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L’utilità del progresso

Creato il 15 giugno 2012 da Lele2481 @GabrieleGranato

Di solito non lo faccio, ma stamattina mentre preparavo il latte al mio bimbo, navigando con l’iPhone mi son trovato davanti una di quelle storie che girano sui social e l’ho letta. Strano! Tutta. Ancora più strano!

Non penso che i fatti narrati siano realmente accaduti (anche se tutto può essere), ma ho letto tutta la storia e a posteriori devo dire che mi è stato utile.

Ma non la storia in sé.

Io da un po’ di tempo, purtroppo o per fortuna (tanto lavoro ed un bimbo adorabile che ha bisogno di tante attenzioni), non ho tempo per leggere, per pensare e riflettere. Grazie alla rete, ai social network, alle tecnologie mobile ogni tanto posso farlo, in modo diverso da prima, ma posso.

Insomma il punto vero di questo articolo è che questa è una delle tante facce positive del 3.0, dell’evoluzione della rete, del progresso.

A margine vi riporto anche la storia in questione che, aldilà di come sia scritta (l’autore lascia un po’ a desiderare) e da come la si pensi, ripeto, mi è stata in qualche modo utile. Buona lettura

:)
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“Mentre mia moglie mi serviva la cena, le presi la mano e le dissi: ”Devo parlarti”.
Lei annui e mangiò con calma. La osservai e vidi il dolore nei suoi occhi, quel dolore che all’improvviso mi bloccava la bocca. Mi feci coraggio e le dissi:’ ‘Voglio il divorzio”. Lei non sembrò disgustata dalla mia domanda e mi chiese soavemente: ”Perché?”.
Quella sera non parlammo più e lei pianse tutta la notte. Io sapevo che lei voleva capire cosa stesse accadendo al nostro matrimonio, ma io non potevo risponderle. Aveva perso il mio cuore a causa di un’altra donna, Giovanna! Io ormai non amavo più mia moglie, mi faceva solo tanta pena.
Mi sentivo in colpa, ragion per cui sottoscrissi nell’atto di separazione che a lei restasse la casa, l’auto e il 30% del nostro negozio. Lei quando vide l’atto lo strappo a mille pezzi! Come?! Avevamo passato dieci anni della nostra vita insieme ed eravamo ridotti a due perfetti estranei?!.
A me dispiaceva tanto per tutto questo tempo che aveva sprecato insieme a me, per tutte le sue energie, però non potevo farci nulla, io amavo Giovanna!
All’improvviso mia moglie cominciò a urlare e a piangere ininterrottamente per sfogare la sua rabbia e la sua delusione, l’idea del divorzio cominciava ad essere realtà.
Il giorno dopo tornai a casa e la incontrai seduta alla scrivania in camera da letto che scriveva, non cenai e mi misi a letto ero molto stanco dopo una giornata passata con Giovanna.
Durante la notte mi svegliai e vidi mia moglie sempre li’ seduta a scrivere, mi girai e continuai a dormire. La mattina dopo mia moglie mi presentò le condizioni affinché accettasse la separazione. Non voleva la casa, non voleva l’auto, tantomeno il negozio, soltanto un mese di preavviso, quel mese che stava per cominciare l’indomani. Inoltre voleva che in quel mese vivessimo come se nulla fosse accaduto! Il suo ragionamento era semplice: ”Nostro figlio in questo mese ha gli esami a scuola e non è giusto distrarlo con i nostri problemi”. Io fui d’accordo però lei mi fece un ulteriore richiesta: ”Devi ricordarti del giorno in cui ci sposammo, quando mi prendesti in braccio e mi accompagnasti nella nostra camera da letto per la prima volta, in questo mese però ogni mattina devi prendermi in braccio e devi lasciarmi fuori dalla porta di casa”.
Pensai che avesse perso il cervello, ma acconsentii per non rovinare le vacanze estive a mio figlio per superare il momento in pace. Raccontai la cosa a Giovanna che scoppiò in una fragorosa risata dicendo: ”Non importa che trucchi si sta inventando tua moglie, dille che oramai tu sei mio, se ne faccia una ragione!”.
Io e mia moglie era da tanto che non avevamo più intimità, così quando la presi in braccio il primo giorno eravamo ambedue imbarazzati, nostro figlio invece camminava dietro di noi applaudendo e dicendo: ” Grande papà, ha preso la mamma in braccio!”.
