimea come rappresaglia. L’Unione Europea e il mondo intero sperimentano la potenza russa e il disprezzo dei confini territoriali alle porte dell’Europa.
Gli scontri degli ultimi giorni tra presumibilmentefilo – russi, nazionalisti ucraini e esercito regolare nelle regioni sud – orientali dell’Ucraina sono volti a creare un clima di tensione internazionale intorno a questo strategico paese in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 25 maggio.
La vera rappresaglia e il vero sequestro del Cremlino avviene però ad opera della sua magnifica creatura: l’abominevole uomo del gas.
Il primo aprile (come se fosse uno scherzo) Alexei Miller, capo del colosso energetico russo Gazprom, ha annunciato al popolo ucraino l’aumento del prezzo del gas del 44%. Dai 268,5 dollari per mille metri cubi di marzo si passava ai 385,5 di aprile.
L’Ucraina è già debitrice di 1,7 miliardi di dollari verso Gazprom e come avverte Miller “se l’Ucraina continuerà a non pagare o se non riceverà nessun aiuto esterno, Gazprom taglierà le forniture”.
Questa eventualità potrebbe avere due risvolti. Il primo che potrebbe esserci un’interruzione del flusso solo per il “cliente” ucraina e pertanto sarebbe un problema circoscritto a tale Stato. La seconda ipotesi è che il flusso chiuderebbe in maniera definitiva e ciò colpirebbe in maniera significativa anche l’Unione Europea come avvenne nel febbraio del 2009.
L’UE dipende da Mosca per il 24% del fabbisogno complessivo di gas. Metà di questo 24% passa dai gasdotti posizionati in Ucraina e ammonterebbe a circa 80 miliardi di metri cubi di gas.
Nel breve termine per alcuni paesi la posta in gioco potrebbe essere alta. Per 13 dei 28 paesi l’approvvigionamento proveniente dalla Russia supera il 50% del totale. Finlandia, Estonia, Lituania e Lettonia sono dipendenti addirittura al 100% dal gas proveniente dalla Russia (vedi grafico), ma nessuna fornitura passa dall’Ucraina.
Paesi come Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Slovenia e Austria sarebbero molto colpite dall’interruzione del flusso di gas dall’Ucraina.
Se la tensione a livello internazionale aumentasse e la Russia decidesse di chiudere tutti i rubinetti per l’UE (una situazione molto poco probabile) dal Mar Baltico al Mar Nero nel periodo invernale, la situazione potrebbe essere scioccante senza una buona dose di riserve. La capacità massima di stoccaggio del gas dell’UE è di 75 miliardi di metri cubi. Una buona quantità a fronte però di un consumo collettivo di circa 500 miliardi di metri cubi all’anno.
In questo caso entrerebbe in gioco un altro grosso problema dell’ Unione: la capacità di veicolare e rendere accessibile a tutti gli Stati membri gli approvvigionamenti sia del gas “grezzo” ( dal giacimento via gasdotti) sia per quanto riguarda LNC (Liquefied Natural Gas che torna allo stato fruibile tramite i rigassificatori). L’UE non ha le infrastrutture adatte a tale scopo e non le avrà fino al 2020, anno in cui la griglia dei gasdotti sarà completata.
Un fantascientifico sequestro dell’ Unione Europea (come sta avvenendo in Ucraina) da parte del Cremlino non potrà mai avvenire ad opera del taglio delle forniture del gas, ma nel breve periodo una prova di forza del genere potrebbe creare non pochi problemi.
La Russia spinge sull’acceleratore consapevole che l’ Unione Europea non è pronta a rinunciare al rapporto con l’abominevole del gas.
L’esportazione del gas russo verso l’Europa è utilizzata come un’arma che punta su altri obiettivi. Inibire l’Unione Europea, come entità unica, a rispondere alla crisi ucraina o a eventuali provocazioni in Moldavia, Stati baltici e in Georgia.
L’unico suggerimento per Putin e i suoi è di non tirare troppo la cinghia perchè il 70% dell’esportazioni russe è fatta di gas e petrolio e rappresentano il 52% del bilancio dello Stato. L’ Unione Europea è il più grande cliente di Gazprom e pertanto un buon azionista della nuova Russia di Putin.
Nonostante i suoi 475 miliardi di riserve monetarie, la Russia ha bisogno dell’esportazione del gas e soprattutto di quotare, Rosneft, la più grande compagnia del gas russo, nelle piazze finanziarie dell’Occidente. E’ opinione diffusa che il petrolio è facile da estrarre, stoccare e trasportare, ma il gas ha bisogno di alta tecnologia sia per l’estrazione che per la consegna e stoccaggio. In poche parole ha bisogno del mondo. Mosca è avvertita.
Nella foto rubinetti Gazprom credit by vikitalia.wordpress.com