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L’uomo di carta di Andrea M. Campo

Creato il 01 agosto 2012 da Viadellebelledonne

L’uomo di carta

pubblicato su
THEARTSHIP

 IN: -#7, ANDREA M. CAMPO

L’uomo di carta di Andrea M. Campo

Perfect Day – Lou Reed

Andrea M. Campo. Nel 1996 migliaia di persone assiepate sugli spalti attendevano l’ultimo tedoforo condurre  il sacro fuoco verso il tripode olimpico. All’ingresso dello Stadio di Atlanta si presentò un anziano Prometeo dal volto contratto, ingabbiato in una smorfia perenne, che superati gli indugi versò con le mani tremanti la fiamma nel braciere. Era ingrassato, debilitato dalla malattia, spoglio della leggerezza che lo aveva reso famoso e della potenza che lo aveva consacrato alla leggenda. Ma ogni persona presente seguiva con ferma venerazione ogni gesto, ogni cenno di quel corpo sofferente e applaudiva commossa al fulgore antico dello strano vecchio.

Non era più necessario salire su un ring,  indossare i guantoni e danzare attorno all’avversario per dimostrare di essere Alì. Il suo volto e le sue imprese erano nei ricordi di tutti: lui era – è – la boxe fatta uomo,  che dell’uomo non ha la fragilità della carne ma attraversa il Tempo rimanendo sé stessa.

E’ la forza del mito che trasfigura la materia rendendo l’uomo icona.

Ma l’uomo resta, e diventa cornice della sua stessa immagine.

L’individuo si dissolve davanti al personaggio.

Pablo era l’uomo dei popcorn, l’ultimo venditore ambulante di popcorn, il Cassius Clay della quinta strada di Ushuaia; un vivace signore in pensione, che ogni mattina, attirava i passanti  con la fragranza di popcorn caldo.

Combattivo come pochi, tutti giorni trascinava il suo carretto rosso carico di olio, fino al mercatino dell’antiquariato, bloccava le ruote del marchingegno e restava immobile sulla sua seggiola a forbice in attesa di un cliente. Le sue gambe erano fragili, le sue spalle incurvate, il braccio sinistro semiparalizzato per una “maldita enfermedad” ma l’ardore che in gioventù lo aveva reso celebre tra i pugili della sua categoria sembrava essere rimasto lo stesso. Erano trascorsi diversi anni dall’ultima volta che aveva acceso la macchina e ormai non ricordava più come fare ma, instancabile, ogni giorno si presentava lì dove era sempre stato, dove tutti erano abituati a vederlo.

Nessuno chiederebbe oggi ad Alì di combattere per mostrare il suo valore e nessuno ormai chiedeva più i servizi di Pablo. La mattina passeggiava fumando le paglie che maldestramente arrotolava tra i pollici e gli anulari. Si era fracassato le dita durante l’ultimo incontro nell’amaro tentativo di stendere un giovane pugile zelante, cui era stato chiesto di restare in piedi per undici riprese. Erano i tempi in cui l’onore poteva cedere, senza vergogna, al bisogno e al denaro. La fama non era poi questa gran cosa di cui si narrava. E così aveva deciso di accettare una “patta” con quel mingherlino dalla mascella di ferro che gli aveva frantumato due dita a pochi secondi dal gong. In quella stupida farsa che avrebbe assicurato ad entrambi da vivere negli anni bui ci aveva rimesso due dita della mano sinistra, adesso molli come budino. Non è che gli importasse molto ma non riusciva a ruotare l’ingranaggio d’avvio della macchina dei popcorn; e tutte le mattine, il dolore puntuale si ripresentava, sempre più intenso, bloccando l’avambraccio.

Il giorno in cui il mondo omaggiava l’antico talento di Alì, Pablo oziava seduto sul marciapiede sbirciando le immagini di un piccolo televisore posizionato su una finestra del quartiere. Non aveva notato un giovane dall’aspetto trasandato che lo attendeva impaziente poggiato sul suo trabiccolo. Con la tracotanza di chi ancora crede il mondo un credito, chiedeva con insistenza un sacchetto di popcorn pestando i pugni sulla macchina che, pian piano, cedeva sotto i colpi. Scherniva il vecchio e le sue mani, inferme e tremanti per la rabbia.

Ora vorrei raccontare che Pablo, memore dei suoi giorni migliori, in un impeto d’orgoglio aveva sferrato un perfetto gancio sinistro sul mento del giovane stendendolo ai suoi piedi. Vorrei descrivere quell’antica fiamma pulsare nelle sue vene e caricare ogni membra, ogni arto del corpo. Vorrei raccontare che era stato coraggioso, magnifico, follemente eroico.  Ma la grande mano ostinata che armeggiava sulla manovella si era frantumata tra le grasse risate del ragazzo. Il vecchio era stato soccorso da un bimbo. “Non preoccuparti nonno, non fa niente”. Guardando quei lucidi occhi infuocati Pablo si sentiva rassicurato. “Andiamo a casa, qui non ho più niente da fare”. D’altronde non era altro che un grande vecchio che aveva già detto tutto di sé. “Proprio come Alì!”



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