Autore: La Redazione
Tutto, o Lucilio, dipende dagli altri; solo il tempo è nostro. Abbiamo avuto dalla natura il possesso di questo sommo bene sommamente fuggevole, ma ce lo lasciamo togliere dal primo venuto. E l’uomo è tanto stolto che, quando acquista beni di nessun valore, e in ogni caso compensabili, accetta che gli vengano messi in conto; ma nessuno, che abbia cagionato perdita di tempo gli altri, pensa di essere debitore di qualcosa, mentre è questo l’unico bene che l’uomo non può restituire, neppure con tutta la sua buona volontà.
Mi domanderai forse come mi comporti io che ti do questi consigli. Te lo dirò francamente: il mio caso è quello di un uomo che spende con liberalità, ma tiene in ordine la sua amministrazione; anch’io tengo i conti esatti della spesa. Non posso dire che nulla vada perduto, ma sono in grado di dire quanto tempo perdo, perché e come lo perdo; posso cioè spiegare i motivi della mia povertà. Capita anche a m, come alla maggior parte della gente caduta in miseria senza sua colpa: tutti sono disposti a scusare, ma nessuno viene in aiuto. E che dunque? Per me non è povero del tutto colui che, per quanto poco gli resti, se lo fa bastare. Ma tu, fin d’ora, serba gelosamente tutto quello che possiedi; e avrai cominciato a buon punto, poiché – ci ammoniscono i nostri vecchi – «è troppo tardi per risparmiare il vino, quando si è giunti alla feccia». Nel fondo del vaso resta non solo la parte più scarsa, ma anche la peggiore.
Addio.
[tratto da Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, BUR]