A leggere questo libro, se ne avete voglia, sembra che Bisignani sia la persona più fortunata del mondo: cresciuta in mezzo a persone importanti che l'hanno aiutato nella crescita: da Rocca della Techint, a Paolo VI a Montanelli, da Andreotti a Craxi ai politici di oggi …
Un mondo dove i cognomi che girano sono sempre gli stessi, che passano da una carica all'altra, in una ascesa a volte interrotta dai magistrati nelle loro inchieste (come avvenuto per l'inchiesta sulla P4, in cui è stato coinvolto).
Magistratura che Bisignani accusa di bloccare certe operazioni finanziarie: “Alla fine, come vede, c’è molto spesso la mano della magistratura dietro il fallimento di certe operazioni”. Fusioni di gruppi industriali, scalate di banche, privatizzazioni e acquisizioni di giornali (“l’inchiesta sulla P4 mandò a monte il passaggio dei periodici della Rcs al gruppo Farina”). Il sottotitolo di questo libro intervista è: "Trent'anni di potere in Italia tra miserie, splendori e trame mai confessate": purtroppo, e questa è la mia opinione, quanto viene raccontato va preso con molta cautela. Ho l'impressione che l'autore abbia voluto dare al lettore una versione molto edulcorata dei famosi “misteri”.
Andreotti ne esce fuori come una persona acuta e intelligente.
Berlusconi descritto come un vulcano di idee, che lo stesso Andreotti aveva assolto per le sue vicende legate alle cene eleganti:
“Madron: Il cattolicissimo Andreotti che giustifica le performance in orizzontale del Cavaliere? Una notizia.
Bisignani: Da «uomo devoto», lo assolveva.”
Berlusconi fu presentato a Bisignani nei tempi in cui era capo uff. stampa del ministro dell'industria:
“B: Stammati mi disse: «Questo o è pazzo o è un genio». E si riferiva al progetto, espresso da Berlusconi, con entusiasmo e determinazione incredibili, di voler fare concorrenza alla Rai.[..] M: Come iniziò a far entrare il Cavaliere nella sua tela di rapporti?
B: A casa di mia madre gli feci incontrare per la prima volta, nel 1980, il neodirettore generale della Banca d’Italia, Lamberto Dini”.
Il ritratto che Bisignani fa del cavaliere:
“B: mi dice che non è un uomo di potere? Lo confermo. È solo un uomo molto ricco che è stato capace di vincere le elezioni. Mai, eccezion fatta per la Rai, di imporre suoi candidati sulle poltrone più delicate”.
Marcinkus descritto come quello che doveva sistemare i conti dello IOR: “B: Marcinkus doveva dipanare il groviglio di partecipazioni possedute dal Vaticano nell’azionariato di grandi aziende italiane come le Condotte d’acqua o l’Immobiliare”.
Craxi il miglior statista, anche lui perseguitato dalla magistratura: “Craxi è stato uno dei migliori presidenti del Consiglio che l’Italia abbia avuto”.
Le tangenti, il debito pubblico schizzato alle stesse, la fine della prima repubblica e la latitanza all'estero per sfuggire alla magistratura, tutto questo passa in secondo piano per l'uomo che sussurra ..Craxi e il concordato con la Chiesa: “Il suo fu un capolavoro di diplomazia con il quale dribblò il dibattito parlamentare, e riuscì a far passare l’otto per mille, l’ora di religione nelle scuole”. Poco importa che questo concordato dreni risorse pubbliche che finiscono alla Chiesa in modo non tracciabile, a discapito delle altre religioni (per il meccanismo che assegna il non dichiarato alla Chiesa cattolica).
Nell'intervista emergono tanti
quadretti, dell'attuale panorama politico:
Mariarosaria Rossi, «la
Badante», come l’ha soprannominata Dagospia, che di volta in volta
gli fa da spalla nella scenetta, interpretando varie macchiette tra
cui la prostituta con il difetto all’anca
Inoltre Alfano ha una
vera mania per i giochini sul cellulare, cui non rinuncia nemmeno
durante le riunioni. E poi ha la debolezza di consultare sempre
l’oroscopo
E
c'è spazio per i traditori del PDL, per la decisione presa da B. di
ridiscendere in politica, dopo il moccolo di Verdini.
