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La 194 boicottata dai politici del giorno dopo

Creato il 04 ottobre 2012 da Albertocapece

La 194 boicottata dai politici del giorno dopoAnna Lombroso per il Simplicissimus

C’è qualcosa di tremendamente infame e vigliacco nei maldestri tentativi che vengono periodicamente condotti di manomettere una legge dello Stato, peraltro severa e ancora largamente inapplicata, per via di poco credibili casi di coscienza e che rispondeva all’obbligo civile e morale di sanare il perpetrarsi di delitti contro le donne, consumati nella clandestinità e nella speculazione a volte mortale.
E duole che spesso queste basse manovre di bottega vengano compiute da quadri della politica che dovrebbero per appartenenza rispettare criteri di libertà e laicità, ma che più o meno esplicitamente invece ubbidiscono all’esigenza di compiacere alleati di matrice confessionale. Parlo di alleati e non di elettori, perché questo Paese disgraziato ha dimostrato invece di pensarla diversamente da loro in occasione di uno dei tanti referendum imposti per far regredire i diritti, perfino quello all’acqua, a prerogative da “consumare” in opaca e colpevole clandestinità o in sontuose strutture estere.
E duole ancora di più quando a farlo sono donne per le quali la libertà di esprimere la propria fede e di imporre la propria legge morale, addormenta la sapienza e l’esperienza della condizione di donna e l’impegno di cittadina.

L’aborto è un evento drammatico nella vita di una donna. Di una donna adulta e di una ragazza, che non ha preso le necessarie e ormai ben conosciute precauzioni o che ha avuto un incidente tecnico o che ha subito un atto sessuale non desiderato, precauzioni che spettano a lei perché spesso madri poco avvedute, padri poco presenti e contesto sociale poco civilizzato non educano i maschi alla responsabilità. E che vengono criminalizzate come una per colpa o un reato da scontare rendendo artatamente macchinoso e bizantinamente cervellotico l’uso della RU486, sottoponendole a un iter consegnato ormai sempre più di frequente non a consulenti che aiutano, ma ad obiettori che giudicano implacabilmente.

Perché una ideologia che combina autoritarismo politico e prepotenza ecclesiastica continua a vedere il popolo, uomini o donne che siano, come soggetti scriteriati e infantili, cui bisogna impartire una pedagogia punitiva.
Mentre mai come al momento di compiere una scelta che è dolorosa e imposta sempre e comunque da motivazione legittime, sociali, economiche, sanitarie, il sostegno dovrebbe venire da soggetti pubblici, indipendenti, non condizionati da qualsiasi credenza, impegnati all’aiuto solidale e svincolati da ogni pregiudizio.

Rappresentanti politici che deliberatamente o passivamente abbiano contribuito all’approvazione delle leggi delle regioni Piemonte e Veneto dovrebbero vergognarsi e non rivendicare di aver sancito l’intrusione di organizzazioni private con l’esibizione delle loro convinzioni e la ostensione dei loro simboli, confessionali o no che siano. Organizzazioni che non sono autorizzate a imporre la loro opinione in un momento segnato dalla vulnerabilità e dall’irreversibilità dell’atto che si sta compiendo, soprattutto se sono le stesse che condannano il preservativo ma perfino quelle che ne invece ne fanno pubblicità a scopi commerciali.
Dovrebbero avere il pudore di non spacciare il loro appoggio ad un provvedimento eversivo di quella laicità, componente irrinunciabile della democrazia, come una manifestazione matura e consapevole di apertura al pluralismo. Pluralismo laico non è permettere, anzi garantire per legge, l’ingresso psicologicamente devastante ad integralisti che snocciolano il rosario e biascicano preghiere come maledizioni, ma nemmeno a composte e sobrie associazioni non proprio trasparenti e non esattamente no profit che consigliano la riflessione per dirottare su anodine strutture più o meno parificate.

Sono veneziana, ho fatto politica per anni con le donne, non stento ad immaginare la pressione dirompente che potrà esercitare l’irruzione di soggetti connotati dall’integralismo e dal fondamentalismo in un sistema sociale ancora intriso della morale cattolica, dall’opinione di beghine e perché no? di leghisti, che a tempo perso, vista l’inclinazione a prendersela con le minoranze ancorché maggioranze numeriche, partecipano entusiasticamente all’ormai ecumenico boicottaggio della legge 194.
A quelli che una volta chiamavo compagni e che hanno sempre dimostrato una certa renitenza a impegnarsi sui temi dei diritti civili, se non trascinati da una cittadinanza più matura di loro, dico quello che abbiamo detto a proposito di certe alleanza e che diciamo in occasione di una riforma previdenziale improvvida, dell’infame cancellazione dell’articolo 18 o dello stravolgimento della Costituzione: bastava non votarla quella legge, altro che intervenire con bilancini e compromessi all’insegna di una moderno consociativismo.

La libertà e i diritti non sono negoziabili e non sono temi eticamente sensibili solo per i cattolici. No, sono inviolabili per chiunque senta l’obbligo di mettere al primo posto il rispetto delle prerogative dell’appartenenza alla “cittadinanza della democrazia”.
Ed è sconcertante che il tanto decantato maquillage effettuato sulle iniziali proposte di legge di iniziativa popolare in materia, ne peggiorino la sostanza, aprendo le porte di tutte le strutture socio-sanitarie a persuasori per niente occulti convinti di doverci convincere che il padre di Eluana Englaro è uno squallido assassino. Malignamente sicuri di possedere un monopolio morale e orgogliosamente attrezzati per decidere delle nostre vite, delle nostre inclinazioni e perfino della nostra morte.

Bastava poco per dare il segno che quella non è la decisione giusta, che ben altri sono i modi educativi e informativi per prevenire le interruzioni di gravidanza, che anzi questa forma di pressione violenta alimenta e vivifica l’obiezione di coscienza e la legittima anche quando è dettata da motivazioni ignobili, quella di favorire la creazione di un mercato privato degli aborti.
Si, bastava non votarla quella legge. E alle donne dico che non bisogna esprimere solidarietà di genere nei confronti di chi evidentemente non sa rappresentarci e che non si deve più votare chi vuole decidere per noi. Perché nella guerra dei poteri forti contro i deboli, dei privilegiati contro i sommersi, che è una guerra di classe che sta impoverendo lo stato sociale nei suoi gangli vitali: sanità e istruzione, questa battaglia sull’interruzione di gravidanza vede le donne due volte minacciate e colpite, riportate indietro al rischio della clandestinità privata e alla pubblica riprovazione.


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