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Regia: Spike Lee Anno: 2002 Titolo originale: 25th hour Voto: 8/10 Pagina di IMDB Pagina di I Check Movies
La vita non è uno scherzo. Mai. Se da una parte ho perculeggiato quella sorta di mantra alla fine di The Big Kahuna qui mi sento in dovere di filosofeggiare. La vita è una, ci dice Spike Lee, e dobbiamo trattarla bene, non dobbiamo bruciarcela e vederla dissolvere. Per quanto mi riguarda, uno dei migliori film drammatici di sempre. E non sono un estimatore di questo regista. Difficilmente però resto deluso dalle prove di Edward Norton, qui nei panni di uno spacciatore di droga che, pizzicato, dovrà scontare sette anni di carcere. La prigione fa paura a tutti, non importa quale sia il background sociale e di che pellaccia dura siamo fatti. Tutto si svolge, con l'ausilio di brevi e sporadici flashback, nella vigilia dell'incarcerazione di Monty. Tra rimorsi, rimpianti, pentimenti. Ogni singolo dialogo è creato ad hoc sia che si parli di amicizia, di fiducia, di amore o di piccoli problemi quotidiani. Nessun personaggio del film risulta debole, ognuno ha una sua psicologia ed una caratterizzazione realistica. Tutto il film è vero, lo si può quasi toccare con mano. Una New York post 11 settembre, con tanto di Ground Zero, è una cornice quanto mai emblematica dove Lee riesce ad inserire stralci delle moderna vita delle Mela. Sì, NY è un ennesimo personaggio non inserito nel cast, ma che fa la sua parte con devozione e si inchina a raccogliere gli applausi. Penso che ogni frame della pellicola sia stato studiato nei minimi particolari: dalla locandina di Newman in Cool hand Luke (Nick mano fredda) alle effigi dei vigili del fuoco, dalla Wall Street cinica e azzardosa ai sensi di colpa del professore dopo il bacio alla studentessa. Ogni cosa ripeto, sta al posto giusto. Rifarsi una vita è un lusso che nella realtà non ci possiamo permettere, se non nella venticinquesima ora, quella onirica, colma di "se..." e condizionali. Da palpitazione tutti i dialoghi, ma anche i silenzi. Memorabile il monologo pseudo razzista di fronte allo specchio del bagno che rappresenta tutta l'arrendevolezza del protagonista:
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