Nel corso dell'intervista c'è spazio
anche per attaccare (o insinuare dubbi) su altri avversari che magari
non possono oggi difendersi.
Parlando delle stragi di mafia del
1992-93, Bisignani tira fuori l'inedita pista dei finanziamenti al
PCI da parte del PCUS su cui Falcone stava indagando (quando
era già direttore dell'ufficio Affari Penali e non più pm).
“M:
Ma che idea si era fatto Andreotti dell’uccisione di Falcone e
Borsellino?
B: Ha sempre avuto un convincimento. Ovvero che i
motivi delle orrende stragi in cui morirono non si dovessero cercare
a Palermo, ma fra Mosca e Roma”.
L'attacco
a Scalfaro,
l'ex presidente della Repubblica, nonché ex ministro degli interni,
finito nel fango dell'inchiesta sui fondi neri del Sisde:
“B:
Allude ai cento milioni di lire che il Sisde avrebbe versato
mensilmente a tutti i ministri dell’Interno, compreso dunque
Scalfaro? Non tutti. Scalfaro certamente, Amintore Fanfani li
rifiutò”.
Bernabé, ex
manager Eni, ora dentro Telecom, di cui Bisigani ritira fuori una
vecchia informativa della Finanza:
“B: In un’informativa
della guardia di finanza del 17 novembre 1997, numero di protocollo
00582, gli investigatori comunicano alla Procura di Brescia a
proposito di Bernabè la loro convinzione che potesse essere stato
parte attiva nella realizzazione di una struttura di fondi neri
all’estero”.
E poi le solite
accuse al PCI:
“B: Io sono
certamente colpevole di finanziamento illecito ai partiti, reato che
sinceramente ignoravo di compiere e che con un blitz parlamentare è
stato poi depenalizzato per favorire il Pci”.
[..]
“M: Lei ha accusato
il Pci di aver partecipato alla spartizione. Ma il partito da
quell’inchiesta è uscito indenne.
B: Il finanziamento al
Pci era documentato nell’agenda di Gardini”.
“B: Cesare, anche se finge di dimenticarlo, è stato, più di chiunque altro, andreottiano con Andreotti, demitiano con De Mita, ciampiano con Ciampi”.
In questo libro, le stragi, i rapporti mafia politica, il vero ruolo della P2 (chi l'ha creata, chi l'ha finanziata, i legami con gli USA) sono temi nemmeno accennati: Andreotti di cui è stata accertata la colpevolezza almeno fino al 1980 per i suoi rapporti con esponenti mafiosi.
La P2, dietro tanti segreti, dal delitto Moro, ai depistaggi sulla strage alla stazione di Bologna. Una struttura le cui dimensioni non sono mai state del tutto chiarite, che aveva Gelli come unione tra le due piramidi rovesciate (l'immagine che ne diede la Commissione di inchiesta di Tina Anselmi): nel libro si arriva a dire che Gelli indagò in Argentina sulla vicenda dei desaparecidos (gli oppositori del regime che venivano fatti sparire, anche gettandoli dagli aerei sull'oceano):
“Fu in merito alle vicende legate ai crimini dei desaparecidos, circostanza in cui il Venerabile riuscì a trovare dei riscontri e a sollecitare chiarimenti dai dittatori allora al potere”.
Come mai tanti
militari nelle liste della P2?
“M: perché nelle
liste italiane della P2 ci sono così tanti militari e grand commis
di Stato?
B: Sono ambienti dove domina una continua ansia di
promozioni e trasferimenti”.
Come mai nessun
comunista, chiede il giornalista Madron?
“B: nelle liste
ritrovate a casa di Gelli non figuravano uomini del Pci, e questo nel
momento in cui il partito guidato da Enrico Berlinguer diventava
elettoralmente più forte”.
