L’urbanistica della zonizzazione propria del modello keynesiano di sviluppo urbano, con l’espansione della città attraverso la diffusione dell’edilizia popolare, si è da tempo scontrata con l’insostenibilità del consumo di risorse economiche e naturali (sprawl).
Neanche il modello dell’ultimo trentennio che ha visto la città più come macchina per la crescita che come agglomerato urbano mirato al nostro specifico benessere, sembra abbia conosciuto sorte migliore.
Ancora una volta la dura realtà ha portato in evidenza gli errori politici fatti nel periodo di agiatezza economica:
- l’insostenibilità di modelli basati su ipotesi di crescita infinita fatti di continuo ed inesauribile consumo di suolo
- le virtuali risorse economiche generate solamente attraverso l’indebitamento diffuso
Il modello della città come macchina per la crescita ha determinato fenomeni di urban sprawling, con la conseguente deprivazione delle risorse naturali, consistenti fenomeni di disagio sociale e l’insostenibilità della domanda (sempre crescente) di servizi pubblici, che oggi ha portato i governi locali, ormai in una situazione di carenza di risorse, a non riuscire a sostenere neppure i servizi minimi ed indispensabili.
Appare quindi l’urgenza di definire un nuovo modello di sviluppo urbano virtuoso e consapevole della limitatezza delle risorse ambientali.
In realtà non ci si pensa quasi mai, ma il suolo è una risorsa naturale preziosa e limitata, tipicamente non surrogabile e non rinnovabile (se non nel giro di molte centinaia di anni)
L’uso del suolo, visto come occupazione permante di spazi adibiti a costruzioni, piazze, strade ed edifici in genere ed i relativi cambiamenti, devono pertanto garantire fin dal progetto condizioni di sostenibilità, di vivibilità, di efficienza e di vocazione.
Solo negli ultimi anni si è consolidata la coscienza che i suoli abbiano, non solo una funzione fondamentale di supporto alle attività umane ed alle produzioni primarie, ma anche funzione di mantenimento della biodiversità e dell’equilibrio degli ecosistemi che in essi proliferano.
L’uso del suolo può essere classificato come naturale, semi-naturale, agricolo o artificiale ed un cambiamento d’uso può determinare una grande serie di impatti fortemente negativi sul suolo e sull’ecoambiente circostante che possono portare a:
- perdita di fertilità dei terreni (spesso permanente e irreversibile)
- frammentazione del territorio
- riduzione della biodiversità
- alterazioni del ciclo idrogeologico
- alterazioni microclimatiche.
Questi impatti, diretti e indiretti, sono dovuti alla perdita irreversibile delle capacità fisiche, chimiche e biologiche del suolo, che vanno dalla fissazione della CO2 al ciclo delle acque, dal microclima alle connessioni ecologiche. Tali fattori possono determinare un ulteriore degrado del suolo, innescando eventi di erosione, frane, contaminazione, perdita di sostanza organica e persino desertificazione.
L’urbanizzazione dei suoli quindi, intesa come passaggio da un uso naturale o agricolo ad un uso urbano (artificiale), è pertanto un vero e proprio consumo di suolo, che determina:
- un’alterazione grave del paesaggio
- la perdita irreversibile dell’identità storica dei luoghi
- un degrado della stessa qualità della vita di chi lo abita.
La crescita, la diffusione delle aree urbane e delle relative infrastrutture, causano inoltre un aumento del fabbisogno di trasporti, di risorse naturali e di energia, con conseguente aumento dell’inquinamento acustico, atmosferico e idrico.
Per questi motivi sarà sempre più importante, per l’urbanista, indagare, prevedere e conoscere con la maggiore precisione possibile quanto e quale tipo di suolo verrà consumato, per comprenderne al meglio le risposte ambientali, attraverso azioni di esame, classificazione e monitoraggio per mezzo di banche dati aggiornate e comparabili.
Alla luce di tutto questo, la Carta di Uso del Suolo è diventato uno strumento urbanistico di fondamentale importanza e rappresenta lo stato aggiornato di utilizzo del territorio.
Il Progetto CORINE (Coordination of Information on the Environment) Land Cover dell’Unione Europea, che ha provveduto alla standardizzazione di questo strumento in tutta Europa, si fonda su 5 classi principali:
- Superfici artificiali
- Superfici agricole utilizzate
- Superfici boscate ed ambienti seminaturali
- Ambiente umido
- Ambiente delle acque.
Speriamo, in un futuro molto prossimo, che le sensibilità del progettista (e del politico) siano rivolte essenzialmente verso questo problema. Una sensibilità innovative quanto antiche rivolte essenzialmente al benessere biologico più che al finto ed effimero benessere portato dal soldo. Saranno solo utopie? Questa crisi non ci ha insegnato ancora nulla?
Saluti
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