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L'uomo che lanciò un pallone oltre il muro

Creato il 02 febbraio 2015 da Giuseppe Armellini
L'uomo che lanciò un pallone oltre il muroL'uomo arrivò in cima alla salita ormai stremato.
Quello che trovò gli tolse il poco ultimo fiato che ancora gli restava.
Un muro.
Nient'altro.
All'uomo era stato detto sin da piccolo che per ogni salita esiste una discesa.
E una discesa, dopo tutto quel salire, è quello che si aspettava.
Scollinare.
E invece, quel muro.
Solo allora l'uomo che capì che quel detto l'aveva sempre mal interpretato, che il suo significato non è che ad ogni salita segue una discesa, ma che ogni salità è anche una discesa, tutto dipende da che lato la si prende.
Solo che, adesso, voltarsi indietro e scendere non solo era inutile ma persino impossibile.
E anche mortificante vista tutta la fatica che si era fatta per arrivare fin lassù.
L'uomo pensò che quel muro comunque da qualche lato dovesse finire, che muri infiniti non ne esistono, nemmeno quelli che si vedono dallo spazio.
Lo percorse allora verso destra, lasciando scivolare i polpastrelli della mano sinistra sulla superficie liscia del muro.
Camminò molto, è vero che adesso si era in pianura ma la fatica fatta per arrivarci era ancora nelle gambe e nel cuore dell'uomo.
All'estrema destra il muro finì. L'accenno di sorriso che stava per comparire nel viso dell'uomo morì prima ancora di nascere. Perchè anche la terra sotto i suoi piedi finiva. Al suo posto uno strapiombo di cui non si vedeva la fine.
L'uomo si sedette sul ciglio, incurante della paura e delle vertigini. La stanchezza e la delusione erano così forti che somigliavano a pericolosissime piccole spinte per andare ancora in avanti, verso la fine. Ma l'uomo gli resistette, si stese, e con le gambe penzoloni si addormentò.
Al risveglio si sentiva bene, con orrore tirò indietro le gambe dal vuoto e ricominciò a camminare indietro, verso sinistra, lasciando stavolta che i polpastrelli della mano destra sfiorassero il muro.
Arrivato al punto di partenza, il grande spiazzo in cima alla salita, l'uomo decise di fermarsi.
Era troppo intelligente per non sapere che anche di là, all'estrema sinistra, non avrebbe trovato un modo per aggirare il muro. Sì, magari il tentativo andava fatto, ma eventualmente sarebbe stato solo per uno scrupolo.
O per un'ultima speranza.
E prima di affidarsi alle ultime speranze meglio scervellarsi nelle terz'ultime e nelle penultime.
Il muro non era altissimo ma sempre più alto di ogni possibile tentativo di oltrepassarlo.
La superficie poi, liscissima, precludeva in partenza qualsiasi tipo di arrampicata.
L'uomo si accorse di una cosa strana. La sua disperazione e il suo sconforto non erano tanto dovuti al non potere andare dall'altra parte, ma al non sapere cosa nascondesse.
Ancora salita? La tanto desiderata discesa? altri muri, uno dietro l'altro?
Si inginocchiò, appoggiò l'orecchio sui lisci mattoni e cercò di ascoltare.
Niente.
Sconfortato si sedette, schiena sul muro.
Era la prima volta che riguardava indietro. Era stata talmente ripida e lunga la salita che non riusciva a vederne l'inizio.
O la fine, nel caso l'uomo avesse voluto tornare indietro.
Chissà, magari finisce dove finisce quello strapiombo là a destra, magari quello, buttarsi, è il metodo più veloce per tornare al punto di partenza. Sì, però magari muoio in quella maniera.
Magari.
Poi l'occhio gli cadde su qualcosa.
Un pallone, indiscutibilmente un pallone. Si guardò intorno, magari in quello spiazzo c'era anche qualcos'altro. Ma niente, solo quel pallone abbandonato.
Che buffo, forse è quassù  perchè serve a tenersi in forma prima di tornare indietro, pensò l'uomo.
Lo prese e cominciò a palleggiare.
Poi, a calciare contro il muro.
Il rumore era fortissimo, certo, è vero che quello di quel pallone era l'unico rumore possibile lassù, ma era stranamente forte, troppo forte.
L'uomo capì.
Ho solo un muro, un pallone e un rumore, qualcosa deve pur voler dire.
Lo calciò in alto, più perpendicolarmente possibile ma sempre cercando comunque di mandarlo al di là del muro.
Se sentirò rimbalzi vicini e sempre più bassi allora di là c'è un'altra pianura che mi aspetta.
Se sentirò rimbalzi sempre più lontani ci sarà una discesa.
Se sentirò il pallone tornare indietro e sbattere contro il muro c'è una nuova salita.
Ci fu il primo rimbalzo, fortissimo.
Il cuore dell'uomo batteva come non mai.
Ed ecco il secondo rimbalzo, quello che ad un orecchio esperto sarebbe già bastato per capire tutto, senza bisogno dei successivi.
L'uomo lo sentì, poi pianse e sorrise.
E cominciò a camminare verso sinistra.
Se là dietro c'è una discesa, ci deve anche essere un modo per raggiungerla.

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