Secondo Bisignani,
una commissione di inchiesta fatta per favorire il PCI (ancora una
volta):
“la Commissione
parlamentare d’inchiesta sulla P2, presieduta da una cattolica
partigiana come Tina Anselmi, desiderosa di rendersi gradita al Pci e
di attaccare l’intera massoneria”.
E se ieri il
problema erano i comunisti, secondo Bisignani, oggi lo è il M5S,
dietro cui vede gli stessi movimenti che durante mani pulite
aiutarono Di Pietro: “nel modo in modo in cui i servizi
americani stanno «attenzionando» Beppe Grillo e il suo movimento”,
spiega l'intervistato “mi sembra di rivedere il film con cui
alcuni diplomatici Usa accompagnarono la corsa di Antonio Di Pietro”.
Insomma,
a rileggere queste pagine sembra di aver vissuto in un paese con una
classe politica e dirigente che ha cercato di far crescere l'economia
e la finanza, ostacolata dalla magistratura invadente che ha slavato
alcuni partiti da Mani Pulite per interessi personali. E dovremmo
pure essere grati ai politici della prima repubblica.
Non
sono d'accordo, ne su queste tesi, ne su questa visione del paese e
in special modo della democrazia. Una democrazia dove le decisioni,
le promozioni, le cariche sono decise al buio, nelle segrete stanze,
è una non democrazia.
Riporto
quanto disse Tina Anselmi,durante la relazione alla Camera sulla Commissione di inchiesta per
la P2, il 9
gennaio 1986 (riportato al termine del libro a cura di Anna Vinci, LaP2 nei diari segreti di Tina Anselmi):
Qui
sta, io credo, il valore politico principale della relazione della
Commissione: essa ci documenta la presenza di uomini affiliati alla
loggia in buona parte delle vicende più torbide che hanno
attraversato il paese nel corso di più di un decennio.
Da vicende
finanziarie, come quelle di Sindona e di Roberto Calvi, sino ad
episodi di eversione violenta del sistema, troviamo che la Loggia
P2, con la sua segretezza, costituisce il luogo privilegiato nel
quale entrano in contatto e si intrecciano ambienti disparati, che
hanno in comune il fatto di agire al di fuori della legalità
repubblicana.
Dall'esplorazione di questo mondo [..]
possiamo trarre una conclusione principale di significato politico
rilevante: che la politica sommersa vive e prospera contro la
politica ufficiale; che una democrazia manipolata è in realtà una
non democrazia; che ogni
tentativo di correggere surrettiziamente e per vie traverse il
sistema democratico significa in realtà negarlo alla radice dei suoi
valori costitutivi.
[..] Che la Loggia P2 abbia cercato e ottenuto
connivenze e complicità nel mondo politico costituisce realtà di
tale evidenza che, se mai, vi sarebbe da stupirsi del contrario,
vista la qualità delle aspirazioni e dei progetti
dell'organizzazione.
Anche qui sono gli stessi documenti della loggia a rivelarci con inconsapevole franchezza la vera natura dell'organizzazione e delle sue aspirazioni più riposte, come quando nel piano di rinascita democratica si parla di 'selezionati uomini politici' e di un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si assumeranno l'onere dell'attuazione del piano.
[..] Per gli uomini e gli ambienti che si riconoscevano nella Loggia P2 l'attività politica nella quale noi siamo impegnati era considerato un onere da delegare; ma così non può essere, perché ogni volta che postuliamo un versante politico occulto, la sua logica non può che essere quella della concorrenzialità rispetto alla politica ufficiale. E che si muove al suo riparo non può che aspirare a una funzione di controllo e di delega: mai certamente di complementarietà. Per tale motivo si può essere complici della Loggia P2, ma solo per finirne vittime, come sistema di certo, se non come singoli.
Per questo io credo che a Loggia P2 è stata, come è stata, un meccanismo di controllo e condizionamento, allora è evidente che in questa vicenda noi siamo stati tutti perdenti o tutti vincenti: perché se la loggia P2 è stata, come è stata, politica sommersa, essa allora è in realtà contro tutti noi! La scheda sul sito di Chiarelettere
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