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L'uomo che attraversò dieci film riuscendo miracolosamente a sopravvivere

Creato il 08 settembre 2015 da Giuseppe Armellini
L'uomo che attraversò dieci film riuscendo miracolosamente a sopravvivereC'è neve nel bosco.
Ho davanti un ragazzo molto più giovane di me.
Mi racconta strane cose sui gufi, sulla loro morte e sulle palle di pelo.
Mi simula il rumore del mare, poi quello del vento, poi quello del mare e del vento assieme.
Rido.
Quel ragazzo è mio padre.
Non l'ho mai conosciuto prima, solo adesso, in questo strano posto, in questo bosco dove sono finalmente arrivato dopo tanto dolore.
Si muove, non so dove sta andando, lo seguo.
Non è cambiato nulla, sono ancora in un bosco.
E c'è ancora la neve.
Provo a parlare ma non ci riesco, non sento più la mia lingua.
Davanti a me arriva una ragazza vestita di rosso.
Mi scalda le mani.
Mi scalda anche il cuore.
Sento di amarla profondamente. In realtà sento anche altro, qualcosa di freddo e sbagliato, ma è una sensazione lontana, impossibile da affrontare.
Ho come la sensazione che sia mia figlia.
Sì, è mia figlia e io l'ho uccisa, sta rantolando, agonizzante nel suo sangue in questa squallida stanza dove l'ho portata.
Un'esistenza di merda come la mia non poteva che terminare in questo modo.
E' arrivato il momento che mi uccida anch'io, così, la pistola alla giugulare.
PAPUM
Non sono morto, non è morta.
Non resta allora che vivere questo amore che va contro tutte le morali.
Perchè è l'unico amore che posso avere e l'unico amore che può avere lei.
C'è Pachelbel tutt'intorno, andiamo via in questa strada che diventa rotaie.
Ci sono i miei amici intorno, sono un ragazzino e sto attraversando un ponte.
"Trenoooooo" urlo ad un certo punto.
Inizio a correre ma davanti a me c'è Vern, che è grasso, lento e terrorizzato.
Corriamo a perdifiato mentre la sirena del treno è sempre più vicina.
Adesso è appena dietro di noi, non abbiamo più possibilità se non quella di saltare.
Ma prima di saltare ripenso a tutta la mia vita.
Una vita di fallimenti e ferite.
Sono vecchio ormai, pieno di cicatrici e senza nessuno a cui interessi più questa mia inutile esistenza.
La folla mi acclama ancora, non ho altro che loro.
Ho paura di morire ma ne ho ancora di più di sopravvivere.
Salgo sulle corde pieno di sudore e lacrime.
Mi batto le mani sulle braccia e salto.
Atterro in uno strano posto, abbandonato, gigantesco.
Corpi ovunque, fogli ovunque.
Sembra New York ma non è la vera New York. La riconosco, è quella che ho costruito io stesso.
E vago in queste macerie, senza alcun fine di quello di vagare e camminare.
C'è la sensazione di qualcosa di irrimediabilmente finito intorno a me.
Mi sento vecchio, stanco, infelice.
Mi siedo su una panchina.
Mi guardo indietro e cerco con lo sguardo Theo, il mio migliore amico.
Voglio che mi guardi negli occhi, voglio che capisca, perchè è l'unico in questa chiesa che può farlo.
Mi volto una seconda volta, poi una terza.
Io quella bambina non l'ho nemmeno sfiorata.
Io mio figlio non l'ho nemmeno sfiorato, lo giuro, è stata quella donna nella stanza 237 a farlo.
E allora vado nella stanza a controllare e la vedo, bellissima, stesa nella vasca da bagno.
Mi avvicino per toccarla.
Lei si alza, mi cinge intorno a sè.
Poi la sua pelle cambia, diventa verde, quasi una melma.
La melma in cui sto strisciando, la melma che ho trovato dietro il poster di Rita Hayworth.
Striscio nella merda per raggiungere la mia salvezza.
E alla fine ce la faccio, esco, alzo le braccia al cielo sotto la pioggia.
Ma la pioggia diventa più forte, adesso è un temporale.
"Non sapete fare di meglio?" dico a quelli che stanno lassù.
Poi il temporale passa, la mia prua tocca il cielo e si ferma.
Scendo dalla barca e salgo le scale dell'orizzonte.
Saluto tutti ed esco.
E adesso sono fuori ma sento tanto chiasso intorno a me.
Mi volto e li vedo tutti.
Uxbal.
Oh dae-soo.
Il macellaio senza nome.
Gordie.
Randy The Ram.
Lucas.
Caden.
Jack.
Andy.
Truman.
Sono tutti qui intorno a me.
"Ma io sono stato tutti voi" gli faccio.
Loro ridono, annuiscono.
"Ma allora perchè se ho vissuto tutte le vostre sofferenze, i vostri dolori e le vostre pazzie mi sento così bene?"
Quello biondo e grassottello si avvicina a me.
"Non capisci proprio Giuseppe eh?" mi fa.
"No, non capisco"
"Non è la sofferenza ad unirci a te, è qualcos'altro, ed è qualcosa che fa stare bene, tu sai come si chiama"
"Non voglio andar via, voglio star qui" gli faccio io.
"Sicuro?" mi fa Caden indicando qualcosa.
Seguo il suo dito e vedo Jack con un'accetta che mi guarda male e finge un mezzo scatto verso di me.
"Ahah, o.k, o.k, vado"
Vado

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