l’Uruguay ha un’antica tradizione di paese pioniere nel terreno dei diritti civili e politici. Nel 1913 è stata la prima nazione in America Latina ad approvare il divorzio, nel 1927 la prima ad introdurre il voto femminile nel Sud America; nel 2007 sono state riconosciute le unioni civili di coppie omosessuali, due anni dopo sono state autorizzate le adozioni e adesso anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso (vigente già in Argentina dal 2010).
Da Daily Storm
Legalizzazione della marijuana e delle nozze gay e l’idea di un’austerity “alternativa”: la “rivoluzione Uruguay” del 2013 parte da una nuova politica
RIFORMA CORAGGIOSA - L’undici dicembre l’Uruguay ha legalizzato la marijuana. Questo lo sappiamo tutti. Quel che non tutti sanno è fin dove questo “esperimento” (così è stato definito dal Presidente Pepe Mujica) si sia spinto. Infatti, mentre la notizia di questa piccola rivoluzione faceva il giro del mondo, l’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB) dichiara la manovra “una violazione del diritto internazionale”. Questo piccolo Paese ai confini dell’occidente ha in qualche modo inceppato gli ingranaggi della grande macchina delle relazioni internazionali, dichiarando la propria autonomia legislativa e politica. Al di là di tutti i commenti che possa sollevare la regolamentazione del commercio e dell’uso delle droghe leggere, probabilmente questa rimane la conseguenza più importante di questa famosa legalizzazione: l’Uruguay si è rivelato un esempio di Paese ex coloniale che si dimostra capace di “ragionare con la propria testa”, muovendo i primi passi addirittura contro le aspettative dei Paesi abituati a imporsi sul Sud America.TERZA VIA - Il governo Mujica, tuttavia, si è spinto ben oltre. Tra le altre “riforme shock” approvate quest’anno, ci sono la depenalizzazione dell’aborto e la legalizzazione dei matrimoni gay. Riforme impensabili fino a pochi anni fa in un Paese latino-americano (per non parlare del fatto che le nozze omosessuali sono ancora un tabù in Italia e in molti Paesi del ”civilissimo” Vecchio Continente). Questi sono i motivi principali che hanno spinto l‘Economist ad eleggere l’Uruguay “Paese dell’anno”. In effetti il fatto che un governo d’ispirazione socialista riesca a portare avanti delle riforme così audacemente liberali, oltre a sembrare quasi ossimorico, è un qualcosa su cui riflettere. Prima di tutto si deve definire il termine “liberale”, che in questo caso si riferisce semplicemente alla natura progressista di queste riforme e alla nuova “apertura” del Paese. L’apparente contrasto tra un governo socialista e delle riforme liberali è presto risolto se si considera che tali riforme sono profondamente di sinistra, fondate su una chiara idea di democrazia e di sviluppo. La legalizzazione della marijuana è, in questo senso, una giusta sintesi tra il rispetto della libertà individuale (idea liberale) e la rivalutazione del ruolo centrale dello Stato come affidatario del monopolio di questo commercio (idea socialista). Insomma, se si volesse fare una provocazione si potrebbe guardare a queste riforme come un primo passo verso la scoperta, da parte dell’Uruguay, di una famosa “terza via” alternativa a Comunismo e Capitalismo che i Paesi ricchi non riescono a intravedere.
AUSTERITY ALTERNATIVA - Rimanendo con i piedi per terra, quel che più colpisce di questo 2013 “anno dell’Uruguay” è soprattutto il pragmatismo non solo delle riforme, ma anche del metodo politico messo in atto dal governo. Buona parte del merito spetta alla figura del Presidente Pepe Mujica, ex attivista del movimento Marxista-rivoluzionario dei Tupamaros. Oggi è famoso nel mondo per essere il Presidente della Repubblica più povero mai visto: del suo stipendio di 150.000 dollari all’anno, Mujica ha deciso di riscuoterne solo 1.250 al mese (circa il 10%). Lui trova che il termine austerità (o austerity, come amiamo chiamarla per scimmiottare gli anglo-americani in ogni cosa) sia abusato nel Nord del mondo e soprattutto in Europa, e ne ha proposto un modello alternativo, basato in primis sull’esempio personale che può dare la politica ai cittadini. La fiducia e la collaborazione dei cittadini, radici profonde della democrazia, si possono ottenere solo con questa dose abbondante di trasparenza. Il risultato non sono solo bei discorsi astratti, ma dati concretissimi che arrivano dalla Transparency International (The global coalition against corruption): l’Uruguay presenta dei livelli di corruzione miserrimi in confronto ai propri vicini Sud Americani. Il Paese cresce, dunque, e ottiene riforme eclatanti in tempi brevi.
Alla faccia nostra, della nostra austerity e dell’avida inadeguatezza della nostra politica.
Eleonora Cosmelli