Magazine Mondo LGBTQ
“E’ la balia del ventunesimo secolo”, dicono in Italia alcuni.
“Lo ha fatto per soldi” sostengono altri. Ancora. “Il suo è un dono”, “No, ha solo assecondato l’egoismo dei gay”. E lei, Nancy, l’infermiera americana che ha scelto di vivere l’esperienza della “gestazione per altri” (Gpa) per una coppia di uomini omosessuali italiani, cosa dice? “Avevo già quattro figli miei e sapevo di non volerne più, ma mi piaceva essere incinta. Se non avessi potuto avere una famiglia mia, la mia vita sarebbe stata molto diversa. Più incontro coppie che hanno usato metodi alternativi per avere i loro figli, più mi sento molto fiera di aver potuto partecipare a un percorso così incredibile”. Nancy ha una bellezza che sfugge alle retoriche, fluida. Ha contattato una agenzia cui si rivolgono coppie gay e ha incontrato Tommaso Giartosio e Franco Goretti. “Quel giorno ci siamo scelti”. Cosa è scattato? “Dopo l’incontro siamo andati a pranzo insieme ed ero tanto contenta di avere incontrato due uomini così dolci, adorabili. A fine pranzo avevo già capito che volevo che avessero anche loro una famiglia”. Forti le emozioni per la nascita prima di Lia, poi di Andrea: “Ricordo perfettamente la nascita di Lia. Franco che guardava mentre la ripulivano... e Tommaso ha appoggiato la sua fronte sulla mia e ha detto grazie. E’ stato un momento così forte. Credo di aver capito per la prima volta come stavo trasformando la vita di qualcun altro.
Al tempo stesso, il percorso della Gpa è stato diverso, perché non si resta incinte per uno slancio di passione. Si resta incinte in una stanza piena di gente, con le gambe sollevate da staffe (ci si sente molto vulnerabili) e i glutei che dolgono per tutte le punture che hai fatto e che continuerai a fare per sei settimane. Fin dall’inizio queste gravidanze sono state diverse da quelle di quando ho avuto i miei figli. Non mi è venuto di sviluppare un solo atomo di legame materno”. Dinanzi a ciò che è nuovo, che non ha ancora nome, è importante chiedere, trovare i termini per i legami fondamentali. “Mi sento vicina ai bambini. Ma è quasi la stessa cosa che sento per i miei nipoti biologici. Con Lia è più difficile: per via della differenza linguistica a volte non sa cosa pensare di me, e si sente frustrata quando non la capisco. Con Andrea, che è così piccolo, per ora la lingua non pesa tanto. Sto cercando di imparare l’italiano per comunicare meglio con loro. Quando Lia è nata è stato difficile farli tutti partire, ero triste perché sarebbero stati tanto lontani. Quando è nato Andrea e si preparavano a partire di nuovo è stato più difficile, credo perché ormai ero così vicina a tutti”. I soldi? Ecco la sua risposta: “Quando facevo la scuola per infermiera volevo essere sicura di non fare la gpa perché mi avrebbero pagato. Ho aspettato di finire la scuola e di stare bene economicamente. Era una esperienza che nella vita volevo provare”. Per Franco e Tommaso (che ringraziamo per aver reso possibile questa intervista, rimandando al sito www.famigliearcobaleno.org) il legame ha un nome chiaro, netto: gratitudine: “Nancy ci ha ispirato subito un senso di tranquillità, equilibrio e sicurezza. Il momento del primo incontro in realtà è stato molto emotivo (per la prima volta sentivamo la concretezza di ciò che stava per accadere) e lei ha saputo accogliere la nostra emozione, riconoscerla senza farsene travolgere. Oggi il rapporto è ancora forte. Nancy è stata nostra unica testimone di nozze in California. Parliamo ogni tanto per telefono o email o su Skype, ci vediamo ogni 1-2 anni. Siamo due famiglie unite da un legame solido, che è prima di tutto di gratitudine”.
Delia Vaccarello
Fonte: http://liberitutti.blog.unita.it/madri-in-affitto-per-coppie-gay-1.284736?localLinksEnabled=true#commentss
Io personalmente mi sono commosso nel leggere questo "racconto"! Sono convinto che se dietro a qualsiasi gesto vi sarà AMORE ed ALTRUISMO (nel vero senso di entrambe le parole), allora non vi sarà mai nulla di strano ed anomalo in esso. Ho letto tutti i commenti posti sotto questo articolo, ecco, mi limiterò solo a dire ad alcuni di voi (coloro che hanno commentato l'articolo a loro volta) che il desiderio di avere dei figli per amarli, crescerli e vederli spiccare il volo con un pò di "noi" (e non mi riferisco ai geni) nel loro bagaglio a mano, non ha nulla a che vedere con il voler (quasi a livelli maniacali) rientrare in continuazione in quella "normalità" tanto predicata dalla nostra società; credo che, invece, tutto ciò abbia un nome ben preciso: DIRITTO UMANO. Il diritto per ogni essere umano di potersi creare un nucleo famigliare tutto proprio con una/un compagna/o e dei figli: un diritto che dovrebbe essere invalicabile ma che spesso così non è purtroppo.Chi, invece, crede che tutto ciò spetti di diritto solo a delle "categorie" ben precise (chiamiamole pure "maggioranze"), allora non gli/le resta che sperare per il resto dei suoi giorni di rientrare per sempre in una qualsiasi fantomatica maggioranza che la società predica, perchè nel momento in cui un domani accadesse qualcosa che lo/la portasse per un qualsiasi motivo a diventare una qualunque "minoranza", bene: si ricordasse di ciò che ha appena affermato oggi!!!
Vi abbraccio
Marco Michele Caserta
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