Le sue parole furono come un coltello nel mio cuore, camminai dieci metri con mia moglie in braccio, lei chiuse gli occhi e mi disse a bassa voce: ”Non dirgli nulla del divorzio, per favore”. Acconsentii con un cenno, un po’ irritato, e la lasciai sull’uscio. Lei uscì e andò a prendere il bus per andare al lavoro.
Il secondo giorno eravamo tutti e due piu’ rilassati, lei si appoggiò al mio petto e potetti sentire il suo profumo sul mio maglione. Mi resi conto ch era da tanto tempo che non la guardavo. Mi resi conto che non era più così giovane, qualche ruga, qualche capello bianco! Si notava il danno che le avevo fatto! Ma cosa avevo potuto fare da ridurla così?
Il quarto giorno, prendendola in braccio come ogni mattina avvertii che l’intimità stava ritornando tra noi, questa era la donna che mi aveva donato dieci anni della sua vita, la sua giovinezza, un figlio e nei giorni a seguire ci avvicinammo sempre più. Non dissi nulla a Giovanna per rispetto!
Ogni giorni era più facile prenderla in braccio e il mese passava velocemente. Pensai che mi stavo abituando ad alzarla, e per questo ogni giorno che passava la sentivo più leggera. Una mattina lei stava scegliendo come vestirsi, si era provata di tutto, ma nessun indumento le andava bene e lamentandosi disse: ”I miei vestiti mi vanno grandi”. Lì mi resi conto che era dimagrita tanto, ecco perché mi sembrava così leggera! Di colpo mi resi conto che era entrata in depressione, troppo dolore e troppa sofferenza pensai. Senza accorgermene le toccai i capelli, nostro figlio entrò all’improvviso nella nostra stanza e disse: ”Papà è arrivato il momento di portare la mamma in braccio (per lui era diventato un momento basilare della sua vita).
Mia moglie lo abbracciò forte ed io girai la testa, ma dentro sentivo un brivido che cambiò il mio modo di vedere il divorzio. Ormai prenderla in braccio e portarla fuori cominciava ad essere per me come la prima volta che la portai in casa quando ci sposammo, la abbracciai senza muovermi e sentii quanto era leggera e delicata, mi venne da piangere! L’ultimo giorno feci la stessa cosa e le dissi: ”Non mi ero reso conto di aver perduto l’intimità con te”.
Mio figlio doveva andare a scuola e io lo accompagnai con la macchina, mia moglie restò a casa. Mi diressi verso il posto di lavoro, ma a un certo punto passando davanti casa di Giovanna mi fermai, scesi e corsi sulle scale, lei mi aprì la porta e io le dissi: ”Perdonami, ma non voglio più divorziare da mia moglie. Lei mi guardò e disse: “Ma sei impazzito?” Io le risposi: ”No, è solo che amo mia moglie, era stato un momento di noia e di routine che ci aveva allontanato, ma ora ho capito i veri valori della vita, dal giorno in cui l’ho portata in braccio mi sono reso conto osservandola e guardandola che dovevo farlo per il resto della mia vita!”
Giovanna pianse mi tirò uno schiaffo e entrò in casa sbattendomi in faccia la porta. Io scesi le scale velocemente, andai in macchina e mi fermai in un negozio di fiori. Le comprai un mazzo di rose e la ragazza del negozio mi disse: “Cosa scriviamo sul biglietto?” Le dissi: ”Ti prenderò in braccio ogni giorno della mia vita finché morte non ci separi”.
Arrivai di corsa a casa, feci le scale entrai e di corsa mi precipitai in camera felicissimo e col sorriso sulla bocca, ma mia moglie era a terra, morta!
Stava lottando contro il cancro ed io che invece ero occupato a passare il tempo con Giovanna senza nemmeno accorgermene. Lei per non farmi pena non me lo aveva detto, sapeva che stava per morire e per questo mi chiese un mese di tempo. Si un mese, affinché a nostro figlio non rimanesse un cattivo ricordo del nostro matrimonio, affinché nostro figlio non subisse traumi, affinché a nostro figlio rimanesse impresso il ricordo di un padre meraviglioso e innamorato della madre.”

L’utilità del progresso


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